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Una donna può tutto

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Le chiamavano Streghe della notte. Nel 1941, un gruppo di ragazze sovietiche riesce a conquistare un ruolo di primo piano nella battaglia contro il Terzo Reich. Rifiutando ogni presenza maschile, su fragili ma duttili biplani, mostrano l'audacia, il coraggio di una guerra che può avere anche il volto delle donne. La loro battaglia comincia ben prima di alzarsi in volo e continua dopo la vittoria. Prende avvio nei corridoi del Cremlino, prosegue nei duri mesi di addestramento, esplode nei cieli del Caucaso, si conclude con l'ostinata riproposizione di una memoria che la Storia al maschile vorrebbe cancellare. Il loro vero obiettivo è l'emancipazione, la parità a tutti i costi con gli uomini. Il loro nemico, prima ancora dei tedeschi, il pregiudizio, la diffidenza dei loro compagni, l'oblio in cui vorrebbero confinarle. Contro questo oblio scrive Ritanna Armeni, che sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l'ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia. È Irina Rakobolskaja, 96 anni, la vice comandante del 588° reggimento, a raccontarci il discorso, ardito e folle, con cui l'eroina nazionale Marina Raskova convince Stalin in persona a costituire i reggimenti di sole aviatrici. È lei a descriverci il freddo e la paura, il coraggio e perfino l'amore dietro i 23.000 voli e le 1100 notti di combattimento. E a narrare la guerra come solo una donna potrebbe fare.



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Una donna può tutto 2018-07-04 10:15:15 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    04 Luglio, 2018
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Le donne e la guerra

La Storia senza le revisioni ufficiali racconta le scelte dolorose delle donne, la paura, l’umiliazione, la tristezza, la vergogna della morte. La giornalista e scrittrice Ritanna Armeni incontra Irina Rakobolskaja, vice comandante del 558° reggimento che, durante la seconda guerra mondiale, con le sue compagne, ferma l’avanzata dei nazisti verso Mosca. La vegliarda ricorda e confida la storia di quel “gruppo di giovani che volevano a tutti i costi una parità che pareva impossibile, un’emancipazione che superava ogni limite e che alla fine ce l’avevano fatta” (p.35).

Irina ricorda la bruna cantante lirica Raskova che incontra e convince Stalin a costituire i reggimenti di sole aviatrici selezionate e addestrate per il bombardamento notturno. Seguendo i fatti, non considero “il piccolo padre” della nazione sovietica un conoscitore e, men che mai, un promotore dell’emancipazione delle donne. Marina e Joseph, l’una inconsapevolmente, l’altro per opportunismo, inaugurano i tre reggimenti delle streghe della notte.

Molte donne accorrono al grido: “Care sorelle, è arrivata l’ora di una dura ricompensa: entrare nei ranghi di guerrieri per la libertà”. Nel 1942, il reggimento delle stupidine, come viene apostrofato, decide non solo di difendere il Paese, ma anche di vendicare le compagne uccise e di bombardare il nemico tedesco.

Le donne devono spicciarsi, devono essere forti e perfette, devono mettercela tutta. Devono combattere contro uomini e come uomini, non confinate al ruolo di infermiere e di telefoniste. In molte occasioni sapientemente descritte, il dimostrare di essere più degli uomini diviene un gioco al massacro, un tiro alla fune. Leggo le vicende che in modo accurato e sensibile Armeni raccoglie come un passaggio obbligato nella via di liberazione del pensiero femminista.

Ne šagu nazad! Non un passo indietro. Il comando è resistere oltre la confusione, oltre il disorientamento, oltre le sconfitte, con azioni decise per rompere e per rivendicare. Figlie della Rivoluzione, partono per la guerra, vogliono salvare la Patria, attraverso l’ostilità, lo scetticismo, la diffidenza e lo scherno dei colleghi aviatori dell’Accademia Žukovskij. A convincersi assieme che Ženš?ina možetvsë, una donna può tutto.

Possibile siano donne? Così brave, abili, precise, spietate? Così incuranti del pericolo? Arrivano la notte all’improvviso, seminano il terrore e poi toccano di nuovo il cielo. Misteriose, sfuggenti, inafferrabili. Sembrano streghe. Nachthexen, streghe della notte. (p.12)

Mi spiace, ma riconosco che questo è stato il cammino dolorosamente obbligato delle donne che hanno consentito l’evoluzione. A loro è toccato di diventare complici della guerra per essere accettate come uguali – perché poi il dovere di essere uguali? – ed è toccato di darsi e dare morte per un pericoloso senso del patriottismo. La Storia che desidero approfondire è anche lo sguardo dei vinti, delle persone morte di paura, dei bambini, delle streghe.

Non era loro l’eguaglianza a scuola o sul lavoro promessa dalla patria socialista, non erano stati sufficienti i manifesti che sui muri delle città e dei paesi annunciavano che le donne potevano salire sui trattori, andare nei cantieri e sugli aerei. Avevano preteso anche la parità tragica e feroce delle bombe e della morte. ( p.18)

Mi chiedo se il cammino di autonomia di ogni donna deve naturalmente attraversare lo stadio della competizione con il maschio, per giungere, solo in seguito, alla scoperta di un territorio differente di sentimento, di pensiero e di comportamento rispetto alle regole di dominio, di prevaricazione e di uccisione. Oggi, siamo sicure che applicarci per somigliare agli uomini sia un guadagno? Siamo sicure di non perdere la nostra forza, l’energia vitale, contendendo il potere agli uomini? Come mai ancora ci importa di dimostrare che le donne possono tutto?

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