L'isola senza ponte
Saggistica
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Viaggio culturale
L’isola senza ponte è una raccolta di racconti e saggi sulla Sicilia, legati l’uno all’altro da un comune filo conduttore costituito dagli scrittori, dalla letteratura, dalla paesaggistica e dalla storia di quest’isola. Non si può pertanto definire un cahier de voyage, anche se è fuor di dubbio che vi è più di uno scritto che può interessare un viaggiatore disposto a visitarla. In tal senso appare più che probabile l’intenzione di chi intenda recarsi là di includere fra le sue visite Racalmuto, il paese natio di Leonardo Sciascia, così ben descritto nella sua atmosfera da Matteo Collura, oppure cercare di sperimentare di persona il raffronto fra due promontori, quello di Palermo e quello di Cefalù, a cui l’autore agrigentino ha dedicato un capitolo di particolare fascino.
Lo scopo del libro è quindi ben altro e non è un caso che il titolo sia L’isola senza ponte, con nessun riferimento, peraltro, al progetto, poi abortito, di erigere un ponte sullo stretto di Messina. È un rivendicare una propria identità, senza che con questo si possa parlare di spirito autonomista, identità come peculiarità che fa di quest’isola una terra unica, nel bene e nel male, e particolarmente viva, e proiettata verso nuovi percorsi in campo letterario. Al riguardo Collura dedica ampio spazio a tre autori di indiscusso eccelso valore: Giuseppe Tomasi da Lampedusa, Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia. Il suo è un viaggio geografico sulla scia e alla ricerca di luoghi direttamente o indirettamente connessi alla letteratura, un percorso in cui il locus riverbera dell’artista e l’artista a sua volta lo riflette. Cosa sarebbe stato Sciascia senza il suo stretto legame con il paese natale? La stessa cosa, lo stesso quesito può essere posto per l’agrigentino Pirandello, perché è fuor di dubbio che esista correlazione fra l’ambiente e chi ci vive.
Non mancano peraltro articoli su siciliani sconosciuti ai più e a loro modo eroi, così come riuscito e preciso è il ritratto della donna siciliana, per non dimenticare alcune curiosità, o enigmi, come quello relativo al celebre quadro L’uomo ignoto, di Antonello da Messina, con quell’inesplicabile sguardo che attrae e pure sconcerta, una caratteristica forse inspiegabile, ma in effetti, chi leggerà, potrà trovare un non improbabile chiarimento.
Resta fermo comunque il legame con Sciascia, di cui Collura ha scritto spesso, e questa volta fornisce una spiegazione dell’epitaffio scritto su un biglietto lasciato alla moglie affinché venisse trascritto sulla sua lapide tombale, “ Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”. È una frase non da Sciascia e in effetti non fu ideata da lui, ma il perché l’abbia così interessato da desiderare che costituisse un messaggio dal suo riposo eterno ci viene compiutamente ed elegantemente svelato da Collura, un autentico pezzo di bravura che da solo vale il libro.
L’isola senza ponte, pur presentando qualche inevitabile discontinuità fra un articolo e l’altro, è un’opera da leggere con piacere, come al solito ben scritta e che arricchisce culturalmente, oltre ogni più rosea aspettativa.
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L'isola senza ponte di Matteo Collura
In questi saggi e storie l’autore ci addentra dentro le cose della Sicilia, nel cuore dell’Isola il cui respiro soffia in chi dall’isola è andato via, ma anche solo con la mente è ritornato dopo. In paesaggio e destino, l’ambizione di essere isola è un archetipo da Omero in poi, passando per Dante, la letteratura ha attinto riccamente al concetto di isola come valore aggiunto o perlomeno pieno di insiti significati. Giuseppe Tomasi di Lampedusa diceva che bisogna partire presto dall’Isola, altrimenti la crosta è già fatta. Leonardo Sciascia evase, ma rimase attaccato come una patella allo scoglio. Gli isolani, affermava Pirandello, avvertono il contrasto tra il loro animo chiuso e la natura aperta, chiara di sole; è il mare che li isola e li fa soli, diffidano, e ognuno è e si fa isola a sé. Gesualdo Bufalino coniò il termine isolitudine, con ciò intendendo il trasporto di complice sudditanza che avvince al suo scoglio ogni naufrago. In Ombre nei luoghi dei romanzi, la citazione del bellissimo titolo di un libro dell’argentino Osvaldo Soriano: “Un’ombra ben presto sarai” per indicare l’importanza della forma che i veri artisti danno alla letteratura e usano darne la consistenza di un’ombra. L’artista è un visionario perché la visione che egli riesce a costruirsi è forma perfetta: Borges la considerava prerogativa e privilegio della letteratura. I luoghi visitati o natii, attraverso il punto di vista dei grandi scrittori, vedi Pirandello - Agrigento, si trasfigurano e si cristallizzano in visioni avvinte strettamente alla loro sensibilità e al loro attaccamento sentimentale. La poesia di Pirandello Ritorno chiude con i seguenti versi:
“…guarda la casa accanto
dall’aereo terrazzo, ove felice
visse la famigliola,
ma serra in cuore il pianto;
e sconsolata e sola
neppur tra sé con un sospiro dice:
“ Quando stavamo là…”
Sciascia, dice Collura, forse nessun scrittore italiano del ‘900, ha mostrato di essere così legato al suo paese d’origine, restringeva la Sicilia a Racalmuto” il desiderio acuto di lei”
Collura ripercorre i luoghi in cui la letteratura ha trovato casa, Santa Margherita Belice, Palma Montechiaro, … tappe dell’epopea del Gattopardo.
Una storia d’amore e di guerra racconta di due giovani siciliani che decisero di continuare la guerra secondo i loro ideali. In Luigi e Antonietta nella vampa della follia spiega quanto la drammatica vicenda umana di Pirandello è teatro allo stato puro: un teatro di natura da cui scaturisce quello artistico.. La capacità di fare teatro delle proprie angosce, dell’inferno che per lui fu il rapporto con la moglie (folle), al punto che è difficile distinguere i drammi rappresentati sui palcoscenici da quelli vissuti dal loro autore. In Enigmi analizza il dipinto L’uomo ignoto di Antonello da Messina (Museo Mandralisca, Cefalù), comunica in quel suo enigmatico ed irritante sguardo di un uomo compiaciuto di se stesso, un realismo che rende l’opera oltremodo misteriosa. Ebbene come tanti messaggi criptici inserite in opere di artisti forse il mistero sta in una virgola, una goccia, un capriccio grafico disegnato al centro di un rettangolo di colore bianco che traspare dalla giubba. Una piega? No. Le pieghe non presentano rotondità, Ecco il perché di quel sorriso beffardo. Antonello avrebbe lasciato un segno della sua virile gioia di vivere…
Disorienta e sconcerta l’epitaffio che Sciascia lascia su un biglietto alla moglie per la sua tomba perché non gli assomiglia, “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”. Nel libro-intervista La Sicilia come metafora aveva scritto che di lui si dicesse “Ha contraddetto e si è contraddetto”.
In Cimitero e Teatro si racconta dell’epitaffio di un monumento funebre ad Agrigento, dettato dalle sue alunne, di un professore del Piemonte, che per effetto della legge Casati aveva fatto confluire nel Mezzogiorno un cospicuo numero di insegnanti piemontesi.
Su un altro monumento funebre, un epitaffio in latino racconta la terribile fine di una famiglia nel terremoto di Messina del 27 dicembre 1908, La messa in scena della morte, spiega l’autore, come nelle rappresentazioni sacre in Sicilia, è una forma, forse, di elaborazione del dolore, del lutto. Una particolare ritualità dei siciliani nel celebrare il mistero della morte.
In Gattoparderie ricorda quando a Palermo negli anni Cinquanta Giuseppe Tomasi di Lampedusa stava lavorando al suo Gattopardo e delle lettere private dimostrano quanto fosse interessato alle vicende politiche dell’Italia e dell’Europa. In un altro saggio dedicato alle donne siciliane, Collura parla del personaggio Concetta, la seconda delle tre figlie del principe di Salina nel Gattopardo. Con lei si conclude il romanzo, un archetipo letterario magnifico, quel suo bagliore ferrigno, si coglie nelle donne siciliane più di quanto si pensi. Collura scorge delle dirette somiglianze tra le donne siciliane guardiane ferree del potere in famiglia e nella società, sottovalutandone il loro vero ruolo e il personaggio Concetta che in questo suo rimanere in secondo piano regge su di sé un intero romanzo. Il cospicuo contributo dato alla letteratura nazionale dagli scrittori siciliani dall’Unità d’Italia ai nostri giorni, s’impone con un dato costante: la delusione per la mancata rivoluzione promessa dal Risorgimento. Le tante, molte Sicilie che emergono da quanti ne hanno scritto e detto i viaggiatori che l’hanno visitata, perché ciascuno viaggiando visita ciò che si vuole visitare, e si vede ciò che si vuole vedere. Gli strani percorsi che sceglie la letteratura come nel romanzo Paolo il caldo di Vitaliano Brancati. In Uomo disperato, scrittore felice l’omaggio è rivolto ad un altro grande scrittore siciliano, Gesualdo Bufalino. Dal ricordo emerge un realistico, ma affettuoso ritratto dello scrittore che vive in Sicilia, ma non la vive. Un po’ come Borges con l’Argentina: la canta, la ricorda standone sempre fuori come un aristocratico inglese in una colonia del Regno Unito. In Due promontori Palermo e Cefalù affacciate sul mare ai piedi di un promontorio, come due sorelle che si specchiano, l’una pittorescamente simile all’altra., ma nei loro segreti recessi, uniche. Il ponte dei giganti una sorta di breve racconto fanta-realistico: da un’astronave l’io narrante avvista un’isola riportata su un libro antico, ma a distanza non era né un deserto né una terra fertile, ma qualcosa di morto. Inizia l’esplorazione di un’isola o quel che rimaneva di un’intera isola…Nella nota dell’autore dice che scrivendo molte volte abbia cercato di evadere dalla Sicilia, ritrovandosi sempre in una posizione più interna da dove era partito. Non perché la Sicilia è una prigione, ma perché non si finisce mai di parlare della propria terra, più si cerca altrove, più si trovano nuove occasioni per meglio comprendere il luogo dove si è nati e per un certo tempo vissuti. E’ questa “la scienza certa” di cui parla Borges. E Collura la conosce perché, come diceva Sciascia, la Sicilia è metafora del mondo: un’isola che non potrà essere collegata con un ponte, perché è impossibile collegare un continente a un altro, anche servendosi delle tecniche ingegneristiche più strabilianti.
E’ un libro “forse” che può essere apprezzato da chi è siciliano e della Sicilia condivide la storia e il sentimento che suscita in chi c’è nato e da lontano volge lo sguardo. Ho scritto, forse, perché si potrebbe specularmente parlare di un’altra terra e viverla con i medesimi e contrastanti stati d’animo. La propria terra diventa l’ombelico del mondo, più che un raffronto con il mondo e così ogni territorio diventa metafora del mondo. Si parla di luoghi amati, di scrittori amati e di momenti di vita propria e altrui vissuti.
Interessante, ricco di annotazioni letterarie e scritto con grande garbo, questo libro offre un’occasione per conoscere aspetti e lati di una Sicilia multiforme e affascinante nella sua unicità.