Donne, madonne, mercanti e cavalieri
Saggistica
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Sei finestre sul Medioevo
Questo libro riporta i testi delle conferenze tenute dallo storico Alessandro Barbero al festival della Mente di Sarzana, nelle edizioni del 2011 e 2012. Vi sono contenuti sei ritratti di uomini e donne del Medioevo che possiamo conoscere perché i protagonisti di queste storie hanno lasciato delle testimonianze scritte, che lo storico di oggi può così studiare.
Barbero ha deciso di farci conoscere un frate francescano, Salimbene de Adam da Parma, un mercante, Dino Compagni, un cavaliere, Jean de Joinville e tre donne: Caterina da Siena, Christine de Pizan e Giovanna d'Arco. Mentre gli uomini descritti sono dei personaggi particolari soprattutto perché hanno scritto dei libri, le tre donne sono invece persone fuori dal comune, con un destino veramente diverso dalle altre donne loro contemporanee. Questa scelta risulta obbligata allo storico, perché nella società medievale i ruoli sociali sono ricoperti dagli uomini, le donne sono chiamate a sposarsi e a fare figli, non hanno di norma la possibilità di costruirsi un proprio ruolo, a meno che non si tratti appunto di donne eccezionali: e questo è sicuramente il caso di Caterina da Siena, di Giovanna d'Arco e di Christine de Pizan.
Riguardo a quest'ultima vorrei spendere qualche parola. Si tratta della meno conosciuta tra le tre protagoniste ricordate nel libro, ma è una figura veramente affascinante: una donna che tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento mantiene sé e la sua famiglia svolgendo un lavoro intellettuale, fa la scrittrice! Scrive un po' di tutto, trattati politici, ballate, pubblica anche un trattato sull'arte della guerra. E' la prima donna al mondo ad aver scritto un libro di storia. Ha origini italiane ma fin da piccola ha vissuto in Francia e scrive in francese. Christine inizia a riflettere sul ruolo della donna nella società del suo tempo, è stufa dei pregiudizi e delle discriminazioni di genere. Alla fine scrive “La città delle donne”, in cui vuole dimostrare l'importanza delle donne nella storia dell'umanità. Lei è una scrittrice, può fare una cosa del genere nel Quattrocento: ma come si diceva prima è un caso eccezionale.
Alessandro Barbero in questo piccolo ma prezioso testo dimostra tutta la sua bravura come divulgatore e professionalità come storico, facendoci di affacciare con lui alla finestra delle Storia e osservare per un po' la politica, la società, l'economia, le guerre, insomma, la vita nel Medioevo.
La lettura è estremamente piacevole, si tratta di un testo divulgativo e non diretto ad altri addetti ai lavori (storici) ma comunque rigorosamente ben documentato riguardo alle fonti studiate e conosciute benissimo da Barbero.
Non sempre la divulgazione deve essere sinonimo di superficialità, in questo libro al contrario la scorrevolezza e freschezza della prosa si coniuga perfettamente con l'approfondimento storico. Barbero insomma sa farsi capire dall'interlocutore, sa spiegare concetti, fatti, ragionamenti riuscendo a coinvolgere la platea o il lettore e facendolo anche divertire. Una grande dote per uno studioso, per un divulgatore, per un insegnante.
“Racconta Salimbene: la prima sera che sono entrato in convento, i francescani mi hanno dato una magnifica cena. A partire dal giorno dopo: solo cavoli. Ho mangiato cavoli tutti i giorni della mia vita. E Salimbene, signorino di buona famiglia, ben allevato, aggiunge: a me prima i cavoli facevano talmente schifo che non mangiavo neanche la carne, se era stata cotta con i cavoli. E da allora, invece, cavoli tutti i giorni.” p. 16
“E poi tante questioni si discutono e si decidono in assemblee aperte: un reduce del '68 o del '77 si sarebbe trovato benissimo nella Firenze di fine Duecento, perché a ogni occasione si convoca un'assemblea, e nell'assemblea tutti parlano, e poi quelli che parlano più forte vincono. Tutto si decide così, anche le cose che a noi sembra assurdo decidere in quel modo. […]
Per decidere rapidamente si convoca un'assemblea, e tutti possono parlare. C'è un palchetto con una ringhiera e gli oratori a turno salgono su questo palchetto e parlano, e Dino dice: bisognava decidere in fretta, la gente saliva lì e non la finiva mai di parlare. Bandino Falconieri non aveva niente da dire, però è venuto lì, ha tenuto la ringhiera «impacciata» mezza giornata, «e si era nei tempi più bassi dell'anno», cioè in novembre. Ecco come funziona la politica in questo mondo ancora semplice: i giorni sono corti, quando viene buio si va tutti a casa, non si continua a star fuori a discutere. A novembre, alle cinque del pomeriggio o hai deciso o è finita, è buio e non c'è più tempo. Sono limitazioni a cui noi non penseremmo mai, e invece questa gente nella concretezza della propria vita le ha ben presenti.” pp. 36-37
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Ecco il Medioevo visto da chi lo ha vissuto
Donne, madonne, mercanti e cavalieri è uno strano saggio storico, così diverso da quelli a cui ha abituato Alessandro Barbero, il cui talento e la cui competenza sono fuori discussione. Per comprendere meglio ciò che intendo dire mi avvalgo di un passo della sua introduzione all’opera in cui viene specificata la finalità della stessa; infatti Barbero scrive “Chi erano, come pensavano, come vedevano il mondo uomini e donne del Medioevo?”. Il compito che si è assunto lo storico torinese, cioè mostrarci come era la società dell’epoca, appare assai arduo, perché le fonti sono purtroppo limitate e i mezzi per la conoscenza sono quasi inesistenti; al riguardo, ricordo che la stampa all’epoca non c’era ancora e che quindi non esistevano i giornali, ma anche i libri erano pochi e con diffusione limitata, visto che dovevano essere scritti a mano, così come le loro copie, e che la carta come la conosciamo noi era ben diversa e costosa, insomma si ricorreva alla pergamena. Eppure, qualcuno ha lasciato ai posteri un’opera illuminante di cui si è avvalso Barbero per il suo lavoro e laddove questa non c’era , perché è appunto questo il caso di Giovanna d’Arco, analfabeta, ha attinto le indispensabili notizie dagli atti del processo a cui fu sottoposta. Aggiungo, inoltre, onde dimostrare ulteriormente le difficoltà incontrate, che gli scritti basilari non sono finalizzati a descrivere quanto si era proposto lo storico torinese, ma nei loro contenuti è necessario trovare ciò che interessa e proporlo all’attuale lettore, secondo un preciso filo logico che non venga mai meno allo scopo prefissato, magari arricchendolo di annotazioni, sovente velate di ironia, anche per rendere più agile e gradevole la lettura.
I personaggi, che inconsciamente ci descrivono il mondo medievale, sono tre uomini e tre donne, una giusta par condicio, soprattutto in un periodo storico che vedeva il massimo assoggettamento della femmina al maschio. Alcuni di questi soggetti sono famosi, altri meno, ma in ogni caso le notizie che ci forniscono sono tali da poter farci comprendere come era il mondo in cui vissero, un mondo in cui la religione aveva un aspetto predominante, con un Dio con la barba, cioè cattivo e vendicativo, tale da incutere terrore ai fedeli più sprovveduti, che erano la maggior parte. Inoltre, del resto come oggi, anche se in misura totalmente anelastica all’epoca, la società era rigorosamente classista, con i servi della gleba e i signori, cioè i cavalieri; in mezzo, sempre più importante, c’era una borghesia di medici, professori, artigiani, commercianti e banchieri che aveva l’aspirazione, consapevole dell’importanza delle sue funzioni, di decidere il destino di città, di sostituire nell’amministrazione dei comuni i nobili che, ovviamente, facevano di tutto per conservarla.
Ne esce il quadro di un medioevo non statico, ma che va progressivamente ad accentuare quel dinamismo che poi porterà all’età d’oro del rinascimento. È lecito chiedersi perché questi protagonisti hanno scritto le loro opere, in un periodo storico in cui ben pochi leggevano, ma credo che la spiegazione sia innata in ogni uomo: lasciare traccia di sé, cercare in tal modo di assicurare un surrogato di vita dopo la morte. A questi personaggi (frà Salimbene da Parma,
Dino Compagni, Jean de Joinville, Caterina da Siena, Christine de Pizan e Giovanna d’Arco) va riconosciuto il merito di essere riusciti a parlarci di un mondo ormai passato; ad Alessandro Barbero va il nostro plauso per essere riuscito a realizzare lo scopo di questo saggio, realizzando un’opera di grande interesse e di piacevole lettura.