Il nostro tempo è breve
Saggistica
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I poeti laureati non sanno il dolore
Dopo la pubblicazione di “Il formaggio e i vermi” di Carlo Ginzburg nel 1976 (appena ristampato da Adelphi), esempio oramai classico e, a detta dei miei amici storici, insuperato, di microstoria, la grande Storia, quella dei condottieri e delle battaglie, dei proclami e delle imprese, ha lasciato spazio, nelle linee di ricerca più recenti, ad una prospettiva mi verrebbe da dire manzoniana, e cioè l’idea di ricostruire un contesto culturale, lo spirito e la voce di un’epoca, non con mezzi puramente descrittivi, ma interpretando quei piccoli e umili uomini cancellati dai libri. Non è un vezzo, né tantomeno il tentativo di sottrarsi a un compito difficile, ma la necessità imperiosa di rimuovere le patine delle ricostruzioni, le barriere delle interpretazioni che ora a destra, ora a sinistra, hanno strumentalizzato la storia e ne hanno compromesso l’intrinseca forza pedagogica. Come a dire che arrivati agli anni 2000, la storia non può salvare nessuno se non aiuta a rivivere e ripercorrere, empaticamente, un’epoca. La lezione è sempre quella, eschilea, della conoscenza che si plasma attraverso il dolore. Ed è in questa ottica che si pone il libro di Anna Maria Balzano, il quale, pur nella sua brevità, condensa la vita di Caterina Martinelli, donna del popolo, madre alla ricerca di cibo per i figli, vittima impotente di una storia che travolge chiunque. La forza miniaturizzata di questo libro è proprio nella sua nuda e cruda trasparenza, nella sua impossibile (e pure ineccepibile) oggettività: è con il colpo di fucile che apre chiude il libro, con il silenzio ingiusto che lo segue, che il lettore si trova a dover vivere su di sé il dramma di una guerra che, a forza di essere detta, non è più sentita. E allora questo tempo breve che dà il titolo al libro ci appare con scomoda, pervasiva consistenza e ci costringe per una volta ancora a sentire su di noi il peso nauseabondo di un’umanità troppo spesso disumana.
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Da donna a donna
Chi era Caterina? Caterina Martinelli. Chi era? Una donna come tante, certamente. Eppure una donna speciale. Oggi basterebbe dire che la sua specificità è insita nel suo essere donna, moglie e madre come è impensabile esserlo nel tempo attuale ma come lo sono state, e neanche in giorni lontanissimi, le nostre madri o, per le più giovani, le nostre nonne. Sette gravidanze, sei figlie viventi, il primogenito morto, una delle bimbe malate, un marito con un modesto lavoro, le incombenze quotidiane ma soprattutto la guerra e con essa la povertà e la fame. Noi non sappiamo cosa sia. Eppure non è tutto ciò a rendere speciale Caterina, quella era la normalità e non solo negli anni bui del secondo conflitto mondiale sui quali si incentra il prezioso lavoro di Anna Maria Balzano, in particolare sui faticosi, tristi, incerti giorni successivi all' 8 settembre del '43. Il suo essere speciale è invece da ricercarsi nella sua mente vigile e attenta che, nonostante la modestia della sua condizione, alimenta un atto di ribellione necessario per rifiutare le condizioni di vita a cui la guerra la sottopone. Sono i giorni disperati della primavera del '44, l'aumento dei prezzi ha reso la fame insostenibile e le code ai forni interminabili, infruttuose e disperate. Perché aspettare diligentemente una razione sempre più misera e neanche certa? Questo dubbio, mosso e alimentato dall'impotenza crescente di non poter nutrire i propri figli, la portano alla necessaria disobbedienza e con essa alla morte, brutta, secca, ossimorica, se accostata allo “sfilatino” che l'ha generata: morte per il pane, da sempre simbolo di vita.
Scrivo queste poche righe a cavallo di due date importanti il 25 aprile, Festa della Liberazione, e il 2 maggio, la data del decesso di Caterina, 75 anni fa, e le scrivo soprattutto per ringraziare l'autrice che ha restituito, con preciso scrupolo storico e un'importante bibliografia a corredo delle sue ricerche, un piccolo vissuto, anonimo, anche se ampiamente ricordato in quel dell'ex Tiburtino III, nella nuova realtà urbana, sapientemente evocando le bellissime pagine manzoniane dell'assalto ai forni ma soprattutto aderendo in pieno ad una poetica che celebrava “il principio di necessità”:.. “che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto, e l’interessante per mezzo”. Grazie Anna Maria.
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Una morte ingiustificata ma non dimenticata
Dopo il “Cappotto blu” (Talos Edizioni, 2015) Anna Maria Balzano torna in libreria con “Il nostro tempo è breve. La resistenza civile di Caterina Martinelli”, un elaborato che non solo conferma la grande capacità narrativa dell’autrice ma che è anche intriso di un’unica forza empatica tanto da entrare sin dalle prime battute nel cuore del lettore.
Ma chi era Caterina Martinelli? Caterina Martinelli è stata una donna che ha subito la guerra, la carestia, la prepotenza del fascismo e dei nazisti; una donna che è perita per mano di un militare della PAI perché, insieme a molte altre mogli e madri, in uno sciagurato giorno di metà aprile appena dopo aver appena compiuto i quarant’anni nel giorno 16 dello stesso mese, nell’azione di conquistar uno sfilatino di pane per sfamare le sue sei figlie e garantire un minimo di cena anche al marito Giuseppe, spazzino con una paga di appena 400 mila lire e attivo nella resistenza mediante la diffusione del giornale de “L’Unità”, è entrata nella scia di un proiettile sparato ad altezza uomo per ripristinare un sovvertito ordine pubblico.
Ha inizio nel 1943 l’accurata ricostruzione della vita della protagonista attuata dalla Balzano. È una ricerca meticolosa, precisa, minuziosa in ogni piccolo dettaglio che nulla lascia al caso tanto dal punto di vista stilistico, elegante ed erudito, quanto visivo, essendo l’intero testo, avvalorato da foto e immagini atte a ricostruire nella mente del conoscitore quella dimensione ad oggi per molti lontana e/o dimenticata.
E non solo è ammirevole il gran lavoro di ricerca storica realizzato dalla scrittrice, altrettanto degna di nota è la sua capacità di trasmettere e rievocare i pensieri di questa donna, emblema della perfezione fascista ricercata, tuttavia con un animo, pensieri e opinioni assai distanti che non riuscivano ad essere espressi a parole.
«Ogni guerra, qualora fosse davvero necessaria e inevitabile, cosa assai discutibile, dovrebbe contenersi nei limiti del rispetto dei diritti umani delle popolazioni civili. Era ciò che Caterina sentiva, e non sapeva esprimere. Le mancavano i mezzi espressivi. Riusciva solo a ripetere: “Non è possibile, non è giusto, non è possibile. Sono bestie”.» p. 38
È una figura che a più riprese confessa di non interessarsi alla politica e al conflitto, di tenerli su un piano separato, di non essere sufficientemente “competente” ad occuparsene, eppure, significativo e fondamentale per rendersi conto dello spessore del personaggio nonché della realtà storica narrata, è quel mutare d’animo che giorno dopo giorno a fronte di un aumento indiscriminato e inarrestabile dei prezzi, con una borsa nera sempre per più pochi, con sempre meno denaro per sfamare la propria famiglia, e innanzi a rastrellamenti e fucilazioni ingiustificati è in un crescendo di indignazione affatto incline a continuare a calare il capo, a lasciar che le cose scorrano per quel che sono.
«Nel suo ruolo di madre costretta a sopravvivere nella miseria, non aveva né il tempo né i mezzi per partecipare a qualsivoglia forma di resistenza organizzata. Non le rimaneva che mostrare più apertamente e chiaramente di prima il proprio disprezzo nei confronti di un occupante spietato e feroce» p. 42
In conclusione, “Il nostro tempo è breve” è uno scritto che fa riflettere su quel che è stato e su quel che è il nostro paese, sul ruolo delle donne negli anni del Secondo Conflitto Mondiale, sui valori (oggi troppo spesso dimenticati), sulla famiglia, sui sentimenti, ma è anche un saggio che fa meditare sul senso della vita, sulla sua temporaneità e sull’importanza di quel che viviamo e lasciamo una volta che quella sabbia della nostra personale clessidra ha terminato di scorrere.