Saggistica Storia e biografie Fuga dal campo 14
 

Fuga dal campo 14 Fuga dal campo 14

Fuga dal campo 14

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Shin Dong-hyuk è l'unico uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo, dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America. Questa è la sua storia.



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Fuga dal campo 14 2016-10-03 11:54:21 charles
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charles Opinione inserita da charles    03 Ottobre, 2016
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Un grande documento, una narrativa non memorabile.

Il romanzo-documento di Harden racconta la storia di Shin Dong-Hyuk, attualmente l'unico Nord-Coreano ad essere nato in un campo di concentramento sotto il regime di Jim II Sung ad essere riuscito nel tentativo di fuggire.

Dal punto di vista umano l'opera è un vero pugno nello stomaco: pur senza essere mai truce, senza indugiare nelle sofferenze e torture inflitte al protagonista oltre la mera necessità di documentazione, i soprusi ed abusi a cui sono sottoposti i prigionieri sono inumani. L'analogia con i campi di sterminio della Germania nazista è istantaneo, ma in Corea tali campi sopravvivono da 50 anni in un regime mondiale che possiamo definire di pace. Gli stessi campi li potete vedere anche voi su Google Maps.

Ciò fa riflettere.

Dal punto di vista letterario Harden invece pecca a mio avviso di precisione, vuoi per l'ovvia mancanza di fonti, vuoi per una certa leggerezza nell'allineare gli episodi conseguenti alla fuga di Shin. Paradossalmente, proprio quando il protagonista arriva negli Stati Uniti, e quindi sarebbe possibile un resoconto più accorto, il racconto perde unità ed inanella una serie di fatti in modo apparentemente disordinato: prima si racconta di come Shin tenga conferenze presso Google e poi si ritrovi emarginato perchè non riesce a comunicare. E' solo al mondo ma poco dopo persone lo assumono a lavorare a Los Angeles. Ha paura di qualsiasi cosa ma si narra di come compia incursioni solitarie in Corea del Nord tornando sui suoi passi al tempo della grande fuga. Infine compra addirittura una casa in Corea del Sud mentre fino a poco prima viveva di stenti. Mi è parso un finale assai frettoloso, non scatta l'immedesimazione con il fuggitivo a parte rari casi.
Per correttezza va detto comunque che lo scenario atroce offerto dai campi nord coreani è realmente scevro da qualsiasi sentimento di pietà o redenzione.

Il testo resta consigliatissimo, se non altro come documento contemporaneo. Siamo lontani però dai grandi saggi americani o anche dai diari di prigionia celebri (uno su tutti, il diario della cara Anna Frank), sia per lo stile che per la capacità di suscitare empatia ed emozioni.

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Fuga dal campo 14 2015-05-14 12:24:38 Mephixto
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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    14 Mag, 2015
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Fuga per la vita

Corea del Nord giorni nostri. Migliaia di persone sono tenute prigioniere nei campi di concentramento da anni. Per l’esattezza cinquant’anni di prigionia, stenti, vessazioni, torture, fame, umiliazioni e cosa più drammatica solitudine .Quella solitudine che è generata dal tradimento: la peggiore, quella da cui non riesci a liberarti, quella che ti rende solo. Ma solo non lo sei mai, perche c’è sempre chi, per un misero pugno di riso, o una scarpa di cotone, ti venderebbe al tuo aguzzino senza la minima ombra di rimorso. Perche il rimorso queste persone non sanno minimamente cos’è .
Tutti conosciamo i campi di sterminio nazisti , i Gulag siberiani o i campi di prigionia cambogiani di Polpot ecc ecc... Kim Il Sung, nonno del attuale presidente, non fu da meno e fece costruire almeno diciotto “campi di lavoro” (quelli che attualmente sono noti sono 18) ognuno dedicato a uno massimo due reati e ognuno con il suo regime di sicurezza e rieducazione. In queste pagine è narrata la storia di Shin, l’unico essere umano nato e cresciuto al suo interno. Unica persona nota e “certificata” che è riuscita a fuggire dal “Campo 14”. Il peggiore, il più duro, il più sicuro. Qui, in questo inferno fatto di legna, terra e putredine umana, nacque un bambino come ne nascono tanti, nei campi Nord Coreani. Ma solo lui è riuscito a fuggire.
Purtroppo in corea del nord certi reati sono ereditati fino alla terza generazione. Quindi se io decido di tradire la mia nazione, che ne so magari fuggendo al sud , la mia famiglia fino al terzo grado di parentela (quindi si, anche i figli dei miei figli che non sono ancora nati, ma anche nipoti zii fratelli..) saranno costretti a scontare la mia condanna e a mondarsi di questo crimine tramite il lavoro e la rinuncia a tutto. Shin tradirà sua madre, suo fratello, e in fine suo padre... prima di trovare la forza di evadere. Questa storia, vera, ha del incredibile. Normalmente siamo abituati a biografie di chi nei Campi di Concentramento ci è finito dopo, lui è nato li: non ha idea di cosa sia il mondo, la musica, la carne ,l’amore, l’altruismo o la compassione, lui è cresciuto in questi agglomerati avulso dai sentimenti più elementari. Lavora da sempre e da sempre ha FAME !!! tanto da rubare le razioni della madre per placare i crampi. Ma la fame è sempre li, con lui, a spingerlo sempre più in un baratro oscuro, sempre più lontano dall’essere “umano”. L’unica cosa che gli hanno insegnato sono le dieci regole del campo quattordici : http://www.codiceedizioni.it/le-10-regole-del-campo-14-giornata-mondiale-dei-diritti-umani/ (posto il link per comodità, ma vi invito a leggerle prima di leggere la biografia, o anche solo per approfondire.) Ovviamente riuscirà a scappare, ma il dramma non è finito, anzi, tutto questo è solo il preludio di una tragica esistenza, forse rovinata per sempre.
La biografia è scritta in terza persona, dal giornalista Blaine Harden che per due anni si è dedicato con passione alla stesura e agli incontri con Shin. I quali evidenziarono non pochi problemi tecnici e relazionali, quindi un oggettiva difficoltà nel ripercorrere ventitre anni di sevizie fisiche e psicologiche ingiustificate.
Harden restituisce anche una visone a più “ampio respiro” di tutto il sistema Nord Coreano, il quale dimostra essere nient’altro che una dittatura feudale retta dalla corruzione e dalla spietata crudeltà del suo leader, che ritiene sue proprietà . Lo fa sfruttando la storia e la fuga di questo ragazzo che verrà scandita da non poche interruzioni di approfondimento: ci aiuteranno a capire meglio alcune dinamiche di questa drammatica storia. La quale vuole e permette approfondimenti sui documenti facilmente consultabili: grazie ai riferimenti bibliografici legati alle digressioni e alle considerazioni dello scrittore.

In conclusione un testo Crudo, con la forza narrativa di un thriller, ma con la drammaticità che solo la realtà sa trasmettere. Uno scritto che vuole essere una denuncia alla crudeltà e uno strappo al velo di ignoranza e indifferenza.

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