Una voce in capitolo. La storia del popolo dell'Iran
Saggistica
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Recensione della Redazione QLibri
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LA SOPRAVVIVENZA DELL’INNATURALE REGIME
«Perché in Iran hanno fatto la rivoluzione? Stavano così bene quando c’era lo Shah!»
Anni fa, poco tempo dopo l’insediamento del sanguinario regime teocratico di Khomeini, mi è capitato spesso di ascoltare luoghi comuni simili a questo. Certo, una rivoluzione non causata da motivi economici è difficile da comprendere; ma bastano già i crimini della Savak, la feroce, onnipresente e onnipotente polizia politica dei Pahlevi, a rendere l’idea di che cosa fosse, davvero, la vita ai tempi dello Shah. Fatemeh Amini era una donna, appartenente di Mojahedin. “La crocefissero nuda. Fu fatta passare supina sulla fiamma ardente, mentre subiva le frustate di quindici agenti accaniti. Di Fatemeh erano rimasti pelle e ossa, e il cattivo odore delle sue ferite infettate si sentiva in tutto il carcere di Evin. Praticamente paralizzata morì dopo cinque mesi di tortura.”
L’opera di Esmail Mohades narra la storia del popolo dell’Iran, che iniziò la lotta per il cambiamento del sistema feudale e la democrazia già alla fine del XIX secolo. Ci racconta gli uomini e le idee della rivoluzione costituzionale persiana, la nascita e la sconfitta del Fronte Nazionale di Mohammad Mossadeg, i principi politici e la sofferta ricerca ideologica dei Mojahedin, le radici di una rivoluzione tradita, il sacrificio di uomini e donne generosi, l’influsso nefasto del corpo dei Pasdaran. E poi l’influsso devastante delle potenze straniere, in particolare degli USA, la neonata superpotenza che dopo la seconda guerra mondiale aveva bisogno di un trasformare l’Iran nel “gendarme del Medio Oriente”.
“Due fattori negativi impedirono il realizzarsi del sogno iraniano: l’inadeguatezza di chi si trovava a capo del movimento e le interferenze straniere che si esercitavano proprio attraverso pedine interne.”
Pagina dopo pagina, scopriamo che storia dell’Iran è segnata da scelte politiche all’apparenza “realistiche”, che si sono rivelate controproducenti per tutti, morti e sconfitti, burattini e burattinai. Anche dopo la caduta dello Shah, il “Grande Satana” non ha mai smesso di trattare sottobanco con i protagonisti del regime teocratico: con il carismatico Komehini e con i suoi sanguinari e ipocriti successori, fondamentalisti che hanno calpestato i principi della loro stessa fede per mantenere il potere, senza fare mai nessuno sforzo reale per affrontare i problemi del paese. Gli aguzzini degli ultimi regimi iraniani hanno usato le guerre, le condanne a morte, il fanatismo, le stragi, la produzione di armi nucleari per nascondere la loro inconsistenza morale, culturale, umana. Dopo i morti delle manifestazioni iraniane del 2009, la crisi profonda del settore mediorientale costituisce l’ultimo frutto di una catastrofica miopia politica.
L’autore ci porta fino all’Iran di oggi, ancora e sempre poco conosciuto dal mondo occidentale, che pure ne ha segnato la storia in modo indelebile. Le pagine di questo saggio, ben scritto nonostante qualche pagina un po’ farraginosa e uno stile non molto scorrevole, ci consentono di conoscere e comprendere il valore di un popolo che meriterebbe davvero un futuro migliore.