MoranteMoravia
Saggistica
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Un uomo e una donna
La biografia di un letterato è sempre strumento prezioso per comprendere a fondo la poetica dell’autore di cui tratta, conferisce al ricordo dei suoi scritti una chiave di lettura in più; arricchisce la conoscenza dell’epoca nella quale ha vissuto e ha il potere ultimo di offrire un approccio sistemico rispetto all’individuo narrato, restituendocelo come un tassello di un complesso di relazioni: la famiglia, le amicizie, le frequentazioni, la società.
Sotto questo aspetto il lavoro di Anna Folli risulta impeccabile anche perché questa in realtà è una biografia doppia: si tratta di Morante e di Moravia e anche se a unirli è stato un amore tormentato, il libro ha il pregio di operare una netta distinzione fra i due, presentandoceli, fin da loro infanzia e per tutto il corso della vita, come due esseri autonomi senza per forza imbrigliarli nel loro essere coppia. Ho apprezzato molto il rispetto verso l’individuo ancor più conoscendo, attraverso la lettura, le profonde distanze che attraevano i due, respingendoli a vicenda.
La scoperta di episodi dell’infanzia e dell’adolescenza dei due grandi scrittori , all’insegna di una profonda sofferenza, ha agito in me come un filtro capace di farmi realmente comprendere, nel senso empatico del termine, il loro agire da uomini. Le loro vite condensano i pregi, le virtù e i limiti della condizione umana in un ampio ventaglio di comportamenti che permettono, di riflesso, una sorta di indulgenza anche verso se stessi e verso i propri limiti.
Emerge un carisma ipnotico nella figura di Alberto, una sorta di buona stella che ne accompagna gli esordi letterari e lo sviluppo di tutta la carriera, ponendolo come una sorta di icona nel panorama letterario italiano, discusso e discutibile certo e non scevro da attriti anche pesanti con il potere costituito o con il modello sociale imperante, eppure sempre bello e vincente. A volte disturbante, forse, viste le intime scissioni che lo caratterizzano e che ce lo avvicinano al tempo stesso perché animano le sue fragilità. Una personalità complessa ma carismatica, a tratti ambigua.
Diverso l’approccio con Morante: la sua restituzione sociale è pessima, il suo carattere, la sua intelligenza (non certo relazionale) , il suo fare letteratura, il suo stare al mondo cozzano dolorosamente con la fatica del vivere convivendo con gli altri. È un ‘isola infelice, tesse relazioni e ne trae appagamento solo se esse sono caratterizzate dal suo tratto distintivo primario: la sincerità assoluta, quella che dà, toglie, apprezza e disprezza al tempo stesso. Ama e odia. In u modo o nell’ altro , è questo il suo personale fascino, si fa comunque amare o apprezzare da tutti.
Sono due intellettuali diversi, sono stati un uomo e una donna che si sono amati, per tutta la vita, di un amore unico, incomprensibile, tenace, fatale che può esserlo ciascuna storia d’amore nella sua unicità.
Lasciano a noi, con le loro opere, uno specchio doppio in cui sono riflesse due risposte quasi in antitesi al loro vissuto: inquietudine e incanto.
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Elsa e Alberto
Anna Folli ci guida, attraverso questo saggio documentatissimo e molto coinvolgente, alla scoperta o riscoperta di due figure leggendarie della nostra letteratura, Alberto Moravia ed Elsa Morante.
L'idea centrale è quella di raccontare la loro storia d'amore, assolutamente fuori dall'ordinario, profondissima e allo stesso tempo lacerante. Un connubio che li legò indissolubilmente per tutta la vita, pur essendo un legame sui generis e non etichettabile in categorie prestabilite. In realtà nel libro di Anna Folli possiamo trovare molto di più: non solo la storia d'amore tra Elsa e Alberto, ma anche una biografia ricchissima ed avvincente di entrambi i grandi scrittori, che diventa un interessantissimo approfondimento riguardo al contesto in cui furono scritte alcune delle più rilevanti opere letterarie del Novecento italiano.
Elsa e Alberto, così diversi in tutto: lei appassionata e sognatrice, lui razionale e metodico. Lei così bisognosa di amore totalizzante, lui così curioso ed attratto dalla pluralità del fascino femminile.
Elsa che, presa dall'ansia creativa, non pensa minimamente agli obblighi della vita quotidiana, che si disinteressa completamente delle incombenze di cui dovrebbe farsi carico come donna e moglie. Elsa che si arrabbia tremendamente se viene chiamata “signora Moravia” o se qualche giornalista osa chiederle qualcosa riguardo al marito famosissimo scrittore, mentre lei stenta a raggiungere il successo. Elsa che, però, riversa il suo bisogno di amare sui giovani, sui bambini e sui gatti, sentendo spaventosamente la frustrazione di non essere diventata madre.
E Alberto che invece è attratto irrimediabilmente dalle donne libere ed emancipate, che vuole accanto soprattutto una compagna che sia in grado di tenergli testa, volubile ed originale fino a provocargli sofferenza. Alberto che ama viaggiare, che teme più di tutto la noia, la banalità della vita quotidiana che spegne vitalità e genio creativo. Alberto che, pur essendo uno dei maggiori intellettuali italiani, non si monta la testa e continua a scrivere.
Eppure, entrambi così fuori dell'ordinario, con delle esistenze segnate da momenti difficili, da mancanze e tormenti, che hanno reso possibile il manifestarsi del loro genio creativo; hanno sublimato attraverso la letteratura dolori, desideri, solitudine e amore, e ci hanno regalato delle opere straordinarie.
Una lettura che lascia dentro un po' di inquietudine e la consapevolezza che, come scriveva Saba a Elsa Morante «[...] tutte le vite sono, in un senso o nell'altro, delle vite mancate: l'arte è lì per soccorrere a queste mancanze. Se non ci fossero, l'arte non avrebbe senso: non corrisponderebbe più ad un bisogno...»
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A chi vuole leggere o rileggere le opere dei due grandi scrittori.
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Conflitti d'arte
Qualche giorno fa, presentando la sua ultima pubblicazione MoranteMoravia edito da Neri Pozza, ho conosciuto Anna Folli, giornalista mite, scrupolosa e di affinata sensibilità.
Dalle prime pagine capisco che questo libro è costato studio, ricerca, interviste difficili, visite in luoghi diversi. Ogni capitolo esprime l’interesse onesto e riservato per Elsa Morante e Alberto Moravia. Non c’è voyerismo, non c’è l’urgenza di guardare dal buco della serratura le vite di due geni. Riconosco una scrittura di rispetto e di gentilezza che svela una storia d’amore attraverso venticinque anni di storia d’Italia: il fascismo, la guerra, la ricostruzione, la comunità degli intellettuali.
Durante la lettura sono concentrata e commossa e mi avvicino in silenzio ad ascoltare la coppia dei contrasti: Elsa e Alberto, legatissimi e liberi, nati in contesti familiari diversi, complici e nemici, dannatamente entusiasti e felici. Una relazione tormentata contro la noia che esprime la meraviglia del pensiero custodito prima e, dopo, condiviso.
Il percorso nei sotterranei dell’anima è sempre doloroso. Gli amanti della letteratura intuiscono che procedere significa andare indietro, in fondo, a recuperare le origini, a cercare nelle visceri le ragioni della vita e delle relazioni. Il sentire profondo sperimenta il paradiso e l’inferno, la benedizione e la maledizione, il dolore e la felicità. Coloro che decidono di vivere sprofondando nella coscienza non scelgono il masochismo, ma la libertà. L’assoluta passione per la letteratura non rappresenta solo un incastro nevrotico, ma diviene respiro unico di due anime oltre la quotidianità e la morte, angosciate e gioiose, a capire la profondità, l’abisso dell’esserci. Coloro che credono si condannano e condannano il prossimo agli inferi: così, i poeti e le poete, così per chi è scelto dall’arte.
Rivedo Elsa e il suo volto di gatto, come ricorda lo scrittore Raffaele La Capria. Elsa che ama i bambini, il mare, i gatti, in quest’ordine. E che per tutta la vita assume la parte della donna folle e geniale, a rivendicare le sue idee. Solo una donna timida, salutando Moravia la sera del loro primo incontro, può lasciare scivolare nelle sue mani le chiavi della propria casa. Rigore e fantasia, sogno popolare e sogno di principessa, autonoma e assoggettata, talvolta, Elsa sembra davvero richiedere relazioni simbiotiche:
“… io vorrei disperatamente essere te per essere te” (p.49)
“Alberto mi fa venire le rughe e io a lui faccio venire gli attacchi” (p.59)
Moravia è sistematico nella scrittura, Morante cerca l’incantamento e l’ispirazione. All’inizio della loro vita assieme, si scambiano l’unico tavolino per scrivere, lui di mattina, lei di pomeriggio. Moravia racconta: “era più facile pensare di ucciderla che separarsi” e l’accusa di non saper stare al mondo, le rimprovera di non essere mondana né diplomatica. Sempre, però, riconosce l’eccellenza di Morante in letteratura. Lui cerca donne autonome, intelligenti, giovani e, soprattutto, innamoratissime e si rivela un uomo simpaticissimo che adora mangiare in compagnia.
Fra Elsa e Alberto riscopro il linguaggio della notte, intimo e feroce che non può sopravvivere alla luce senza risultare inadeguato, eccessivo. E la profondità invecchia, fa sentire pesanti, aggravati da tutto il rumore e il dolore del mondo. Elsa parla della pesanteur come il suo difetto principale, “la pedanteria, il bisogno di dare giudizi definitivi, l’incapacità di dimenticare e di dimenticarsi” (p.220), il dubbio, l’insoddisfazione, la pretesa d’assoluto.
Nelle pagine scorrono i luoghi, i viaggi, le relazioni amorose, gli amici e le amiche, la natura e gli animali, la guerra e la fame, la malattia, i conflitti e le urla, la vita da bohème, il rapporto con la maternità e la paternità, una genitorialità diversamente espressa, la frequentazione di pittori e scrittori nell’ambiente culturale romano. Il dopoguerra è anche il tempo vivacissimo degli artisti e degli imprenditori che si incontrano creando un mondo di idee. Nel 1947 nasce il premio Strega e nel 1953 Adriano Olivetti finanzia la rivista Nuovi Argomenti che accoglierà presenze significative.
L’invito, dopo questo libro, è a rileggere gli scritti di Morante e di Moravia per capire di più, esercitando, magari, il diritto al bovarismo che racconta Daniel Pennac: il diritto a emozionarci, a lasciarci prendere dalla storia. Il diritto a piangere, a sorridere e ad analizzare, se è il caso, perché i libri ci salvano la vita riconsegnandocela ricca di prospettive diverse. Grazie ad Anna Folli, io spero nel contagio del bovarismo come una malattia benedetta.