Il Cristo dell'Amiata
Saggistica
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Il Cristo rosso
Ci sono personaggi della storia che sembrano essere inventati, tanto sono avvolti da un alone di leggenda e di mistero; sono pochi in verità, ma rappresentano sovente una luce improvvisa che squarcia le tenebre, un faro a cui tanti esseri umani si affidano per avere una speranza in un mondo migliore.
David Lazzaretti è uno di questi protagonisti che sembrano andare oltre il corso del tempo, che lanciano un messaggio talmente grande da essere utopistico. Era nato ad Arcidosso, sul monte Amiata, il 6 novembre 1834 in una povera famiglia di contadini e manifestò quasi subito una natura contrastante, associando misticismo e vita fuori dai comuni canoni. Sposato e con cinque figli, svolgeva l’attività di barrocciaio, trasportando terra di Siena da Arcidosso a Grosseto e Siena. Strani sogni, visioni, continuavano a popolare la sua esistenza fino a quando nel 1868 avvertì dentro di sé di essere stato scelto per una missione di carattere religioso, una rifondazione della Chiesa cristiana non solo con un ritorno alle origini di questa, ma anche una sostituzione di questa con una nuova Chiesa giurisdavidica. Fece rapidamente proseliti, più che per l’aspetto religioso, per una sua visione dell’umanità che non poteva non soddisfare la povera gente che, oppressa da tasse e da burocrazia, pativa la fame. Per lui sarebbe presto finita l’Era della Grazia e avrebbe avuto inizio l’Era del Diritto, con l’avvento finalmente di un’autentica giustizia sociale, in un mondo di uguali, con pari dignità e che si sarebbe sostenuto con il lavoro collettivo e la messa in comune delle risorse ottenute. A ben guardare sono i principi socialisti del Vangelo, ma lui socialista non era, o meglio tendeva a esserlo, senza saperlo. E poi non era finita, poiché predicava l’apparizione di un secondo Cristo, cioè lui. Forse le sue idee erano un po’ confuse, frutto del disordine delle letture con cui era cresciuto, ma di certo non era un truffatore; credeva a quel che predicava, aveva una fiducia illimitata nel suo pensiero e proprio per questo la gente lo seguiva. Certo, l’aspetto religioso e quello civile della sua dottrina, anche se dottrina è una parola un po’ grossa per un coacervo di idee che tendevano tanto all’utopia, erano una miscela altamente esplosiva. Se avesse continuato a raccogliere proseliti, che ne sarebbe stato della Chiesa di Roma? Se avesse diffuso il principio dell’eguaglianza, del lavoro collettivo per realizzare una società di uguali, che ne sarebbe stato dei ricchi?.
La Chiesa lo esecrò, lo condannò come eretico, lo scomunicò, mise all’indice i suoi scritti; lo Stato lo uccise, cogliendo l’occasione di una processione da lui guidata e diretta all’Arcidosso. Processione o sommossa? Propendo per la prima ipotesi, giacché l’uomo mai si rivelò violento; sta di fatto che una pattuglia di carabinieri e un militare la fermarono, sparando sulla gente e ammazzando degli altri fedeli, oltre a David Lazzaretti. Con la sua morte il giurisdavidismo non finì, anche se si ridimensionò alquanto, fino a scomparire poco a poco.
Di questo straordinario personaggio parla Arrigo Petacco, con misura, data anche la delicatezza del tema trattato. La ricerca delle fonti è stata scrupolosa e quindi il ritratto che emerge di questo predicatore appare realistico, è quello di un uomo che magari non manca di ambzione, ma che in ogni caso si è reso conto che la gente, la sua gente, ha bisogno di una speranza per sopravvivere e lui offre loro questa idea utopistica, a cui dedicherà tutti i suoi giorni e a qualunque prezzo, anche a costo della vita. E come Cristo che morì sul Golgota, David Lazzaretti finì la sua esistenza sull’Amiata, novello Cristo senza resurrezione, ma il cui nome mai verrà dimenticato.
Da leggere, senza alcun dubbio.