Io sono fuoco
Saggistica
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Michelangelo
Nato a Caprese il 6 marzo 1475 e venuto a mancare a Roma il 18 febbraio 1564, Michelangelo Buonarroti è stato uno degli scultori, pittori, architetti e poeti protagonisti del Rinascimento italiano. Oltre al genio tante sono le peculiarità che caratterizzavano il maestro, in quest’opera D’Orazio si prefigge di far giungere al lettore non solo il suo acume e la sua maestria ma anche la sua storia, il lato oscuro di quel personaggio che per tutta la sua novantennale esistenza ha vissuto e respirato d’arte.
In primo luogo è bene evidenziare che l’elaborato è impostato sotto la forma della missiva, l’io narrante è lo stesso Buonarroti il quale ripercorre passo dopo passo gli anni che lo hanno condotto all’arte, i contrasti con il padre per quella passione che lo avrebbe portato così lontano dall’attività di famiglia e che rappresentava solo un’incognita rispetto agli obiettivi che quest’ultima si era prefissa (acquistare terre e beni di varia entità per garantire un futuro sereno e certo ai suoi discendenti), i primi successi ed insuccessi, le soddisfazioni più grandi e le amarezze ma anche gli scontri e i confronti con pittori quali Leonardo Da Vinci o le piacevoli conoscenze come Raffaello. La lunga lettera è destinata al nipote Leonardo, investito dell’arduo compito di concludere lo scritto descrivendoci quello che è stato l’immediatamente “dopo” la sua morte, ed è caratterizzata da un linguaggio semplice, ironico, sardonico.
Durante la lettura si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo. Riviviamo la Firenze dei Medici, la Bologna del rifugio a seguito della caduta dei primi e dell’ascesa dei Savonarola, la Roma dei Pontefici. Ripercorriamo altresì la nascita delle opere più importanti dell’artista partendo dalle prime commissioni, passando per l’imbroglio del cupido ed arrivando a quelle che nel tempo (la Pietà, la volta della cappella Sistina, il David etc) ne hanno consacrato la fama. Ma una volta spogliato delle vesti dell’artista, chi era Michelangelo? Era un uomo irrequieto, orgoglioso, consapevole del suo valore e delle sue qualità, ma era anche un individuo che alcuna cura riservava a se stesso, una persona che viveva nella parsimonia fregandosene di lussi e sfarzi di ogni genere (pensate che nel riordinare le sue poche cose a seguito del decesso, sotto il letto è stato rinvenuto un forziere contenente oltre 8.000 ducati d’oro, una somma che al tempo gli avrebbe permesso di acquistare Palazzo Pitti a Firenze, se mai gli fosse passato per la testa), il suo essere era interamente destinato al creare. Le mani, gli occhi, ed anche gli arti inferiori sono stati vittime di queste incurie.
Un modo non impegnativo di leggere e di conoscere l’universo artistico che viene prospettato e descritto con quella falsa semplicità che nasconde al suo interno cura e dedizione, che racchiude la voglia di far trasparire l’acume di un personaggio unico e raro nel suo genere, il desiderio di far apprezzare i suoi lasciti entrando nella psiche del creatore e facendo si che il messaggio, la ratio che si cela dietro uno sguardo, l’inclinazione di una gamba, il leggero aprirsi di una bocca, giunta anche a chi di arte non è appassionato. Veramente un bel lavoro.
« Osservando lo sforzo e la sapienza che i cavatori impiegavano per tagliare la pietra, riuscivo ad avvertire la resistenza della montagna e il nostro desiderio di ferirla. Il cavatore deve cogliere il punto debole e insistere su quello fino a farla capitolare. Lo scultore deve entrare in contatto con la materia e assecondarla, scovare le linee già tracciate nel marmo e lasciarsi guidare: solo così può superare il contrasto che gli oppone ».