La grande guerra degli italiani
Saggistica
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Cento anni fa il Piave mormorava ...
Il 24 maggio del 2014, giusto un anno fa, avevo appena terminato questo libro e mi trovavo a passeggiare nel centro della mia città in una bella giornata di sole. Ancora sotto l'influenza di quanto avevo letto ho cominciato ad osservare chi mi circondava: i ragazzini in fila davanti ai negozi per acquistare l'ultimo tablet o l'ultimo modello di sneaker; le coppie sedute tranquillamente ai caffè all'aperto che parlavano del serial TV; i settantenni in jeans che si sbracciavano tenendo il cellulare all'orecchio; chi si spostava rapidamente in scooter con una cartella legata al portapacchi e chi bighellonava con la macchina fotografica giapponese a tracolla. In mezzo a questa varia umanità ho cominciato a ragionare su quanto fossimo cambiati in questi ultimi 99 anni. Come sarebbe stata quella stessa strada il giorno dell'entrata in guerra dell'Italia e nei mesi successivi? E non mi riferisco solo ai costumi della gente che avrei incontrato per la via, ma proprio alle persone, ai loro animi, ai loro pensieri.
Gibelli in questo libro, scritto vent'anni fa ma ancora moderno, ci consente di toccare con mano questo enorme mutamento sociale avvenuto.
Il volume, in uno stile non cattedratico, ma fluente, analizza, attraverso un esame dei documenti dell'epoca, i motivi per i quali si giunse ad una guerra, fortemente voluta solo da una minoranza di politici ed intellettuali (in parte schiavi di un'idea risorgimentale di irredentismo irrisolto), osteggiata da un'altrettanto piccola minoranza e non compresa né capita dal resto della popolazione e ci accompagna attraversi i suoi sviluppi successivi che coinvolsero tutta la trama sociale.
Il conflitto, ben presto, si tramuterà, anche per noi, in un immenso tritacarne che falcerà una intera generazione di giovani e muterà radicalmente le coscienze e il sentire stesso degli italiani, ma da esso nascerà la nuova società italiana, molto diversa da quella che l'aveva preceduta. Aumenterà la consapevolezza di sé, sicuramente ci si sentirà più uniti di quanto non lo fosse in precedenza.
Va precisato che "La Grande guerra degli italiani" non è un testo storico nel senso generalmente inteso; tantomeno è un volume di storia militare. Le battaglie sono solamente sottintese, quale sottofondo tragico degli avvenimenti che videro come protagonisti quei i piccoli uomini che vissero la guerra in prima persona. Solo ove non può farne a meno (in particolare in relazione alla rotta di Caporetto) Gibelli si attarda un po' sugli avvenimenti bellici, ma sempre al solo scopo di tratteggiare i sentimenti e le parole dei protagonisti.
Il libro è soprattutto un racconto di uomini, di piccoli uomini trascinati in qualcosa di troppo grande per loro.
La parte più toccante del volume è proprio quella dedicata a quei piccoli uomini; là dove Gibelli lascia la parola ai braccianti strappati dalle campagne e per i quali, sino a quel momento, la Patria era solo il villaggio, il borgo, la casa dove erano nati ed avevano sempre vissuto; agli studenti che si erano arruolati infatuati dai vari D'Annunzio e Battisti e s'erano trovati a vivere in un cimitero a cielo aperto, dove tutto era sommerso dall'odore acre del fumo e della carne in putrefazione; alle donne che si videro chiamare al svolgere nelle fabbriche il lavoro dei loro uomini; ai bambini che, nei giornaletti dell'epoca, vedevano solo esaltare il prode soldato che combatteva al fronte senza poter conoscere l'orrore a cui assistevano i loro padri.
L'autore ha avuto l'opportunità di sfruttare a piene mani la testimonianza diretta dei protagonisti, i quali, attraverso le lettere a casa, i diari di guerra, i racconti, delineano il terribile spettacolo ("come al cinematografo" scriveranno in molti) che si svolgeva davanti ai loro occhi in un mondo in cui ogni logica sembrava stravolta. I racconti sono tutti toccanti, soprattutto quelli dei più umili, scritti in un italiano raffazzonato ed approssimativo, infarcito di infantilismi e di retorica assorbita per osmosi, ma vivo e umano. Da dire che uno dei pochi meriti di quella guerra fu proprio quello di spingere gli italiani ad imparare a scrivere (prima l'analfabetismo aveva picchi altissimi in Italia) per poter far arrivare a casa la propria voce e rassicurare i familiari.
Attraverso il libro di Gibelli si scopre una Prima guerra mondiale diversa da quella dei libri di storia e un'Italia lontana anni luce da quella che oggi conosciamo, forse più umana, proprio per il contrasto con la disumanità degli eventi.
Il libro si conclude descrivendo gli effetti che il conflitto ed il suo esito finale ebbero nel periodo successivo sulla società italiana: un onda lunga che forse non ha esaurito ancora i suoi effetti.
Ora, che sono passati esattamente cento anni da quei giorni, ritengo fortemente che sia un libro da leggere con attenzione per il suo valore pedagogico, ma anche per comprendere meglio com'erano i nostri nonni ed i nostri bisnonni e, in fondo, per capire anche un po' come siamo noi stessi.