Dispacci
Saggistica
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Il cuore oscuro dell'America
Affresco tremendamente reale dell'inferno vietnamita.
Libro da cui poi è stato tratto, uno dei più grandi capolavori (se non il più grande capolavoro) della cinematografia mondiale, del genio visioniaro di Stanley Kubrik "Full Metal Jacket".
Un libro, che come recita il titolo, è composto da una serie di articoli elaborati da un corrispondente di guerra, che suo malgrado si trova catapultato nella oscura, inaccessibile, tenebrosa e mortifera foresta vietnamita.
L'autore racconta in prima persona le fatiche immani, le sofferenze e le atrocità che hanno macchiato per sempre la coscienza di centinaia di migliaia, se non milioni di persone.
Ci racconta di come un paese asiatico sia stato completamente devastato, annientato da una forza esterna che ha usato ogni mezzo per cercare di portare a termine un conflitto che sin dall'inizio di preannunciava catastrofico.
Le pagine di questo libro trasudano sangue e sofferenza.
Alcuni passaggi sono un vero schiaffo in faccia, un cazzotto nello stomaco.
Gli elementi più brutali, sono quando vengono descritti i vari modi in cui si smembravano i nemici, oppure l'autolesionismo per tornarsene a casa mezzi impazziti. Intere colline e montagne completamente rase al suolo o devastate per stanare il nemico.
Centinaio di migliaia di soldati completamente allo sbando nella giungla impenetrabile.
Un conflitto che ha coinvolto civili, bambini, donne, anziani, animali....non ha risparmiato nulla e nessuno.
Naturalmente la propaganda si faceva forte con il classico "esportiamo la democrazia", che poi in definitiva non era altro che dire: esportiamo un po di morte e distruzione. Ci sono riusciti.
Indicazioni utili
Paura e Delirio in Vietnam
Dopo due grandi reporter italiani che hanno tratteggiato l’aspetto tecnico, giornalistico, politico e filosofico del conflitto Vietnamita volevo qualcosa di diverso. Qualcosa che mi mettesse in un'altra prospettiva. Normalmente il reporter di guerra è colui che raccoglie testimonianze dirette partecipando alle missioni o in maniera indiretta tramite testimonianze, per poi farne dei reportage ... Ma questo punto di vista è sempre “esterno” da osservatore. Solo fatti e impressioni più o meno a caldo.
“Dispacci” invece è qualcosa di diverso. Potrei definirlo uno psichedelico viaggio onirico nella psiche di un reduce. Herr non è un soldato è anche lui un inviato, ma un inviato che sceglie di partecipare al conflitto, di entrarci dentro e viverlo . Il romanzo si potrebbe definire una pietra miliare. Musa ispiratrice di capolavori sul argomento: “Apocalypse now” “Full metal Jacket” di cui Her fu consulente e co-sceneggiatore .
Rimase in Vietnam del sud per circa diciotto mesi, dal 1967 al 1969 partecipando a svariate missioni come corrispondente; ma non poté, in più d’una occasione, tirarsi indietro dal imbracciare il fucile. Un testo potente e delirante che disorienta!
Si fatica a seguire i ricordi le tragedie e le sensazione di tutti quei ragazzini (età media 21 anni ) che svilupparono non solo un loro linguaggio ma direi una vera e propria cultura generazionale parallela con un suo stile di vita e filosofia. Condividendo con questi ogni momento della giornata ogni paura e ogni gioia, Herr affronta il suo anno e mezzo annegando le esperienze con oppio, alcool e marijuana, viaggiando da un avamposto al altro , da una città all’ altra, addentrandosi sempre di più in quel lato oscuro del essere umano che diventò poi la “Sindrome da guerra del Vietnam” . Va detto però che lo scrittore seppe cogliere non solo questa tetra oscurità. Come sempre ogni estremo ha il suo opposto, esattamente sul altro versante si trova una dolcezza e una compassione quasi irreale. Impossibile sentire le storie di questi ragazzini e non provare un moto di compassione e tenerezza, impossibile non essere sedotti dalla tentazione di perdonarli nonostante gli scempi compiuti . Perché una volta letto e entrato anche solo in minima parte in contatto con la condizione di vita di questi soldati la prospettiva cambia e la linea di confine della moralità si sposta conquistando nuovi territori in prospettiva ai fatti narrati.
Questo testo non tratta il giusto o lo sbagliato, non tratta l’aspetto tecnico militare e politico. Questo libro è un ammasso di ricordi che si susseguono. Sono i ricordi buttati su carta nel tentativo di esorcizzare un esperienza che ha cambiato un intera generazione di ragazzini vittime loro stessi . E tramite questi ricordi, che si dipanano senza un ordine cronologico Herr ci racconta il vissuto di quei bambini che giocavano alla guerra. Nonostante questo modo di esporre i suoi ricordi, confuso e allucinogeno, ho grandemente apprezzato l’opera e devo ammettere che la scelta di Herr di non sposare una causa ma semplicemente di farne parte, per raccontare la prospettiva umana dei soldati, è stata una scelta azzeccata.
Un consiglio: mettevi le cuffie, fatevi una bella play list e andate di Rolling Stone, Jimmy Hendrix, The Doors e tutti i grandi del periodo. Il viaggio nel tempo è garantito . E sono convinto che anche questi artisti li vedrete sotto un'altra luce.