Saggistica Storia e biografie La monaca di Monza
 

La monaca di Monza La monaca di Monza

La monaca di Monza

Saggistica

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Roberto Gervaso racconta una tra le più intriganti e inquietanti love story di tutti i tempi, quella tra la bellissima e aristocratica Virginia de Leyva (la Gertrude manzoniana), nobildonna di famiglia spagnola monacata a forza appena adolescente, e Gian Paolo Osio, giovane e spregiudicato play-boy dell'epoca privo di scrupoli e rimorsi. Teatro della vicenda è il monastero di Santa Margherita, a Monza, tra gli ultimi anni del Cinquecento e l'inizio del Seicento. In queste pagine Gervaso ricostruisce e racconta tutto quello che il Manzoni nascose sotto il sublime "da sventurata rispose": gli incontri peccaminosi, le due gravidanze, la fine terribile degli amanti che, scoperti, furono condannati lui alla decapitazione, lei a essere murata viva.



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La monaca di Monza 2018-04-05 22:35:23 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    06 Aprile, 2018
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Il profumo del peccato

Molto interessante questa accurata ricostruzione, sulla base della documentazione storica, della vita di suor Virginia Maria, al secolo Marianna de Leyva, meglio nota come la Signora o, semplicemente, la Monaca di Monza. Una figura, la sua, che ha fatto gridare allo scandalo e discutere a lungo, al di là del proprio tempo, senz’altro una delle più celebri tra quelle femminili della Storia, anche grazie alla rappresentazione che ne diede Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi”; quest’ultimo, tuttavia, inserendola negli anni della carestia e della peste (intorno al 1630) in realtà la posticipa, mentre all’epoca la sua peccaminosa vicenda s’era già conclusa.
Nata nel 1575 da una casata d’antica e prestigiosissima nobiltà spagnola che, tra l’altro, aveva ottenuto il feudo di Monza, la de Leyva fu forzata a farsi monaca dal padre, il quale se la tolse dai piedi defraudandola abilmente della ricca eredità che le aveva lasciato la madre morta anzitempo quando lei era ancora piccolissima. Si fa presto, oggi, a dire che avrebbe potuto opporsi, rifiutarsi di prendere i voti, ma in casi come quelli, in cui i calcolati interessi del clan familiare venivano prima dei desideri e delle aspirazioni dei suoi singoli membri, era praticamente impossibile non dire sì a quanto veniva deciso dall’alto, specie se si era donne e per di più giovanissime: “[…]; lo ripeté, e fu monaca per sempre.” (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. X)
Forse, come si lascia intendere anche nel libro, fu il desiderio di ribellarsi anzitutto all’autorità paterna che la spinse ad allacciare la relazione proibita con uno dei vicini del convento di clausura dov’ella aveva preso forzata residenza, tale Gian Paolo Osio, un pendaglio da forca come l’avrebbe probabilmente e non a torto definito Tex Willer, e della peggior specie. Circa dieci anni durerà la loro tresca di cui, a quanto pare, tutte le monache del convento, dalla superiora all’ultima delle novizie, erano al corrente e nella quale verranno coinvolte attivamente (in ogni senso) altre monache: suor Ottavia, suor Benedetta, suor Silvia e persino una certa suor Candida – solo di nome, naturalmente – già amante del sacerdote titolare della chiesa attigua al monastero delle care sorelle.
Già, perché bisogna sapere – e questa è la cosa più sconvolgente – che all’epoca i chiostri, sia maschili che femminili, erano per la gran parte tutt’altro che santi luoghi di ritiro spirituale, piuttosto ricettacolo di vizio e lussuria più sfrenata. Insomma, avrebbero potuto competere a testa alta con i pubblici bordelli in virtù dell’intensa attività sessuale che vi si svolgeva! Del resto, che cosa ci si poteva aspettare da persone, donne e uomini, costrette dalle famiglie a votarsi a Dio senza reale convinzione? Il Concilio di Trento della metà del XVI secolo aveva cercato di correre ai ripari per siffatta corruzione dei costumi, ma un conto è inasprire le pene, un altro è riuscire ad applicarle dal momento che era ben tesa e fitta una rete di connivenza difficilmente estirpabile poiché tutti e tutte temevano gli scandali che avrebbero potuto nuocere ai rispettivi ordini religiosi.
La vicenda della Signora di Monza e Gian Paolo Osio fu però qualcosa che andava al di là del pur comprensibile mancato rispetto del voto di castità monacale: in breve tempo divenne infatti un mix pericoloso di sesso, promiscuità (anche due delle sopraccitate colleghe della de Leyva finirono nel letto dello scapestrato giovane, o meglio fu lui a finire nei loro… camerata unica…), sangue e intrighi delittuosi. Pertanto, quando ci scappò il morto, anzi i morti, poiché furono più d’uno, il bubbone purulento non poté che esplodere. E nel peggiore dei modi… Il triste epilogo è noto.
Mi ha molto sorpresa però la conclusione a cui giunge l’autore, alla quale francamente non avrei mai pensato: chi fra i due, oltre a metterci la carne, ci mise anche il cuore, e tanto, fu Gian Paolo, il quale dopo le prime volte, ottenuto ciò che voleva, avrebbe potuto non rimetter più piede in quel convento; donne, non monache, ne aveva quante ne voleva al di fuori. Invece, non seppe rinunciare a lei che considerava a tutti gli effetti la sua donna e che amava sinceramente, anche attraverso la bambina che nacque dalla loro relazione. La Signora, dal canto suo, più che vittima (come cercherà di apparire agli occhi dei vicari criminali che la interrogheranno dopo l’arresto), fu parte attiva e consenziente, coinvolta più dal piacere dei sensi e del proibito che dal sentimento allo stato puro.
Comunque, al di là di tutto, resta il ricordo di una povera vita infelice a cui non può non essere rivolto un profondo senso di compassione, non certo di condanna.

«Il profumo del peccato è delizioso, anche, anzi soprattutto, se a emanarlo è chi non dovrebbe mai commetterlo. Il vizio, del resto, ha sempre sedotto gli uomini più di quanto la virtù li abbia edificati.»

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... "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni, e volesse approfondire storicamente la vicenda della Monaca di Monza.
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La monaca di Monza 2015-11-26 21:01:30 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Novembre, 2015
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Eros e Thanatos

Che la vicenda di suor Virginia Maria, al secolo Marianna de Leyva y Marino (Milano, 4 dicembre 1575 – Milano, 17 gennaio 1650) avesse, e ha tuttora, tutti i crismi per attrarre la curiosità, spesso morbosa, della gente è fuor di dubbio. La relazione amorosa con il conte Gian Paolo Osio presenta caratteristiche di sicuro interesse: passione sfrenata, la profanazione del convento, ripetute uccisioni e perfino due nascite. Tuttavia che all’epoca nei monasteri potessero coesistere preghiera e carnalità sfrenata non era una stranezza, anche perché molte delle ospiti non si trovavano lì per autentica vocazione, ma vi venivano richiuse da padri che intendevano tramandare il patrimonio solo al primogenito, senza dimenticare anche i casi, non rari, di giovani che prendevano il velo unicamente per sfuggire alla miseria e con essa allla scarsa e irregolare alimentazione. I fatti di sangue, peraltro, non mancavano, dettati da gelosie o da opportunità. Ma allora perché tanto interesse per quella che è più conosciuta come la monaca di Monza? Se Alessandro Manzoni non ne avesse parlato nei Promessi sposi probabilmente non ci sarebbe stata tanta notorietà; il narratore lombardo la inserì, cambiandone il nome dei protagonisti, rispettivamente in Gertrude e in Egidio, probabilmente per dimostrare quanto in quell’epoca, nonostante la Controriforma, la rilassatezza dei costumi fosse imperante e anche per esaltare maggiormente, per contrasto, la fede, profonda e integerrima, di personaggi come il cardinale Federico Borromeo, che infatti avrà una parte in questa vicenda. Con ogni probabilità Manzoni apprese di questa tresca nel corso delle ricerche da lui effettuate e propedeutiche alla stesura dei Promessi sposi; infatti, trovò le carte del processo e altro, così che ebbe gli elementi per interessarlo, un po’ come fece nel caso degli “untori”, di cui scrisse anche un saggio storico (Storia della colonna infame) ed egualmente fece per suor Virginia Maria e Gian Paolo Osio (La monaca di Monza).
Questa vicenda interessò non solo il popolino, ma anche storici e registi cinematografici, che diedero vita a pellicole per lo più boccaccesche.
Anche Roberto Gervaso ha voluto dire la sua e lo ha fatto da storico appassionato, razionale e imparziale. Nel presentarci l’epoca, l’ambiente e le origini dei protagonisti l’autore ci fa entrare piano piano in una vicenda che oserei definire più squallida che boccaccesca, con questo lazzarone del conte Osio che soddisfa sessualmente non solo suor Virginia, ma anche altre due monache, e spesso gli incontri avvengono simultaneamente con queste tre donne. Senza peraltro scriverlo, sollecita così un’immaginazione che porta a fantasticare su amplessi multipli, su laide carezze e su qualsiasi immaginabile, e anche inimmaginabile, gioco erotico. Ma se Gervaso non è un bacchettone, non è nemmeno un cultore del boccaccesco: si limita a raccontare solo quel che sa dalle carte in suo possesso ricorrendo spesso alla sua sottile ironia, che può essere scambiata solo da un lettore disattento per compiacimento sessuale. No, non si deve temere questo; se il Manzoni nei Promessi sposi per descrivere l’incontro di Suor Virginia con Osio, scrive che, al richiamo di quest’ultimo, La sventurata rispose (in questa brevissima frase ci sta tutto il possibile della tresca che sarebbe stata avviata e la gravità del gesto), lo storico invece descrive con minuzia il fatto, sulla scorta degli elementi in suo possesso, opera anche di altri storici di quel periodo e dei secoli successivi. Però, mette in guardia, nel senso che, secondo la sua esperienza, dà maggiore o minore credibilità a questo o a quell’altro scritto, ritraendone una comprensione personale che partecipa al lettore. Questa è una tecnica che gli è comune e che impreziosisce il saggio, in una ricerca di una verità che si avvicini il più possibile alla realtà. Peraltro, non si esime da un giudizio sui protagonisti, con Suor Virginia che amava solo carnalmente il conte Osio e che non conosceva, né ebbe modo di conoscere un amore diverso, fatta eccezione per quello verso Dio che permeerà la sua lunga esistenza dopo la condanna a essere murata viva (nel senso che dovette vivere in un esiguo spazio chiuso, senza possibilità di vedere il sole, ma con un’apertura che permetteva il passaggio del cibo); la sua diventerà una dedizione assoluta, tanto da convincere il cardinale Borromeo che non solo si era redenta, ma che stava diventano una santa. Se Gian Paolo Osio era un farabutto già prima di conoscere Suor Virginia, se si macchiò di orrendi delitti, per cui fu condannato a morte in contumacia (morì colpito da bastonate mentre era ospite in casa di quello che credeva un amico), tuttavia era effettivamente innamorato di suor Virginia, e non solo sotto l’aspetto sessuale, finendo con il rivelare un carattere diverso da quello che si sarebbe atteso, tanto da prendersi cura, finchè gli fu possibile, della figlia che l’amante aveva partorito. Senza togliere nulla ai suoi tanti demeriti, finisce con il dimostrarsi un essere che sapeva veramente amare, nel modo più assoluto e completo; in questo non era di certo ricambiato, anzi era considerato nulla di più di un semplice giocattolo sessuale.
Si tratta quindi di una storia, vera, a tinte forti, in cui l’abilità e il senso di misura di Gervaso sono messe a dura prova, ma quel che ne esce è un racconto che non può lasciare indifferenti, è una vicenda in cui gradualmente le sfumature di morbosità si scolorano, per lasciare il posto a una pietà non di maniera, in cui ognuno dei protagonisti, da carnefice diventa volontariamente vittima.
Da leggere, senza il minimo dubbio.

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I libri di Roberto Gervaso
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La monaca di Monza 2012-10-16 21:07:50 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    16 Ottobre, 2012
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Nisi caste, saltem caute *

“Il profumo del peccato e’ delizioso, anche, anzi soprattutto,se a emanarlo e’ chi non dovrebbe mai commetterlo “.

Marianna de Leyva nacque nel 1575, di nobili origini, nientemeno che feudataria di Monza.
La Signora di Monza, costretta per interesse a prendere i voti, destino ergastolano nel Monastero di Santa Margherita dove entro’ dodicenne, abbandonando il suo nome e prestando giuramento come Virginia Maria : la monaca di Monza.
Bellissima , sensuale e voluttuosa benche’ nascosta dai grezzi panni monacali, donna potente e conscia del suo ascendente, sinonimo di dissoluzione e peccato.
L’appellativo che la distingue ha caratteristiche di un palindromo. Nel suo nome si possono leggere in egual misura santita’ e sacrilegio, da qualsiasi prospettiva lo si osservi.
La religiosa sposata a Dio, la donna peccaminosa che si macchio’ di reati della carne e di omicidio, profanando luoghi sacri e vite innocenti.
Bambina strappata alla sua casa dai giochi di potere, costretta alla clausura, donna accattivante e pulsante, Signora di promiscuita’, condannata all’espiazione .

Roberto Gervaso ci offre una splendida biografia di uno dei personaggi indimenticabili conosciuti sui banchi di scuola, un libro scritto da una penna molto ricca e forbita, ho peccato d’invidia , lo ammetto.
Intriga ed incuriosisce, dettagliando un periodo storico intriso di violenza e superstizioni, i roghi, le streghe, l’Inquisizione, la tortura.
A tratti appesantito da stralci originali delle confessioni dell’epoca, e’ in realta’ un peso assai effimero, che ci permette di calarci ancor piu’ nella storia.

“Il vizio del resto ha sempre sedotto gli uomini piu’ di quanto la virtu’ li abbia edificati .”

Buona lettura.

* Se non vuoi essere casto, sii almeno cauto.

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La monaca di Monza 2012-08-16 14:28:22 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    16 Agosto, 2012
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Storia di un peccato

Chi fu veramente la monaca di Monza e quali i reali connotati della peccaminosa vicenda che la vide protagonista?
Gervaso ricostruisce la vita di questa donna utilizzando le fonti dell'epoca e successive, scremando le opinioni più faziose e le maldicenze gratuite, regalandoci così un lavoro di valore sul piano storico.

Sicuramente la storia d'amore tra Virginia e Gian Paolo nei secoli è divenuta simbolo per antonomasia di scandalo e di peccato, anche se i vituperati amanti non rappresentarono certo l'eccezione per l'epoca in cui vissero; siamo a cavallo tra il XVI e il XVII secolo,un'epoca in cui il malcostume all'interno dei conventi e dei monasteri era assai diffuso, dove i piacere terreni convivevano spesso assieme ai voti di fede.

Gervaso è abilissimo nel trasportare il lettore nelle pieghe di un periodo buio e complesso, dove la vita monacale è imposta alla figlie in modo brutale e senza possibilità di appello, dove la vita all'interno di un convento può divenire pericolosa e alienante.
L'autore ci offre una visione talmente realistica che durante la lettura, le pareti umide e buie di quelle celle ci tolgono il respiro e riusciamo a comprendere come la reclusione di una monaca potesse sfociare in gesti folli e sconsiderati.
Questo è un mondo senza luce, senza speranze, senza futuro.
Questo è un mondo governato da odio, invidie, livore.
Questo non sempre fu il mondo della fede e della pace.

Il racconto che ci offre Gervaso è esauriente e accattivante, supportato da un intenso lavoro di ricerca bibliografica; mediando tra le fonti e scartando le più estremiste, egli ci fornisce un ritratto di Virginia onesto e genuino, altamente veritiero e carico di un'umanità di cui questa donna era stata privata da certi biografi.
Virginia donna e monaca, innamorata e passionale, demotivata e annoiata, sincera e bugiarda, lucida e folle; tanti aggettivi che concorrono a dipingere il volto di questa donna destinata ad assurgere a modello di peccatrice di tutti i tempi.

Il valore aggiunto di questa lettura sta nel linguaggio utilizzato dall'autore; un italiano curato e ricco di vocaboli dotti e ricercati, un italiano lontano dalla estrema modernità di cui è permeata oggi anche larga parte della letteratura.
Gervaso è un amante dell'aggettivo e dell'avverbio, di cui riesce a farne un uso da vero prestigiatore della parola; insomma, alla completezza e vivacità del racconto si accompagna una rara bellezza espositiva.

Un romanzo veramente interessante, che contribuisce a diradare le nebbie intorno alla figura di una monaca divenuta emblema di una storia che amalgama elementi esplosivi quali sesso, fede e sangue.

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