Saggistica Storia e biografie Freya e Vera. La forza delle donne
 

Freya e Vera. La forza delle donne Freya e Vera. La forza delle donne

Freya e Vera. La forza delle donne

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La presentazione e le recensioni di "Freya e Vera. La forza delle donne", opera di Andrea Vollman e Marco Crestani edita da Priamo. In Freya e Vera la libertà creativa dell’immaginazione è sorretta da documenti e riferimenti tratti dalle vite di Freya Stark e Vera Brittain. Per l’esattezza si tratta di periodi circoscritti di alcune settimane per Freya e pochi giorni per Vera. Momenti comunque decisivi nella formazione di queste due giovani donne inglesi, partecipi e protagoniste di avvenimenti epocali. Per ragioni e modi diversi, furono legate all’Italia durante la Prima Guerra Mondiale e da quella drammatica esperienza, per motivi diversi, scaturì la vocazione letteraria che le portò ad essere in seguito importanti e valenti scrittrici. Il sottotitolo “La forza delle donne” è doveroso in quanto una condizione limite, come una guerra, fa emergere lati dell’umano che sono spesso celati nella vita ordinaria. Freya Stark e Vera Brittain, come molte altre donne, dovettero sfoderare una forza tipicamente femminile, che non è costituita da aspetti “muscolari”, bensì di temperamento, pazienza, talvolta vera e propria abnegazione. Non si tratta di un facile quanto scontato “mito” della donna e di quelle due donne in particolare, ma del riconoscimento che proviene da parte maschile, delle migliori qualità de “l’altra metà del cielo”. E’ con la Prima Guerra Mondiale che la condizione femminile si evolve in maniera significativa, soprattutto in alcune nazioni d’Europa e negli Stati Uniti, condizione che da allora continua la sua legittima e tutt’altro che facile progressione. Freya Stark e Vera Brittain, furono autentiche pioniere in questa difficile scalata, anche se occorre riconoscere i vantaggi che derivarono a entrambe dalla loro posizione sociale. Ciò non toglie che le due coetanee inglesi, le quali non si conobbero personalmente, siano ancor oggi dei validi esempi di autonomia e senso di responsabilità, oltre che di coraggio senza temerarietà.



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Freya e Vera. La forza delle donne 2014-07-29 17:31:39 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    29 Luglio, 2014
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Freya e Vera, la forza delle donne

Nel diluvio di pubblicazioni uscite per il centenario, finirà per risultare ancor più invisibile questo piccolo libro che – scritto da appassionati e pubblicato da una minuscola casa editrice – guarda alla prima guerra mondiale da una prospettiva diversa e tutta femminile. Sono due donne, infatti, le protagoniste che si spartiscono queste pagine: gli autori hanno ricostruito la loro esperienza bellica basandola sui documenti storici e dando al racconto un tono di addolorata partecipazione che non lascia indifferenti. L’italo-inglese Freya Stark opera come crocerossina sul fronte friulano, curando i feriti che arrivano a ondate specie quando sono lanciate le numerose, insensate offensive: i giorni passati a curare menomazioni dolorose anche per chi le assiste sono temperati da sporadiche uscite a contatto con la natura o nelle località vicine. Quando arriva Caporetto, tutto crolla rovinosamente e Freya, assieme al personale dell’ospedale, è costretta ad affrontare la ritirata con una piccola epopea sotto la pioggia percorsa per buona parte a piedi in mezzo al fango. Gli orrori della guerra e le poche parentesi per rifiatare sono raccontate seguendo il filo narrativo del diario della protagonista, in seguito divenuta famosa come esploratrice soprattutto in Medio Oriente. Se, alla fine della ritirata, Freya ritrova vivi coloro che hanno condiviso con lei l’esperienza della guerra, più crudele si rivela il destino di Vera Brittain, alla quale il conflitto porta via il fidanzato (quasi subito, per mano di un cecchino sul fronte occidentale), alcuni amici e, infine, il fratello a cui è legatissima (sull’Altopiano di Asiago a nemmeno cinque mesi dall’armistizio): in un piccolo microcosmo si vede così riflesso l’effetto di una tragedia che ha davvero spazzato via una generazione d’europei. Nella più breve parte a lei dedicata, la futura pacifista è immaginata alcuni anni dopo la fine dei combattimenti, quando è in bilico tra il farsi sopraffare dal ricordo delle tragedie e il trovare in se stessa la forza di superarle. I ricordi del passato, basati sull’epistolario, vengono raccontati in una serie di flashback che rievocano i vecchi sentimenti che i lutti hanno troncato, mentre l’apertura di credito verso il futuro arriva con la decisione, supportata dall’amica Winifred Holtby, di visitare la tomba del fratello a Granezza. In tutto il libro si spande un tono di profonda tristezza, anche se gli autori riescono con delicatezza a evitare la trappola del piagnisteo (‘keep a stiff upper lip’, visto che di inglesi parliamo): tono a cui contribuiscono anche le numerose fotografie che ci restituiscono la giovanissima età di tutti i protagonisti (che avrebbero fatto volentieri a meno di essere tali).

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