Il sangue del Sud
Saggistica
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La vera storia dell'Unità d'Italia
Finalmente da qualche anno a questa parte stiamo assistendo a un nuovo fenomeno storiografico che punta a rivedere molte convinzioni che abbiamo sull'Unità d'Italia e la lotta al brigantaggio. Il libro di Giordano Bruno Guerri, appartiene a questo filone storiografico che, grazie ad una ricca ed analitica esposizione di documenti storici, sta pian piano rendendo giustizia a quel fenomeno complesso e sfaccettato che spesso viene ricondotto sotto il nome di brigantaggio. Ma veramente l'Unità d'Italia rappresentò la vittoria dei "buoni" sui "cattivi" briganti? E' vero che, come spesso viene insegnato nelle scuole, il Meridione ha tratto solo vantaggi dall'Unità? Non sarebbe meglio, invece di parlare di processo di unificazione di un Paese, trattare l'Unità d'Italia come un'occupazione militare da parte dei Savoia?
Il libro cerca di rispondere a queste domande nel modo più esaustivo possibile e devo dire che ci riesce molto bene. L'autore affronta argomenti, alcuni anche molto forti, accompagnati da fonti storiche attendibili e certe, cercando di ricostruire la vera storia del brigantaggio e cercando di capire soprattutto chi fossero i briganti, senza farne un santino. Pochi sanno ad esempio che tra i briganti, pur essendoci una buona percentuale di delinquenti comuni, molti erano mossi da ideali patriottici e libertari. Furono molti i briganti che si dettero alla macchia per combattere quelli che consideravano degli invasori, che ingiustamente avevano usurpato il trono del Re. Il Regno delle Due Sicilie, con tutte le sue contraddizioni e miserie, fu vittima di una vera e propria invasione da parte dell'esercito piemontese. Invasione che poi la storiografia ufficiale farà passare per unificazione...
Il libro appare, come dicevo, ben documentato e ben strutturato. E' apprezzabile il tentativo da parte dell'autore di scrostare quella patina di buonismo e luoghi comuni che accompagna da sempre l'idea dell'Unità d'Italia e dei piemontesi "portatori di civiltà". La lettura è scorrevole e piacevole come un romanzo. Se si ha una passione per la storia (come nel caso del sottoscritto) e si vuole cercare di capire un pò meglio un periodo storico per certi versi ancora oscuro, questo libro è l'ideale.
Io mi sono appassionato molto a questo libro: pur non essendo meridionale, devo dire che leggendo questo libro ho sentito dentro di me un senso di indignazione e di ingiustizia verso quello che hanno dovuto subire le popolazioni del Sud Italia.
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I Briganti...come non si erano mai letti
Già il titolo la dice tutta(Antistoria..)
poi scritto da un personaggio anti...conformista come Guerri fa sì che il libro sia una bella analisi di un determinato e importante periodo storico
visto in una prospettiva nuova e stimolante.
Sarebbe facile per me prendere posizioni(ideologiche) nette
ma non lo faccio
così come non lo feci per il libro Terroni di P. Aprile(si può constatare qualche post più indietro)
quello che m'interessa è esternare sensazioni condivisibii o no
e soprattutto punti di vista.
La cosa che mi ha più colpito di questo bel saggio storico
che ripercorre nomi, luoghi e situazioni del nostro Risorgimento
è l'analisi psicologica e comportamentale di esponenti di spicco di quell'epoca
quasi sempre ai più sottaciuti o celati , per dirla francamente spesso e volentieri non se n'è mai parlato
se non in termini più che dispregiativi
sto parlando dei..."briganti".
Bravo Guerri ad entrare nell'animo e poi succesivamente nella gesta di queste persone,
descrivendo i perché e i percome tanti si davano alla macchia e conducevano stili di vita pari solo alle bestie pur di non sottostare o sottomettersi ai nuovi padroni(i Savoia).
Non mancano naturalmente in questo testo le decrizioni di personaggi che bene o male chi più chi meno conosce direi benissimo(i Garibaldi, i Cavour, i Mazzini etc)
ma queste pagine su di me non è che abbiano suscitato chissà quali interessi o emozioni.
Bel testo
da promuovere senz'altro
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L'elogio della bestialità
Guardando la ragazzina armata raffigurata nella copertina del libro, non si può evitare di rammaricarsi di un inganno, che la finta ferocia degli occhi esprime; di una mancanza, per quell'intensità perduta. Difficile rimanere insensibili nel corso della lettura; il libro infatti ci immette in una delle pagine più turpi, disgustose e prive di senso, tra le tante di cui l'esercito piemontese si è reso protagonista.
L'Italia è unificata e il Regno delle due Sicilie non esiste più. Esiste però un popolo che si ribella, che non accetta la fredda insensibilità degli invasori, la loro totale incapacità di cogliere la realtà dei luoghi occupati e dell'anima delle popolazioni che li abitano. Solo noncuranza, sfruttamento, regole ferree ed estranee; pretese senza concessioni, spesso rapina: questo ciò che offre il nuovo padrone. Quelle popolazioni reagiranno e si comporteranno come di fronte a un esercito invasore, organizzando una disperata resistenza nel tentativo di ricostruire l'ordine perduto. Non volevano rubare: volevano il loro re. Quel moto spontaneo fu però etichettato come brigantaggio e in tal modo svilito a livello di delinquenza comune: ladri, tagliagole, bestie selvagge da abbattere senza pietà. E certamente da queste pagine la pietà è assente, se guardiamo quei corpi straziati, violentati, massacrati e poi esposti a monito perenne. Questa la fine di molte figure straordinarie che il libro abitano. Tra queste, molte figure femminili, difficili in ogni caso da dimenticare. Se ne potrà dare il giudizio che si vuole perché nessuno può negare che alla violenza si sia risposto spesso con la violenza. Quali le bestie? A mio avviso quelle in divisa erano davvero tali; quelle braccate lo diventarono per necessità. Nessuno ne esce bene: nemmeno il lettore.