Una storia che non possiamo raccontare
Saggistica
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Stephen Grosz si è formato nelle università di Berkeley e Oxford. Insegnante di Teoria psicoanalitica all'University College London, è psicoanalista da venticinque anni. Le sue storie sono apparse sul «Financial Times» e su «Granta». Una storia che non possiamo raccontare, il suo primo libro, ha riscosso un enorme successo in Gran Bretagna ed è stato tradotto in quattordici Paesi.
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Una storia che non possiamo raccontare di Stephen
Se non ti perdi, non puoi ritrovarti!
Questo saggio, narrando le storie di numerosi pazienti di uno psicanalista, racconta la storia di ognuno di noi: le nostre angosce, i nostri problemi, i disagi.
Sono storie che rappresentano un’ umanità che si confronta con le cose della vita: l’amore l’amicizia, la malattia, la genitorialità, la sofferenza e la morte.
Ci parla del nostro desidero di comunicare, di comprendere e di essere compresi, per questo parla di ascolto: non solo delle parole altrui, ma anche e soprattutto dei loro silenzi.
Il tema del saggio è anche la capacità di affidarsi all’altro, abbandonandoci, per lasciarci aiutare.
E’ un libro sul cambiamento, che ci vuole dare l’opportunità di modificare il nostro sguardo sul mondo ed è anche un libro sulla perdita, intimamente collegata al cambiamento stesso ( “Se non ti perdi, non puoi ritrovarti!”).
Solo avendo il coraggio di affrontare i nostri problemi a viso aperto, possiamo tentare di superarli.
E’ un libro che racconta di Peter e del suo bisogno di sconvolgere gli altri, godendo nel causare loro angoscia e sofferenza; di Lily,che pensa che gli altri non credano ai suoi sentimenti, dell’importanza di essere presenti nella vita dei nostri bambini e dei nostri amici, perché capiscano di essere degni delle nostre attenzioni e del nostro amore. Narra la storia di Matt, che nella vita ha sempre messo a tacere le emozioni dolorose; di Philip, che utilizza la menzogna per tenere legate a sé le persone; di Michael, che si allontana dalla persone che lo amano, perchè chi ti ama pretende troppo da te. Narra la storia di Francesca (molto diffusa fra le donne), che finge di non vedere i tradimenti del marito, per non vedere tutto il suo mondo andare in pezzi; di Joshua, che non accetta il suo ruolo di padre, perché la nascita del figlio ha allontanato la moglie da lui (la storia di molti padri di oggi). Parla dell’invidia che alcuni genitori a volte provano della vitalità, della gioia e del potenziale ancora da sviluppare dei propri figli, della voglia di alcune madri che i figli adulti dipendano ancora da loro, per sentirsi vive, a causa di una paura straziante della solitudine.
Alcune frasi, o espressioni, che mi sono piaciute:
“Quando non riusciamo a narrare la nostra storia, è la nostra storia a narrare noi”;
“Tutti resistiamo al cambiamento perché il cambiamento è perdita. Ma se non accettiamo qualche perdita, rischiamo di perdere tutto”;
“Mi sembra talmente presa dal futuro, che la sua vita in questo momento, nel presente, non la tocca nemmeno”;
“Quando amano, non desiderano, e quando desiderano, non possono amare” (Freud);
“Ogni pena può essere sopportata se la si narra, o se ne fa una storia” (Karen Blixen).