La voliera dei pappagalli
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
La voliera dei pappagalli
Anna Maria Balzano con il suo “La voliera dei pappagalli” fotografa uno spaccato sociale di estrema attualità, un piccolo gruppo di uomini e donne prigionieri tra le mura di una vita stretta e logorata.
Uomini e donne, figli della nostra società, pronti a rincorrere agi, posizioni sociali di rilievo, sicurezze economiche solide, senza disdegnare le passioni amorose, quelle che fanno palpitare il cuore o che ridestano dalla routine quotidiana.
Uomini e donne che sembrano avere raggiunto tutti gli obiettivi più importanti, dal lavoro alla famiglia, eppure quando il destino li chiamerà a tirare le somme del proprio percorso esistenziale, si ritroveranno a fare i conti con se stessi, ponendo sulla bilancia vittorie e sconfitte, ponderando i risultati delle proprie scelte.
Uomini e donne, annoiati, disillusi, feriti, colpevoli, egoisti, insicuri, accomodanti, soli.
Uomini e donne in fuga dagli affetti, dalla famiglia, dal mondo circostante.
Interessanti gli interrogativi che l'autrice si pone, in maniera composta e delicata, tessendo una trama di eventi e di sentimenti che portano alle risposte.
Emblematico e stupendo il titolo del romanzo, che va a coronare il percorso narrativo, prestando la voce all'autrice per rappresentare la vita dei personaggi; se la vita diviene talora una gabbia, è pronto l'uomo a volarne via appena una mano ne apre lo sportello?
Libertà o rassegnazione al proprio nido?
Anna Maria Balzano possiede un tratto stilistico elegante e raffinato, unitamente alla capacità di delineare i suoi personaggi con tratti rapidi e incisivi, cogliendone l'anima e rappresentandone il contesto socio-ambientale con realismo estremo.
Il particolare interesse mostrato per l'indagine psicologica fa sì che il romanzo si popoli di persone dal volto ben definito e oggettivamente riscontrabile, ottenendo un coinvolgimento totalizzante nel pubblico.
E' un'autrice che sa parlare degli uomini e della vita, riuscendo a coglierne le infinite sfaccettature, scavalcando i paletti delle apparenze e cercando l'io profondo.
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Prigionieri della loro stessa realtà
Roma, 7 novembre 2005. Il corpo senza vita di un uomo è rinvenuto tra le acque del Tevere. Lo stato di decomposizione è tale da renderne impossibile il riconoscimento. Chi è costui? Com’è morto e perché? Che si tratti di un decesso accidentale? Di un suicidio? Oppure dietro questo si nasconde un crimine efferato?
Da questa premessa ha inizio e si sviluppa “La voliera dei pappagalli”, seconda opera di Anna Maria Balzano, autrice capace con la sua scrittura elegante e ricercata, di accarezzare l’anima del lettore, mostrando allo stesso articolate e multiple realtà sociali.
La scrittrice inquadra i suoi personaggi in quella fase della vita dove gli obiettivi tanto agognati sembrano essere stati perseguiti e quella stabilità tanto ricercata finalmente raggiunta, eppure, nel momento in cui le circostanze li chiameranno a raccogliere quello che hanno seminato, tutte queste sicurezze si dimostreranno quali fragili, fallaci ed inconsistenti illusioni. Siamo davanti ad un gruppo di uomini e donne, tra loro interconnessi da relazioni umane nonché accomunati da esperienze di vita diverse ma che indipendentemente dal loro naturale scorrere ed evolversi, sono state tali da indurli in una prigione soltanto apparentemente diversa da quella prevista per il reo in un istituto penitenziario, ovvero in una detenzione dettata dalle mura di casa, dalla conduzione di una esistenza stretta e delineata dagli schemi rigidi e dalle regole della quotidianità.
Ed è soprattutto nella parte centrale che chi legge ha modo di soffermarsi su tale assunto. In questa assistiamo infatti alla riflessione di Matilde di fronte a quella voliera oggetto dei sogni di una bambina e di poi delle osservazioni di una giovane donna sempre più adulta, considerazione che si contrappone istintivamente a quella di Umberto che, dopo tanti agi, si ritrova privato di tutto, in primo luogo della propria libertà.
E tra le vicende che vedono quali protagonisti Maria e il marito Gustavo, o ancora Giovanna consorte di Umberto e madre di Matilde , Benedetta coniuge di Marco e Giorgio, amico e collega, affiancato dall’ormai anziano cane Lillo, “La voliera dei Pappagalli” si dimostra essere uno scritto ricco, profondo, che invita a ridestare i valori per ridimensionare il ruolo delle apparenze, del benessere materiale, a non crogiolarsi nella ormai sempre più costante routine, a vedere con la prospettiva altrui quella che è la propria e più intima realtà. A tal proposito significativo è il ruolo di Benedetta, femme fatale di grande charme ma anche di disarmante freddezza ed insensibilità.
Un’analisi psicologica che si intensifica e rafforza pagina dopo pagina fino a condurre il lettore a quella che è la domanda da cui non ha scampo: può bastare aprire le porte di una gabbia per volare via, per fuggire dalla prigionia? Quando la vita stessa è divenuta una galera, può essere sufficiente uno spiraglio per essere liberi? E’ l’uomo disposto a rimettersi in gioco, a vincere quel senso disarmante di oppressione o in realtà quella condizione di apatia è tale da impedirne qualsiasi fuga, qualsiasi nuovo inizio?
Questi sono soltanto alcuni dei molteplici interrogativi che l’elaborato racchiude, sono soltanto taluni degli aspetti cruciali di quello che è un volume ricco di profondità, introspezione, umiltà, malinconia, ma anche speranza.
Con uno stile unico e personaggi concreti e tangibili, Anna Maria Balzano ci ha regalato un’altra perla di rara bellezza. Grazie Anna!
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CON MOLTA CURA
L’autrice ci offre una storia scritta con una cura speciale, che ci regala un viaggio breve, singolare, avvincente. La visuale allargata della terza persona, unita all’attenzione benevola che avvolge i personaggi e i luoghi, dà coesione e concretezza a questo piccolo grande dramma borghese. La narrazione ha un ritmo lento e pacato, ma molto vicino alla nostra quotidianità: se non è difficile identificarsi nelle sconfitte e nelle vittorie, diventa facile arrivare anche troppo presto alla conclusione del romanzo.
I caratteri dei nostri compagni di viaggio sono delineati con semplici e precisi colpi di pennello, che costruiscono con chiarezza fisicità e sentimenti, vissuti e speranze. Grandezze, errori e miserie di ciascun personaggio evolvono e s’intrecciano all’interno della loro comune voliera: cercando la felicità si trovano differenti vie di crescita e di redenzione, ma nessuno desidera un’autentica via fuga, perché le pareti del piccolo mondo costituiscono un limite e una garanzia irrinunciabili. Nemmeno il suicidio si rivela un’autentica evasione.
“Non sapeva se il gesto che si apprestava a compiere fosse più una condanna meritata che infliggeva a se stesso o un’assoluzione definitiva.”
La semplicità del lessico, della trama e dei personaggi rappresentano la forza e il limite di questo breve romanzo, che ha il pregio di scavare nella parte migliore del nostro Paese così provinciale, così piccolo, così ricco di tradizioni da rivalutare e di bellezze da custodire.
Il finale sembra lieto, ma qualcosa è andato perduto insieme ai ricordi dolorosi e ai sensi di colpa: l’innocenza e la freschezza di un tempo non torneranno, per lasciar spazio a una nuova forza, a una più estesa consapevolezza.
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Le gabbie della vita, ne parliamo con l'autrice
Anna Maria Balzano è per me innanzitutto una stimata amica, ottima compagna “virtuale” di letture e raffinata commentatrice di romanzi. Con la curiosità di leggerla in veste di autrice e nel fondato timore di saper esprimere un giudizio obiettivo, ho intrapreso la lettura de “La voliera dei pappagalli”, titolo suggestivo valorizzato dall’immagine variopinta della nuova cover. Il mio timore è durato soltanto un attimo perché, nella tranquillità di una sera estiva irrigata dal temporale (tanto è durata la mia lettura!) mi sono lasciato “irretire” da una narrazione che ha catturato la mia attenzione e mi ha fatto dimenticare l’identità affettiva di Anna Maria.
Della storia mi ha colpito la capacità di ricondurre a unità le vicende personali di protagonisti che vengono inizialmente individuati singolarmente, poi acquistano spessore tridimensionale, quindi incarnano tipologie realistiche che facilmente possiamo incontrare nella vita di tutti i giorni: Maria, la perdente che saprà vincere la guerra per l’esistenza; Gustavo, che con la dolcezza si ritaglierà un suo spazio e un suo ruolo; Benedetta, l’incantevole e seducente creatura perennemente insoddisfatta e vittima dell’indifferenza; Matilde, l’adolescente costretta ad affrontare le avversità della vita e a crescere forzosamente; Umberto, l’uomo di successo che deve misurarsi con la disavventura di un’esperienza di prigionia; Marco, il faccendiere che ha creduto di poter barattare i sentimenti con gli interessi (“Se potessi tornare indietro, ai tempi dei progetti ambiziosi ma onesti, le mie scelte sarebbero diverse…”); Giorgio, l’uomo solo perché perdente e perdente perché solo…
I personaggi, tuttavia, non rappresentano tipologie astratte o maschere letterarie stereotipate, perché – con dolcezza ed equilibrio – Anna Maria mi ha condotto per mano, trascinandomi con il cuore, all’interno di storie quanto mai credibili e psicologicamente ben delineate: di amicizia, di scelte drammatiche, di carcere, di decisioni estreme.
Il messaggio che ho tratto da questo romanzo è positivo ma non scontato, perché conquistato attraverso la negatività della vita, costruttivo ma non “buonista”, perché gli epiloghi non sono mai unidirezionali (“Si rese conto di quante realtà diverse possano esistere lontano dai luoghi familiari e che ci appartengono, come la sorte possa elargire fortuna e sfortuna in modo diverso e del tutto arbitrario, come l’errore umano possa essere talvolta diversamente percepito, perseguito e condannato”). Proprio come nella vita di tutti i giorni, proprio come nella caselle di rapporti umani e di eventi che a volte ci ingabbiano (“Diversamente da te io ho chiuso volontariamente me stesso in una prigione con sbarre invisibili…) … salvo scoprire che la libertà non è volare via… se questo vale anche per gli uccelli!
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Cinque domande ad Anna Maria Balzano
B. - Cara Anna Maria, lo sai che io credo che la voliera dei pappagalli non sia soltanto una metafora? Perché sono convinto che la voliera esista veramente, a casa tua o in qualche casa della tua vita?
A.M. - Si, Bruno, effettivamente la voliera esiste fisicamente e si trova nel prato antistante la mia casa di campagna. Fino a qualche anno fa ha ospitato proprio dei pappagalli multicolori. È da lì che è nata l’ispirazione per questo racconto.
B. - Com’è nata l’idea di questo romanzo?
A.M. - Per tutte le storie che ho scritto e che scrivo traggo spunto dai fatti della vita che più mi colpiscono e mi coinvolgono emotivamente. Le mie vogliono essere storie semplici, che riflettano il quotidiano, storie che possano riguardare qualsiasi individuo e i suoi rapporti con l’ambiente familiare e il mondo esterno.
B. - “La voliera dei pappagalli” ha ricevuto diversi riconoscimenti (citati in coda al testo). Qual è quello che ti ha maggiormente gratificata? Qual è stata l’opinione espressa sulla tua opera che ti ha reso particolarmente felice?
A.M. - Ognuno di quei riconoscimenti mi ha gratificato. Dal più importante al semplice diploma d’onore. Non è tanto, credo, l’importanza del premio che conta, quanto l’evidente gradimento del lettore e, in questo caso, della giuria. Per quanto riguarda le opinioni espresse da chi ha letto il mio libro, le ho apprezzate tutte e tutte mi hanno commosso, perché è stata la testimonianza più esplicita che ciò che avevo raccontato era stato recepito nel modo più giusto.
B. - Ti senti più lettrice o più scrittrice?
A.M. - Mi sento entrambe le cose e vivo entrambe le condizioni con passione. Come lettrice cerco sempre di andare al di là della storia, al di là della trama; cerco di capire quale sia il background culturale dell’autore, di scoprire se in ciò che scrive vi sia un messaggio artistico, sociale o politico. Come scrittrice mi piace attenermi alla realtà e concludere le mie storie, per quanto possibile, con una nota di speranza, perché se viene a mancare anche una minima fiducia nel futuro si giunge alla disperazione assoluta.
B. - E adesso puoi confidarci quali sono i tuoi futuri programmi letterari?
A.M. - Per il futuro mi piacerebbe scrivere ancora storie semplici di vita “vissuta”, storie che trovino riscontro nella realtà di tutti i giorni. Nello stesso tempo mi piacerebbe continuare a leggere e recensire i testi che ritengo più significativi. È un modo per imparare tante cose. E imparare è un’attività che si può svolgere all’infinito, basta solo un po’ di… umiltà!
B. – Be’, io – sono curioso come un gatto! - volevo il titolo del prossimo romanzo, ma Anna Maria… dobbiamo prenderla così com’è (e ce la teniamo stretta stretta)! E io imparo, la prossima volta, a fare domande più esplicite…
Anna Maria Balzano e Bruno Elpis
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L’insostenibile forza della normalità
Ho letto anch’io La voliera dei pappagalli di Anna Maria Balzano, che è tornato recentemente disponibile.
Arrivo con ritardo e molto è già stato scritto nei commenti degli altri lettori, ma voglio fare lo stesso i miei complimenti ad Anna Maria e riportare qualche mia impressione.
Comincio col dire che il romanzo mi è piaciuto molto, alla fine ti lascia uno stato d’animo positivo e racconta con grande delicatezza fatti e vicende che invece si collocano tra il drammatico e il tragico.
Condivido ciò che è stato scritto nella Prefazione, a proposito dello stile essenziale che Anna Maria ha utilizzato e della sua “precisione chirurgica” nel delineare i personaggi e nel costruire un interessante intreccio senza fronzoli e divagazioni.
Con pochi tratti veloci Anna Maria è riuscita a rievocare alcuni efficaci archetipi che tutti possiamo diversamente riconoscere nel nostro vissuto quotidiano o in letteratura. Ad esempio le pagine sul carcere, molto belle ed efficaci, richiamano interi mondi letterari e cinematografici, a cominciare dal film di Nanni Loy, “Detenuto in attesa di giudizio”. Invece le vicende dolorose di alcuni personaggi femminili mi hanno riportato alla memoria le sofferenze raccontate da Simone De Beauvoir in “Una donna spezzata”.
Soprattutto, questo romanzo riesce a non farci mai perdere l’interesse per le sue pagine, perché parla in fondo di personaggi “normali” le cui tracce e somiglianze non sono difficili da trovare tra le nostre esperienze personali e conoscenze, e comunque ne sono piene le cronache.
Semmai colpisce la sobrietà con cui ognuno vive la propria personale vicenda, o forse si tratta, nuovamente, di sobrietà del raccontare. Mi chiedo, ad esempio, se trovandomi al posto di Umberto avrei reagito con la sua stessa compostezza, e lo stesso dicasi per altre crisi esistenziali e relazionali che vengono descritte. Abbiamo tutti esperienza di quanto possono essere persino violenti i tormenti adolescenziali, per non notare invece la maturità con cui Matilde affronta un momento topico per la propria esistenza, che avrebbe potuto avere approdi completamente diversi.
Ma è proprio questo il nocciolo della questione, e qui sta anche, credo, il significato del bel titolo che è stato scelto per il romanzo.
La bella sensazione che rimane in tutti noi, voltata l’ultima pagina, è dovuta anche al fatto di vedere che le persone più fragili (come Maria e Gustavo) o le persone che finalmente hanno modo di scoprire la propria vulnerabilità (come, in modi diversi, Umberto, Giovanna, Matilde) si ritrovano fortificati dalle proprie cadute.
Scopriamo anche che si può decidere di non uscire dalla “gabbia” in cui ci si trova a vivere, soprattutto quando si è finalmente capito quali erano le vere sbarre che ci tenevano prigionieri. E questo ci piace e ci rassicura, senza bisogno di credere nelle fiabe, perché la vita è bella così, senza troppo zucchero e con qualche boccone amaro ogni tanto.
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Quel corpo nel Tevere
Un uomo galleggia nel Tevere.
Il suo corpo è in decomposizione e la permanenza in acqua non favorisce l'eventuale riconoscimento.
Chi è? O meglio...chi è stato?
In una Roma attualissima e famigliare si snodano le vicende di diversi personaggi; Umberto, Giovanna, Marco, Maria, Giorgio, Gustavo.....vite che si intersecano tra loro attraverso rapporti d'amicizia, famigliari e lavorativi e che, in un lasso di tempo relativamente breve, vedono spazzare via le proprie sicurezze e i propri privilegi sociali per un'indagine giudiziaria che li travolge in pieno e li sommerge.
Ne derivano dei ritratti precisi e affinati di uomini e di donne che fanno i conti con il passato, con un presente in salita ed un futuro oscuro ponendo l'accento sulle loro debolezze. Spicca su tutti la figura di Umberto De Berberis, presidente della società incriminata, uomo brillante, ambizioso e dalla solida posizione sociale che si ritrova annientato all'arrivo dell'avviso di garanzia ed è costretto a subire l'arresto per qualcosa che non ha commesso. Umberto, avrà modo di rivedere la sua vita, le sue priorità e di compiere un "mea culpa" sugli errori commessi scendendo dal piedistallo dove si è crogiolato per troppo tempo e riprendendo i contatti con il reale, con la vita oltre le cose riscoprendo, così, il valore unico dell'ambiente famigliare, vera protezione e consolazione da un mondo che non risparmia nessuno.
In questo nuovo romanzo breve, Anna Maria Balzano riconferma il suo talento e il suo raffinato punto di vista corroborata da una penna sobria, essenziale e assolutamente imparziale.
Con un incipit impressionante siamo subito nell'occhio del ciclone.
L'autrice, indaga gli animi e raccoglie pezzi di vite donando la sua personale visione del mondo e rendendoci un ritratto sociale per nulla scontato e molto, molto attuale.
Il titolo del romanzo richiama un oggetto che, apparentemente potrebbe sembrare distaccato dalla trama stessa ma che in realtà assume, già dall'interno del testo una forte valenza simbolica donando senso a tutta la vicenda; la sua presenza aleggia sui destini dei protagonisti ricordando loro quello che resta dopo la bufera, quello che non si disperde alla prima folata di vento.
Questo è il grande insegnamento del romanzo.
Ancora positività, quindi, ancora amore per la vita come nel "Viaggio di Emilia".
L'incipit è da tre i: intrigante, impattante, inquietante.
Da non perdere.
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La voliera dei pappagalli
Secondo romanzo della nostra qamica Anna Maria e per quello che mi riguarda secondo successo, l’ho letto in un pomeriggio come era del resto successo per l’altro e poi ho seguito il consiglio della recensione di Riccardo Rossello che si trova all’inizio “il mio consiglio è di farvi trasportare dal racconto e di non uscirne per tutto il tempo della lettura . E’ questo il modo più giusto perché un libro non perda nulla della sua efficacia” e così è stato anche per me, agevolata dal fatto che sono solo 140 pagine.
Il libro è breve ma sicuramente la trama non è scarna, anzi in poche pagine l’autrice ha saputo raccontare davvero bene uno spaccato della società moderna , approfondendo temi come il tradimento, la rincorsa al successo e al denaro e ultimo ma non meno importante l’amore.
Matilde ha aperto la voliera dei pappagalli, per ridargli quella libertà che gli era stata negata e a cui credeva essi anelassero , ma il mattino dopo erano ancora lì, probabilmente ormai si erano abituati a quelle sbarre che gli davano sicurezze e certezze esattamente come i personaggi del romanzo, imprigionati volontariamente nelle loro vite , chi per necessità chi per opportunismo e chi per mancanza di coraggio .
Tutti sono delineati in maniera ottima , il giusto spazio ad ognuno di loro, un lungo viaggio nella loro psiche e nei loro sentimenti che ci consente di affezionarci o detestarli, sta al lettore scegliere.
Bellissimo il personaggio di Maria, una donna buona che ha saputo mettere da parte i propri sentimenti per il bene delle persone a lei più care, talmente perfetto da sembrare quasi irreale eppure chi di noi almeno una volta non è stato così ? Solo che poi la vita ti travolge e cambia in parte le nostre prospettive , lei è riuscita a non farsi travolgere ed ha accettato il suo destino con pacata rassegnazione, rendendosi conto che quello che aveva tutto sommato era quello che desiderava e soffrendo in silenzio per quel figlio così desiderato e mai arrivato.
Lo stile è davvero buono, intimo ed essenziale, il ritmo e la curiosità ti spingono a non staccarti dal libro , grazie Anna Maria di avermi regalato qualche ora in piacevole compagnia .
Davvero consigliato .
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LIBERI IN GABBIA ? SI PUO' !
Con delicatezza e sensibilità , con la tolleranza che solo una mente matura e buona può avere, la nostra amica Anna Maria Balzano ci racconta una storia d'oggi, di tre coppie di sposi e di un single. Maria e Gustavo: lei è maestra e nasconde un grande segreto. Non possono avere bambini.
Giovanna e Umberto: lei si è dedicata totalmente alla famiglia e Umberto ha un ottimo lavoro in proprio. Hanno una figlia.
Marco e Benedetta: lui asseconda in tutto la moglie bellissima. Hanno una figlia.
Giorgio: dopo aver avuto un'esperienza da giovane con la bella Benedetta, vive in solitudine.
Attraverso le loro vicissitudini che vedranno le proprie vite intrecciate e legate , sia per motivi lavorativi che affettivi, l'autrice con abilità e con massimo rispetto ci introduce ai grandi temi della vita odierna: la solitudine, la vita di coppia, il tradimento , l'aborto, il bisogno di sicurezza, le conseguenze del benessere ,il fallimento lavorativo, la vita in carcere...e tanti altri.
Ci trasmette, a mio avviso, un messaggio importante per tutti: la vita da'...toglie...ci mette alla prova...ci sorprende...fa passare per scelte delle azioni che poi , nel tempo e con la giusta maturazione avvenuta , si rivelano essere state delle violenze...
Ci fa capire che una stessa vita può essere vissuta in una gabbia ...ma , se lo è per scelta, quella stessa gabbia può essere il nostro luogo più caro e sicuro.
Una vita condotta con consapevolezza profuma di serenità e libertà...l'importante è capirlo in tempo e avere la fortuna di poterlo fare.
Carissima Anna Maria, ho letto con partecipazione le storie che ci hai raccontato; ho sofferto con qualche protagonista, mi sono immedesimata in qualcuno,ho avuto pena per altri.
Hai fatto riaffiorare in me , durante la convalescenza di Umberto, il ricordo del ciclo di terapia marziale , al quale ho dovuto sottopormi anni fa...e la debolezza e fragilità in cui mi trovavo in quel periodo.
Ho ammirato la tua capacità di astenerti nel valutare e giudicare tutti , in primis la figura di Benedetta, per la quale io non mi sarei risparmiata...perchè forse non sono ancora pronta...ogni cosa a suo tempo...o forse perchè sono fatta così ... tanto che avevo ipotizzato (sperato?), che tra tutti, fosse proprio suo il cadavere ritrovato.
Insomma sei riuscita a toccare tante corde a me care.
Sono davvero felice di averti letta...perchè ho la convinzione che il modo che hai di porti, nel raccontarci le debolezze e le delusioni dei tuoi protagonisti, con un rispetto ineguagliabile, sia anche il tuo modo di porti alla vita reale.
Sei davvero una splendida persona.
Cari amici, leggete questo libro...non potrà che farvi riflettere sulla vita e arricchirvi, grazie ad alcune perle di saggezza che Anna Maria inserisce tra le righe.
Pia
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A chi ama ascoltare il linguaggio del cuore.