Novecento
Saggistica
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Matteo Collura è nato ad Agrigento nel 1945. Autore del bestseller Sicilia sconosciuta (Rizzoli 1984, 1997) e della versione teatrale del romanzo si Sciascia Todo modo, scrive articoli di cultura per il Corriere della Sera e vive a Milano.
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I fatti salienti di un secolo
Ci si potrebbe chiedere se vale la pena di comprare questo libro, visto che la storia del “Novecento” è stata oggetto di una miriade di pubblicazioni e che di questo secolo si sa quindi molto, anche se non tutto. Aggiungo poi che non pochi di noi sono stati testimoni di eventi che hanno caratterizzato il periodo e che quindi parrebbe un non senso andarseli a rileggere. Tuttavia, a parte che una serena rinfrescata della memoria è sempre opportuna, questo testo di Matteo Collura presenta caratteristiche tali da renderlo un unicum nel panorama della saggistica storica. Innanzi tutto l’autore non interpreta gli eventi, ma li narra, con una capacità linguistica e letteraria che in genere gli storici non posseggono, e quindi la lettura risulta particolarmente piacevole e per nulla affaticante. Inoltre, pur nella corposità del testo (420 pagine), Collura non ha la pretesa di scrivere tutto dell’intero secolo, ma molto opportunamente si è limitato a quei fatti che ha ritenuto salienti e peculiari, fatti che hanno caratterizzato la vita del nostro paese e le cui conseguenze si sono trascinate nel tempo, fino ai giorni nostri, perché nulla è staccato e del tutto autonomo, ma si inserisce in un ciclo in cui si determina anche il futuro.
E di eventi siffatti ce ne sono tantissimi, a volte solo caratteristici del nostro paese, altri invece inseriti in un contesto internazionale che determina l’evoluzione dell’umanità.
Corredati da ampi riferimenti bibliografici, con le fonti riportate a fine opera, c’è quindi la possibilità di fare una lunga, piacevole e istruttiva cavalcata dagli inizi del XX secolo fino al suo termine.
Poiché si tratta di fatti importanti, almeno secondo l’autore, ma ritenuti tali anche dagli storici, ci sono tanti capitoli, ognuno con il suo evento, con come è accaduto, un resoconto quasi giornalistico, ma senza la pretesa di influenzare il lettore con un giudizio o comunque con un’opinione.
Per quanto siano tutti di estremo interesse, ne ho trovato alcuni particolarmente riusciti e meritevoli di maggiore attenzione.
In “Tre spari a Monza aprono il secolo” si riporta l’assassinio, da parte dell’anarchico Bresci, del re Umberto I, il cosiddetto Re buono, secondo un vezzo di casa Savoia di farsi attribuire qualità opposte alla realtà; infatti non dimentichiamo che questo monarca “di grande bontà” fu quello che diede ordine al generale Bava Beccaris di sparare sulla folla (uomini, donne e bambini) che pacificamente a Milano manifestava per avere migliori condizioni di vita.
“Tripoli bel suol d’amore” parla invece dell’inizio della nostra avventura coloniale nel mar Mediterraneo, con arguzia e anche mettendo bene in evidenza la tradizionale scarsa preparazione dell’esercito italiano, una costante che si ripeterà anche in seguito, con conseguenze ben più gravi.
E che dire di “O Roma o morte, viaggiando in vagone letto” a proposito della marcia su Roma? A conti fatti fu una marcetta, una rivoluzione da operetta ed ebbe successo grazie a un re che si dimostrò sempre incapace di governare una nazione. La conferma di questa nullità politica si riscontra soprattutto in “Otto settembre, l’armistizio degli inganni”, un fatto vergognoso, più che per il tradimento perpetrato nei confronti dell’alleato germanico, per quello molto più grave ordito a danno degli italiani, lasciati soli, senza direttive, in balia della assai presumibile reazione tedesca, da un re e da una corte in una ignobile fuga. Il popolo, una volta tanto, non dimenticò e si vendicò in occasione del referendum Monarchia-Repubblica, evento oggetto di un capitolo che riesce perfettamente a ricreare quell’epoca, nei difficili anni del dopo guerra, fra sofferenze e speranze.
Altro articolo di grande rilievo è l’avvento della televisione che così profondamente modificherà le abitudini di vita degli italiani e questo grazie a una trasmissione che stregava. Fu Lascia o raddoppia, presentata e condotta dall’indimenticabile Mike Bongiorno, che entrò nelle case, nei bar, nei cinema e una volta ogni settimana riuscì per una sera a riunificare gli italiani, anche quelli poco colti, spesso addirittura analfabeti, grazie sì alla formula del quiz, ma anche alla personalità di molti concorrenti, come Degoli, Marianini, ecc..
E poi ci sono i tristi anni di piombo, dall’attentato a Piazza Fontana, di cui Collura scrive in modo così convincente da avvertire un brivido lungo la schiena nel leggere di tante vittime innocenti.
Se per la morte di Pasolini c’è un resoconto puntuale, ma pietoso, uno dei pezzi forti riguarda il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. Il capitolo è intitolato “L’affaire moro”, come l’omonimo libro di Leonardo Sciascia, di cui Collura è grande estimatore. Da potente capo politico, nel trascorrere dei giorni, lo statista piano piano diventa uomo, con le sue paure, con le sue invocazioni e infine con la rassegnazione di chi sa che il suo destino sta per compiersi. È un articolo non di grande, ma di grandissimo valore, in cui Collura si è superato, con un ritratto guidato da una virtù ormai rara: la pietà.
Dalla tragica fine di Falcone e Borsellino si passa alla famosa Tangentopoli; siamo alla fine del secolo, un secolo travagliato, con l’Italia coinvolta in due guerre mondiali, con il periodo fulgido della Resistenza, con una pace lunga e speriamo infinita, contraddistinta però da fatti di sangue, da manovre eversive, da scandali in cui la politica è protagonista, in un lento declino del paese, di cui noi italiani siamo vittime, ma anche artefici.
Eppure per molti l’Italia è ancora un faro di speranza e infatti il libro non poteva che concludersi con Un tragico miraggio per i disperati del Terzo Mondo. Nel secolo agli sgoccioli si manifestano le grandi migrazioni, con disperati che fuggono dalla guerra e dalla fame su barconi e su zattere, non di rado naufragando, diretti in Italia, vista come un’oasi nel deserto della disperazione. Il fenomeno, come ben sappiamo, continua anche oggi e se prima si trattava di albanesi, ora invece sono africani, ma la provenienza non conta, né il colore della pelle: sono uomini, donne e bambini che cercano la vita.
Mi pare quasi superfluo aggiungere che Novecento è ampiamente meritevole di essere letto.