L'arcivescovo deve morire
Saggistica
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Fede e giustizia
Oscar Arnulfo Romero y Galdàmez (Ciudad Barrios, 15 agosto 1917 – San Salvador, 24 marzo 1980). In queste due date, come per tutti gli esseri umani, è ricompreso il percorso terreno di questo sacerdote, di famiglia povera, ma non misera, avviato al seminario dall’alcade del suo paese natale, in quanto sin da bambino dimostrava una concreta vocazione religiosa. E in effetti fu allievo attento, studioso e coscienzioso, tanto da meritare l’accesso alla Pontificia Università Gregoriana, conseguendo il baccellierato in Teologia. Ritornato al suo paese, svolse il suo ministero sacerdotale con autentica passione, facendosi benvolere dalla popolazione, costituita quasi esclusivamente da contadini analfabeti e miseri, che lo apprezzavano per la sua innata umiltà. Benché conservatore, legato quindi a una visione della Chiesa come istituzione chiusa, avulsa dalla realtà dei fedeli, sarà proprio questa vicinanza con una classe disperatamente povera, vessata da pochi grandi latifondisti, sempre pronti a far reprimere nel sangue qualsiasi moto di protesta, che cambierà profondamente l’uomo, capace di comprendere che un religioso non deve vivere nella stretta osservanza delle norme della Chiesa, ma deve essere il Cristo di tutti gli uomini e in particolare di quelli più sfortunati. È così che si accostò alla teoria della liberazione con cui si affermano come prioritari i valori di emancipazione sociale e politica che figurano nel messaggio cristiano. Fu una vera e propria trasformazione e Oscar Romero, anche per effetto delle continue violenze degli squadroni della morte, che tolsero la vita a persone e a collaboratori a lui particolarmente cari, diventato arcivescovo di San Salvador, cominciò a denunciare pubblicamente i misfatti che insanguinavano il paese, venendo meno alla tradizionale accondiscendenza della sua carica con le famiglie che detenevano il potere. Le sue omelie, trasmesse dalla radio diocesana, furono ascoltate anche all’estero, pur se non apprezzate dal Vaticano. Non sostenuto da Paolo VI e nemmeno dal suo successore Giovanni Paolo II divenne così sicuro bersaglio dei latifondisti; tuttavia, lui continuò a predicare, a invocare la pace e la giustizia, consapevole, come il Cristo, che la sua fine era prossima. Infatti, il 24 marzo 1980, mentre stava celebrando la Messa nella cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, in cui viveva in un piccolo locale dalla sua nomina ad arcivescovo, un sicario lo uccise con un solo colpo di pistola. Se ne andò da questo mondo povero come aveva sempre vissuto, per non essere diverso dai suoi amati poveri. Come non infrequente nella storia della Chiesa, un personaggio scomodo da vivo diventa estremamente utile da morto e fu così che nel 1997 venne avviata la causa di beatificazione, ancora non conclusa, perché stranamente ferma per anni, ma sollecitata ora fermamente da papa Francesco.
Io ho riassunto in poche righe una vita, più che altro per informare chi legge di che si tratta, ma la storia di questo uomo debole di salute, gracile, ma dalla volontà ferrea, riveniente da una fede ben salda, è narrata in modo magistrale in questo libro da Ettore Masina. La sua è una scrittura piana, non enfatica ma vibrante, precisa senza essere pignola, circostanziata nel raccontare gli accadimenti senza che tuttavia sfoci, anche appena, nello schema di un verbale. E tutto appare in crescendo, mettendo in luce quegli eventi che sono indispensabili per comprendere il personaggio. Ne esce così una splendida biografia che ha la forza e la bellezza del romanzo senza esserlo, che porta a una lettura veramente appassionante, al punto che ho ritratto, sovente, l’impressione di trovarmi al fianco di Romero, davanti a una folla di disperati campesinos che chiedono solo di vivere e che nonostante tutto vanno avanti grazie alla loro fede religiosa. Chiedono, tuttavia, a quell’uomo che li ascolta un po’ di giustizia e lui parla a loro con le parole di Cristo, con quel messaggio di pace e di serenità che oggi ha più di duemila anni e che da sempre troppi non vogliono udire.
Leggetelo, perché è un’esperienza indimenticabile.