Il fuoco e il gelo. La grande guerra sulle montagne
Saggistica
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Montagne insanguinate
Prima guerra mondiale, la Grande Guerra: il fronte italo-austriaco va grosso modo dallo Stelvio all’Adriatico, un po’ prima di Trieste. Di questa linea irregolare ben 640 chilometri sono in montagna, corrono su ghiacciai, su creste, su cenge, su altipiani, su brevi tratti di pianura. Ci sono rilievi notevoli, che si avvicinano ai 4.000 metri e ci sono le più belle montagne del mondo, le Dolomiti. Gli scenari sono incantevoli, ma anche mozzafiato, con guglie che si inerpicano verso il cielo e altissime colonne di giaccio. In questo ambiente, estremo, surreale, ma anche di sublime bellezza combatterono per tre anni e tre terribili inverni i nostri Alpini da una parte, i Kaiserjager dall’altra, nemici, ma accomunati dal fatto di essere appassionati di questo mondo, tanto bello e incantato, ma anche capace di essere crudele con i suoi rigidissimi inverni, con le valanghe che seppelliscono interi reparti, provocando morti in larga misura, quasi e forse di più di quelli degli scontri veri e propri che, per la natura del terreno, non videro mai impegnate grandi masse di combattenti come invece accadeva a est sul Carso. Di questi eroi ci parla Enrico Camanni; sulla base di diari e di testimonianze, riferisce di episodi che hanno visto protagonisti sia dell’una che dell’altra parte, senza mai enfasi, ma soprattutto riesce a non cadere mai nella retorica, pregio non indifferente, data la materia trattata. L’autore non toglie nulla all’aureola dei protagonisti, ma è chiaramente un pacifista, come traspare chiaramente non poche volte. Fra gli Alpini e i Kaiserjager Camanni non sceglie nessuno, ma parlando di alcuni di loro sceglie la pace, in una narrazione che anche per gli scenari magistralmente descritti si rileva estremamente affascinante, riuscendo a cogliere, accanto all’orrore di un conflitto, la sublime emozione della natura. Non tutti sono personaggi come Damiano Chiesa e Cesare Battisti, o come Sepp Innerkofler, ma sono protagonisti di storie, vere, che restano indimenticabili, e non solo per le azioni belliche vere e proprie, ma per le capacità alpinistiche che dimostrarono nell’adempimento del loro dovere, arrivando al punto di inaugurare nuove, spericolate vie. Ci si può commuovere di fronte alla vicenda dell’ufficiale mantovano Arnaldo Berni, tanto coraggioso quanto sfortunato, e il cui corpo non verrà mai ritrovato, imprigionato sotto tonnellate di ghiaccio, o a quella del sergente Sepp Innerkofler, nota guida, che si immola per difendere il suo paese, ma ciò che resta è l’immagine di uomini che, pur essendo contro, non furono mai effettivamente nemici, troppo uniti dal comune amore per quella montagna che li volle con sé per sempre. Furono a lungo vicini agli angeli e angeli stessi divennero; combattevano per pochi sassi, per speroni di roccia così scoscesi che non di rado lasciavano cadere, travolgendo chi stava sotto, gigantesche valanghe. Se nella guerra ci può anche essere un barlume di logica, lì mancava del tutto, perché si soffriva, si moriva, ci si disperava in uno dei posti più belli del mondo.
Il fuoco e il gelo è un rigoroso libro di storia, ma ha il sapore di un romanzo, di un racconto irripetibile e avvincente come pochi.