Saggistica Storia e biografie 1913. L'anno prima della tempesta
 

1913. L'anno prima della tempesta 1913. L'anno prima della tempesta

1913. L'anno prima della tempesta

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Il 1913 è l'anno chiave del Novecento, l'anno che avrebbe plasmato tutto un secolo. A dispetto dell'incombente tragedia - lo scoppio della prima guerra mondiale -, cento anni fa si manifestarono un fermento e una fecondità di opere e di talenti senza pari. La letteratura, l'arte e la musica sono ancora estranee alla perdita dell'innocenza che l'umanità avrebbe sperimentato di lì a poco, e tutto sembra possibile. Così, mentre Franz Kafka arriva quasi a impazzire d'amore, Ernst Ludwig Kirchner disegna le cocotte di Potsdamer Platz; Virginia Woolf ha pronto il suo primo libro mentre Robert Musil consulta un neurologo; Thomas Mann pensa alla Montagna magica e Oskar Kokoschka compra una tela grande quanto il letto dell'amata Alma Mahler; Igor Stravinskij festeggia la prima assoluta di Le sacre du printemps e incontra la sua futura amante, Coco Chanel; D.H. Lawrence fugge con la donna che gli ispirerà il personaggio di Lady Chatterley; Picasso e Matisse vanno a cavallo insieme; Freud e Jung incrociano le spade; Louis Armstrong si esibisce per la prima volta in pubblico e Charlie Chaplin firma il suo primo contratto con una casa cinematografica; Prada inaugura a Milano la sua prima boutique; Ernst Jünger, diciotto anni, fa le valigie e parte per arruolarsi nella legione straniera; montando la ruota anteriore di una bicicletta su un comune sgabello da cucina Marcel Duchamp compie la grande rivoluzione concettuale del Novecento; ad Augusta un arguto quindicenne di nome Brecht scrive su una rivista studentesca. A Monaco, un uomo venuto dall'Austria dipinge acquerelli con le vedute della città e cerca di venderli. Si chiama Adolf Hitler.



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1913. L'anno prima della tempesta 2023-09-21 10:22:42 lego-ergo-sum
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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    21 Settembre, 2023
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Tra lettere, sgabelli e riarmo

L’autore procede per istantanee, brevi paragrafi, a volte poche righe, su personaggi ed eventi del 1913, l’anno che precede il primo conflitto mondiale. Da germanista, il suo sguardo è attratto in particolare dalla cultura tedesca. Chi cerca riferimenti alla cultura italiana, dovrà accontentarsi di sporadici accenni a De Chirico e D’Annunzio (quest’ultimo in negativo).
Al centro di questa galassia c’è Freud, di cui si colgono più le inquietudini professionali e i difetti personali che i contenuti della sua rivoluzionaria ricerca: vive male gli attacchi che Jung rivolge alla sua teoria sulla libidine, teme di essere messo in minoranza nell’imminente congresso della Società psicoanalitica, fa la figura del medico venale quando pretende di essere pagato dalla vedova di Mahler per aver passeggiato con il defunto musicista. Anche passeggiando si può psicanalizzare…
Ed ecco Schnitzler, l’autore di Doppio sogno, che sembra un alter ego letterario del dottor Sigmund, tanto che questi ha una certa ritrosia ad incontrarlo, come se temesse di guardarsi allo specchio. Tutto da studiare con la lente di Freud il rapporto tra Kafka e Felice Bauer, quella fluviale produzione di lettere con cui l’autore della Metamorfosi dichiara a Felice di volerla sposare ma contemporaneamente enuncia i motivi per cui non le converrebbe farlo. Di qui la lettera al padre, meno celebre ma non meno significativa dell’altra, che in realtà è indirizzata al suocero e ripropone gli stessi contenuti contraddittori, lo stesso volere e non volere, lo stesso proporsi e sperare in un rifiuto.
E’ la volta di Kokoschka, folle d’amore e di gelosia per Alma vedova Mahler, che gli promette che lo sposerà quando avrà dipinto un vero, grande capolavoro. E il capolavoro arriva, è La sposa del vento, tra le più grandi prove dell’espressionismo tedesco, ma Alma è già sposa di un altro ed è sfuggita alla passione morbosa, distruttiva e autodistruttiva, del grande artista.
Intanto le avanguardie si inseguono, finché, in questo fervido 1913, non si aprono le porte della modernità con la Ruota di bicicletta di Duchamp, una ruota di bicicletta fissata ad uno sgabello, e con il Quadrato nero di Malevic.
Dunque gli artisti e gli intellettuali del tempo sembrano più presagire la catastrofe che sta per arrivare con la loro attività febbrile, il continuo rinnovarsi della loro arte, le loro ansie, le fobie, i complessi e le lacerazioni radicati nel profondo della loro psiche, che non averne una chiara e razionale percezione.
I segni dell’imminente disastro si riscontrano in altre vicende che Illies lascia cadere tra le sue istantanee, ma che sono assai più rivelatrici: il riarmo su tutti i fronti, l’elevazione degli effettivi dell’esercito tedesco da 117.000 a 661.000, la caccia ai disertori in Austria –Ungheria. Tra i renitenti alla leva c’è Hitler, che soggiorna in una pensione di Monaco, dipinge acquerelli fuori moda, s’infervora quando si parla di politica e professa sin d’ora il suo odio per le minoranze etniche, compresi gli ebrei. Forse lui e Stalin si sono incontrati a Schonbrunn, ma per il momento non sono loro i protagonisti. Si stanno preparando. Ed infine, piccolo colpo di genio. Sul finire, l’autore riporta due poesie pubblicate in quello scorcio conclusivo dell’anno. La prima è sul Natale in una grande città. Termina con una frase di Schnitzler :”Tutti noi recitiamo. Bravo è chi lo sa”. La seconda porta il titolo di San Silvestro ed è un auspicio :”Della guerra mondiale la melodia/ funesta risuoni sempre più lontana./ Sfumi anch’essa in armonia/ come il rintocco di una campana”. Il 1913 sta ormai per finire e il presentimento di ciò che avverrà si esprime attraverso un ingenuo augurio di pace. Pochi mesi ancora e a parlare saranno le armi.
Racconto-saggio ben scritto, non privo di eleganza e di ironia, che sicuramente arricchisce il lettore medio di conoscenze e lo aiuta a mettere in correlazione temporale fatti ed episodi distinti, realizzando un interessante quadro d’insieme.

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Si consiglia di leggere o rileggere gli autori citati e di consultare un buon manuale di storia dell'arte.
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1913. L'anno prima della tempesta 2018-04-04 13:44:27 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    04 Aprile, 2018
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L’ultimo anno della Belle Époque

Il 1913 è l’anno che precede quello dello scoppio del primo conflitto mondiale ed è anche l’anno in cui finisce la Belle Époque, quel periodo di inebriante vivacità in cui tutto sembrava possibile e che sarà spazzato via dalla Grande Guerra. Florian Illies, un giovane storico dell’arte tedesco, ha voluto ripercorrere il 1913 dal primo gennaio al 31 dicembre, elencando, in ordine cronologico (l’opera è divisa in tanti capitoli quanti sono i mesi) vicende, notizie, anche chiacchiere che si susseguono, soprattutto in Europa, e che hanno come protagonisti artisti, letterati e scienziati. Ci sono personaggi dall’improvvisa ed effimera apparizione e altri invece che l’autore seguirà per tutto l’anno, in un turbine, peraltro ben ordinato, di accadimenti anche di modesta rilevanza, ma che sono utili per comprendere meglio il carattere di chi ne è parte. Se l’aspetto storico è predominante, ciò non evita di lasciare spazio a una innocente fantasia e che vuole essere anche tale nelle intenzioni di Illies, come quando lancia l’ipotesi che Stalin e Hitler, entrambi presenti a Vienna in quel periodo e amanti di lunghe passeggiate al parco di Schönbrunn abbiano avuto magari l’opportunità di incrociare i loro passi, in pratica di vedersi, proprio loro protagonisti e nemici nella storia del secondo ventennio del secolo scorso. Sono tanti i personaggi che si affacciano sulla scena e del resto non si deve dimenticare che la Belle Epoque fu un periodo proficuo per le arti e per la scienza e così sul palcoscenico si affacciano Freud perennemente in lite con Jung, il timido Franz Kafka, uno scrittore che scopre una sua naturale inclinazione sessuale, vale a dire Thomas Mann, uno spiantato irlandese che vive dando lezioni di inglese a Trieste e che risponde al nome di James Joyce, Robert Musil, che perde il posto da bibliotecario per un accertato disturbo mentale, ma che così avrà tanto tempo a disposizione per poter scrivere “L’uomo senza qualità”, Gabriele D’annunzio, in perenne fuga in quanto inseguito dai creditori, e una miriade di artisti, di intellettuali che qui sarebbe impossibile anche solo nominare. Gli episodi, gli aneddoti sono innumerevoli e hanno il pregio di essere descritti dall’autore con leggerezza e ironia, il che rende la lettura per nulla affaticante e particolarmente gradevole. Si potrebbe anche dire che Illies mescola abilmente il sacro al profano, arte e pettegolezzi salottieri, grande storia e particolari di miserie vissute da grandi protagonisti del secolo nel bene e nel male. Ne esce un campionario di varia umanità, capace di far rivivere un’epoca, anzi la Bella Epoca, quella che da lì a poco, nel corso dell’anno successivo si sfalderà con le prime carneficine sui fronti occidentale e orientale, con quella tempesta di fuoco e di acciaio che strapperà le illusioni dell’umanità, richiamandola brutalmente a una realtà di lacrime e sangue.
Ci si domanda solo se il 1913 sia stato un anno particolare, un anno da ricordare per qualche cosa di eccezionale e la risposta è che fu solo l’anno prima della tempesta, l’ultimo anno della Belle Époque .
Da leggere, ne vale la pena.

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1913. L'anno prima della tempesta 2014-06-19 21:04:52 luvina
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luvina Opinione inserita da luvina    19 Giugno, 2014
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L'anno prima della tempesta

Quest’anno ricorre il centenario dell’inizio della I^ guerra mondiale, ho deciso perciò di leggere questo saggio da poco uscito che racconta la vita culturale e giornaliera nelle città europee più all’avanguardia del tempo durante l’ultimo anno di pace prima della catastrofe: il 1913.
Le città in questione sono Parigi, Berlino, Vienna, New York, Praga, Monaco ma anche Venezia mentre non ci sono Roma né Torino allora troppo provinciali (anche adesso per la verità).
Sono città percorse da grandi eventi culturali, da fermenti artistici e da personaggi che segnarono tutto il XX secolo con le loro opere arrivando ai nostri giorni. Nel libro il 1913 inizia con un colpo di pistola nella notte di Capodanno a New Orleans ( a sparare fu Louis Armstrong) e si chiude con un’annotazione dal diario di Arthur Schnitzler del 31 dicembre; nel mezzo ci sono 12 capitoli ognuno col nome di un mese.
Veniamo catapultati nel clima di quell’anno così particolare scoprendo le vite comuni dei maggiori esponenti dell’arte e della psicanalisi, i loro amori, le invidie, le ripicche, i successi; vengono fuori dalle pagine magnificamente caratterizzati personaggi come Franz Kafka, Freud, Jung, Thomas Mann, Rilke, Stalin, Hitler, Picasso, Rudolf Steiner, Schnitzler, Wittgenstein, Musil e molti altri. Si viene a contatto con le maggiori avanguardie artistiche come il surrealismo, il cubismo, il futurismo (ma anche già col loro superamento), con Coco Chanel e Prada che aprono i loro primi negozi , con Virginia Woolf, con le battute di caccia del Kaiser e di Francesco Ferdinando che non sapeva di avere ancora un anno di vita.
Il 29 maggio 1913 si tenne la prima de “Le sacre du printemps” di Igor Stravinskij che segnò una delle vette più alte mai raggiunte dal balletto classico nata dal sodalizio artistico e sentimentale tra Vaslav Nijinsky e il coreografo Djagilev.
Nel frattempo il Reichstag, il Parlamento tedesco, vota un aumento degli effettivi nell’esercito di 500.000 unità mentre la maggior parte degli intellettuali era convinta che non ci sarebbe stata più alcuna guerra.
“Un’ondata di modernità”, un grande fermento pervadevano quel 1913 al punto da far impallidire questi nostri anni nei quali invece, nonostante il progresso, non ci si appassiona più, tutto è effimero, nulla di veramente nuovo o innovativo viene creato in campo artistico, siamo avvolti su noi stessi: è questo il tramonto dell’occidente? L’idea allora ricorrente era che dopo una guerra c’è la rinascita, “la guerra come levatrice della Storia” ciononostante viene inaugurato il Palazzo della Pace all’Aia che è oggi la sede del Diritto Internazionale.
Noi cittadini del XXI secolo siamo portati a pensare al passato come a qualcosa di antico e anacronistico, ma leggendo questo libro si scopre con stupore che nel 1913 le lettere arrivavano in giornata quasi come sms, che avvenivano stragi familiari o nelle scuole simile a quella di Columbine, che si viaggiava molto e ci si spostava anche per le vacanze senza aerei, che i matrimoni erano quasi tutti falliti e c’erano molte storie omosessuali dichiarate.
Nel complesso questo è un saggio godibile con sprazzi di autentico humour anche se risulta alla fine un po’ troppo germanocentrico ma a dire il vero agli inizi del XX secolo la Germania primeggiava in tutti i campi; la lettura è solo un po’ appesantita perché ogni riferimento a persone è accompagnato dall’indirizzo ed è tutto un susseguirsi di numeri e ..stra§e
-E’ la vecchia storia nota a tutti, che per un periodo è stata definita progresso e poi decadenza…-

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