Avanti, Savoia
Saggistica
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Avanti, ma più spesso indietro
“Una pioggia di decorazioni avrebbe successivamente cercato, trincerandosi dietro l’eroismo dei singoli, di nascondere le responsabilità dei Comandi. Sarebbe così nata la consuetudine dell’esaltazione dei caduti, che cancellando gli errori dalla memoria storica del paese gli avrebbe impedito di trarne i necessari insegnamenti, e consentito alle classi dirigenti di rivolgere l’accusa di nemico della patria a chiunque osasse criticare l’operato dei vertici militari.”
Queste lapidarie parole sono le conclusioni che Gianni Rocca trae alla fine di questo saggio storico che, se non dice nulla di radicalmente nuovo, ha però il pregio di evidenziare i motivi per i quali nelle nostre tre guerre d’indipendenza
non solo non riuscimmo ad arrivare a determinanti vittorie, ma furono costellate da una serie di confitte, spesso vergognose. E fu buon per noi se ottenemmo almeno in parte gli scopi prefissati, grazie ai successi dei nostri alleati. Non si discute sul coraggio dei nostri soldati, sempre presente tranne rari normali casi, si pone invece il dito sulla frequente disorganizzazione e impreparazione, sul basso livello degli alti comandi, spesso caratterizzati da menefreghismo, o peggio ancora, da pavidità e da invidie reciproche. Se in fin dei conti la sconfitta nella prima guerra di indipendenza poteva essere giustificata da un esercito sabaudo di non adeguate dimensioni, certi episodi avrebbero dovuto dare luogo ad approfondimenti, onde non cadere ancora nello stesso errore. Ci fu il tradimento, o meglio la disobbedienza agli ordini ricevuti da parte del generale Gerolamo Ramorino, che ebbe il suo peso nella sconfitta patita a Novara, e che pagò con la morte mediante fucilazione, ma non si colse, o non si volle cogliere, la necessità di preparare al meglio gli ufficiali di rango superiore, senza che il loro unico merito fosse quello di essere dei nobili piemontesi. Andò un po’ meglio nella seconda guerra di indipendenza, laddove a San Martino fermammo l’avanzante ala destra austriaca, sostenendo così al centro i francesi che colsero una grande e sanguinosa vittoria a Solferino. Le pene più grandi, però, vennero dalla terza guerra di indipendenza, con un’altra sconfitta sul campo a Custoza, con due comandanti in campo che non si intendevano (generali Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini), con la solita impreparazione, particolarmente accentuata dalla mancata conoscenza delle posizioni e della consistenza delle forze avversarie, e con un pressapochismo che avrebbe potuto trasformare una sconfitta in una disastrosa ritirata, visto che non era stato stilato un piano per questa eventualità e che non ci fu il tracollo solo perché gli austriaci, stanchi della giornata, preferirono non insistere nell’attacco. E infine, ciliegina sulla torta, il dramma di Lissa, con la nostra fortissima squadra navale comandata dall’inetto Carlo Pellon di Persano, quasi fatta a pezzi dalla più modesta flotta austriaca ben condotta dall’abile e ardimentoso Wilhelm von Tegetthof. Per fortuna che vinsero i nostri alleati Prussiani, così che l’Austria ci cedette il Veneto, per il tramite della Francia, come era accaduto per la Lombardia nella seconda guerra di indipendenza, insomma un esplicito riconoscimento delle nostre scarse virtù belliche.
Rocca ha eseguito un lavoro molto accurato e così emergono chiare le nostre carenze, che non mancano nemmeno in occasione della spedizione dei Mille, ma che non possono essere imputate a Garibaldi, bensì all’esercito piemontese.
Avanti, Savoia! è un libro di gradevolissima e utile lettura.