L'uomo che non credeva in Dio
Saggistica
Editore
Ma ogni ricordo vive e perdura in funzione di una continua tensione intellettuale: l'autore non entra nelle stanze della memoria, se prima non è certo di intravedere dalla soglia il bagliore di un fuoco razionale che possa ampliare il dato autobiografico fino a farsi meditazione sulla vita, sui valori di ogni gesto compiuto. Ogni ricordo è un pensiero: perché vale la pena riordinare la vita tutta intera - con spirito geometrico, sia pur venato di scetticismo - solo se la conoscenza di sé resta il primo passo per comprendere e raccontare gli altri; per mostrare senza infingimenti quali forze, quali ambigui meccanismi regolino il vivere sociale di ogni uomo.
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L'uomo che non credeva in Dio
Un libro profondo, ricco di riferimenti culturali e di riflessioni sulla vita.Un grande giornalista racconta di sè,dei suoi dubbi e dei suoi sentimenti.
Lettura molto piacevole e scorrevole.
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L'uomo Eugenio Scalfari
Un libro davvero molto piacevole. Fa riflettere con dolcezza su temi che riguardano tutti gli esseri umani senza mai essere neanche per un attimo pesante. Interessanti gli excursus sul mondo editoriale italiano del secolo scorso. Penso sia un libro adatto anche a chi attraversa l'adolescenza.
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Dio che crede nell'Uomo
Questa è una recensione particolare, si basa, infatti, su un pregiudizio politico ed una previsione positiva. Mi spiego. Eugenio Scalfari lo conoscono tutti ed è opportuno ricordare i suoi trascorsi politico-esistenziali. Nel 1942 era fascista. Poi fu antifascista, nel 1945 azionista, nel 1946 vota monarchia, nel 1952 è liberale, nel 1955 radicale, nel 1963 socialista, nel 1976 filocomunista, dal 1983 al 1989 demitiano. Poi dal 1996 si è schierato con Prodi. Per essere uno che dà lezioni di politica non è che ne abbia azzeccate molte. Di lui, fra i tanti, si ricorda un indimenticabile articolo del 1959 sull’ “Espresso” in cui sosteneva la causa di Mosca: “Il cavallo sovietico si trova ormai a poche incollature dal cavallo americano. Nel 1972 l’Urss sarà passata in testa non soltanto come potenza industriale, ma anche come livello di vita medio della sua popolazione. Tutti luoghi comuni dell’efficienza privata e dello sperpero del collettivismo cadono come castelli di carta di fronte ai risultati raggiunti in quarant’anni dall’economia sovietica...”. Se questo è il pregiudizio politico, la previsione positiva si basa sul fatto di non averne azzeccata una e quindi tutto lascia supporre che anche le sue argomentazioni filosofico esistenziali sulla credenza di Dio possano essere sballate. E’ l’augurio che ci facciamo dandogli il massimo dei voti nella valutazione del suo libro che potremmo anche fare a meno di leggere.