Saggistica Storia e biografie Brasile. Terra del futuro
 

Brasile. Terra del futuro Brasile. Terra del futuro

Brasile. Terra del futuro

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Allo scoppio della guerra nel 1939, Stefan Zweig dovette lasciare l’Inghilterra che lo aveva dichiarato, in quanto austriaco, ospite non gradito. Ebbe così inizio la terza fase della sua vita, alla ricerca di un posto oltreoceano in cui ricostruire la propria esistenza. Quel luogo sembrò essere il Brasile. Nonostante il primo impatto, avvenuto nel 1936, lo avesse indotto a dichiarare di averla trovata una terra “priva di interessi per lo spirito”, lo scrittore in seguito si ricredette e si stabilì a Petropolis, vicino a Rio de Janeiro. Scritto fra il Brasile e New York nel ’41, Brasile. Il paese del futuro passa in rassegna la storia del paese dal 1500 fino al 1940, la sua economia e la cultura, fornendone una visione piena di amore per la sua natura solare e ancora vergine, esempio di speranza per il futuro e modello per l’intera umanità. I politici locali lo accolsero come una celebrità e gli riservarono i funerali di Stato.



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Brasile. Terra del futuro 2013-12-23 17:53:21 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    23 Dicembre, 2013
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Brasile

L'ultima terra in cui dimorò Stefan Zweig, autore dai natali austriaci, fu il Brasile e proprio a questa terra egli dedicò un saggio dai connotati davvero interessanti.
Correva l'anno 1941 quando la penna dell'autore fissava in maniera precisa e poetica le immagini di un Brasile meta di immigrati che dal vecchio continente approdavano alla ricerca di un briciolo di fortuna.

L'opera inizia con una suggestiva ricostruzione della storia del Brasile dalla sua scoperta risalente al 1500; si succedono pagine ricche di nozioni storiche, politiche, antropologiche e culturali di grande interesse. Questa parte costituisce il corpo più propriamente saggistico dell'opera, accompagnando il lettore in una ricostruzione precisa ma mai tediosa, ripercorrendo tutte le fasi dei cicli produttivi succedutisi in terra carioca dalle origini al '900.
Molto ben narrate le varie epopee, dal legname pregiato, alla canna da zucchero, all'oro, alla gomma, al caffè, sviscerando cause ed effetti dell'evoluzione continua di questo paese dall'enorme vastità territoriale.
Dopo aver completato il quadro, Zweig esce dai binari imposti dal rigore saggistico, per incanalare il suo stupore e la sua approvazione per questo paese in un flusso narrativo caloroso e sentito; Zweig ha amato questa terra così lontana dall'Europa che lo ha accolto, egli ne rimase inebriato come testimoniano le pagine ricche di descrizioni e di sensazioni dedicate a Rio e a San Paolo.
Qua, la voce di Zweig è quella di un narratore, con una prosa delicata, elegante ma pervasiva, capace di arrivare alla vista, all'olfatto e al tatto di coloro che leggono.
Scorrono cartoline dal colore seppia su cui sono impresse immagini datate anni '40 del secolo scorso, testimoni mute di un Brasile dalle spiagge dorate battute dai profumi dell'oceano, vegetazioni ricche di frutti e colori, chiese dall'architettura coloniale.
Eppoi i volti, i costumi e le abitudini di un popolo dalle radici multi-etniche, dove le culture differenti si sono fuse e stratificate per condividere una convivenza sullo stesso territorio.

In numerosi punti della narrazione, Zweig si espone nel lanciare pronostici sullo sviluppo futuro del Brasile, tenendo conto dei passi da gigante mossi dalla sua economia e delle enormi potenzialità offerte dal territorio; queste valutazioni, rilette oggi, quando oramai il Brasile risulta essere una delle potenze economiche mondiali, fanno dell'autore un lungimirante e, forse, hanno fatto scattare la molla per la riedizione del presente saggio, persosi per decenni nei vicoli oscuri dell'editoria.

Stefan Zweig fu un grande viaggiatore, il Brasile fu l'ultimo paese da lui visitato e in cui si spense tragicamente la sua vita.
Resta al pubblico in eredità un lavoro pregevole, che non pretende di assumere connotati di esaustività enciclopedica, ma rimane una buona fonte per scoprire il passato del paese sudamericano visto attraverso gli occhi di un europeo che visse a cavallo tra '800 e '900.

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