Giovanni Pascoli. Tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta
Saggistica
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Gian Luigi Ruggio ha compiuto tutto un suo originale itinerario culturale prima d'incontrare Pascoli. Nato a Barga (Lucca) l'11 maggio 1937 e compiuti gli studi a Roma, si è appena iscritto a Giurisprudenza quando decide di trasferirsi in Svizzera perché in quel momento lo attraggono di più gli studi scientifici. E là prende un diploma in fisica termodinamica e meteorologia. Ma non ha affatto dimenticato Giurisprudenza. Rientrato in Italia, riprende quegli studi e si laurea a Pisa dove frequenta pure, come uditore, la facoltà di Lettere. Sì, perché anche la Letteratura è fra i suoi interessi. Dopo la laurea collabora, scrivendo articoli di carattere culturale, con i giornali del gruppo Corriere della Sera e La Nazione. Svolge una intensa attività di divulgatore che, in anni più recenti, sviluppa anche in alcune televisioni locali. Intanto, è tornato a vivere nella sua Barga e ha accettato di assumere l'incarico di Conservatore dei Beni Pascoliani custoditi nella Casa Pascoli di Castelvecchio trasformata in museo e centro di studi sul poeta. Ma il primo studioso è proprio Ruggio. Ed è da un quarto di secolo di sue ricerche che è ora nata la prima biografia completa di Giovanni Pascoli.
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Una biografia particolarmente avvincente
Gian Luigi Ruggio, conservatore dei Beni Pascoliani, è indubbiamente un profondo conoscitore della vasta produzione poetica di Giovanni Pascoli, ma, senza provvedere a un’analisi specifica della sua poetica, ha ritenuto molto più opportuno scriverne una biografia, evidenziando la correlazione fra eventi della vita del poeta e le sue opere, poiché appare evidente che gli influssi esterni finiscono con il determinare i vari risultati di un artista. Nondimeno, si è preoccupato, nella premessa al libro in oggetto, di spiegare il perché della necessità della biografia di un autore la cui vita non fu assolutamente normale e tantomeno monotona.
Ne è uscito un lavoro di grande pregio, indispensabile per conoscere il Giovanni Pascoli poeta. Segnato da innumerevoli lutti, in primis quando era adolescente la scomparsa del padre, assassinato da ignoti, e da li a poco quella della madre, morta di crepacuore, l’autore romagnolo non riuscì ad avere un regolare passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, privato delle figure di riferimento dei genitori, posto in gravi difficoltà economiche, insomma ben sapendo quanto sia importante e decisivo per il futuro di un essere umano questo periodo di ognuno di noi, fu vittima di circostanze tali da impedirgli poi in seguito di condurre una vita normale.
Nelle sorelle, in particolare in Maria, trovò rifugio, identificandone la presenza nella figura materna, uno scambio di ruoli che poi lo vedrà confusamente considerare Maria, che il poeta affettuosamente chiamava Mariù, di volta in volta madre, sorella e amante, senza che per questo si arrivasse a un incesto carnale, e se incesto vi fu assai probabilmente fu solo di carattere psicologico. Ne derivò una fragilità che lo accompagnerà tutta la vita fino alla morte dovuta, almeno ufficialmente, a un cancro, anche se corsero voci di effetti infausti di una cirrosi epatica che gli avrebbe devastato il fegato. Queste ipotesi non erano campata in aria, poiché si sapeva del suo difetto di ricorrere frequentemente, e non per modiche quantità ,agli alcolici, altro segno di quella fragilità di cui ho accennato.
Sempre a corto di soldi, anche quando i guadagni da insegnante universitario e i proventi dei diritti d’autore non erano certo trascurabili, Pascoli doveva ricorrere spesso ai Monti di Pietà, impegnando le medaglie d’oro vinte nei concorsi di poesia latina che allora si tenevano ogni anno in Olanda, per non parlare della necessità non infrequente di chiedere prestiti a terzi contro rilascio di cambiali.
Fu un’esistenza sofferta, quindi, senza il piacere di una vita familiare con mogli e figli, a volte accompagnata da stati di vera e propria indigenza, soprattutto quando studiava all’università di Bologna, periodo in cui finì addirittura in carcere per le sue idee socialiste non disgiunte da una certa propensione all’anarchia. E’ vero che col tempo la componente estremista finì con lo scomparire, ma restò sempre socialista, di un socialismo di stampo patriottico, teso più a valorizzare la nostra fase risorgimentale che a cercare di elevare le masse più deboli.
Non è quindi un caso se la sua produzione passa da Myricae ai Poemi del Risorgimento, questi ultimi quasi a giustificare la sua mancata partecipazione allo stesso dovuta peraltro solo a motivi anagrafici (il 31 dicembre 1855 è la sua data di nascita).
Ruggio, sulla scorta solo dei numerosi manoscritti (soprattutto lettere) raccolti nella Fondazione dedicata al poeta, ha la straordinaria capacità di condurci per mano nell’itinerario vitale di Giovanni Pascoli, quasi che lui e noi fossimo presenti ai tanti fatti che lo connotarono, e ciò senza mai essere greve, in un apprezzabile equilibrio di stile e d’impostazione in cui non si avverte mai la presenza dell’autore, magari con congetture e con riflessioni, ma come in un romanzo avvincente dalla prima all’ultima pagina. E a proposito di ultime pagine richiamo l’attenzione su quelle dedicate alla morte del poeta, avvenuta dopo lunga e penosa malattia. Lì non si indulge alla facile commozione, ma la sensazione di essere spettatori del trapasso di un uomo è ben viva, tanto da lasciare quasi sgomenti.
In appendice, poi, è riportata un’ampia antologia dei suoi versi migliori, scelti con oculatezza, l’omaggio migliore che si potesse rendere a un grandissimo poeta che fu un uomo infelice.
La lettura di questo libro non è solo consigliata, ma è senz’altro più che raccomandata.