Saggistica Scienze umane Un serpente in ufficio. Diario di un mobbing mancato
 

Un serpente in ufficio. Diario di un mobbing mancato Un serpente in ufficio. Diario di un mobbing mancato

Un serpente in ufficio. Diario di un mobbing mancato

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Un serpente in ufficio è l’analisi psicologica di un tentato mobbing orizzontale in un servizio sociale territoriale. Protagonista del diario, Anna, Psicologa, sopravvissuta al progetto di mobbing orizzontale nei suoi confronti da parte di Rachele, Assistente Sociale. Le due figure antagoniste si muovono fra realtà e fantasia, in un susseguirsi di grotteschi colpi di scena. Con Rachele al centro della vicenda, vengono scandagliate tutte le fasi della relazione disfunzionale mobber ‐ mobbed e le strategie mobilizzanti messe in atto nei confronti della protagonista. Descrivendo il profilo di personalità del mobber, vengono evidenziati molti degli aspetti psicopatologici che entrano in gioco in un progetto di mobbing.



Recensione della Redazione QLibri

 
Un serpente in ufficio. Diario di un mobbing mancato 2013-10-22 20:29:32 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Ottobre, 2013
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Il perverso narcisista

Anna, psicologa nel settore della tutela dei minori ha a che fare per lavoro con Rachele, un'assistente sociale affetta da narcisismo patologico, che in gergo professionale viene definito narcisismo perverso. Nel libro viene descritto il braccio di ferro tra Anna e Rachele nelle sue diverse fasi che passano da un'idillio iniziale in cui Rachele cerca di "sedurre" la vittima, una fase parassitaria in cui Anna, consapevole, accetta di lavorare con l'appoggio di Rachele pur facendo buona parte del lavoro per non mettersela contro e una fase manifestamente aggressiva in cui i nodi vengono al pettine e la relazione tra le due diventa non solo di scontro aperto ma dannosa per gli utenti che ci vanno di mezzo. La personalità di Rachele viene analizzata alla perfezione da Anna/Paola che ne fa una relazione chiara e comprensibile anche ai non addetti ai lavori (come me). Il libro anche se scritto con un linguaggio abbastanza tecnico è infatti accessibile a tutti e comprensibilissimo.
Mi sarebbe piaciuto però trovare un'analisi più dettagliata dell'ambiente di lavoro in cui il Direttore dell'Area ha grosse, enormi responsabilità che non possono essere mascherate e coperte dicendo che è nella fase di parassitismo. Un po' comodo, mi pare!
Credo che Anna/Paola nella sua analisi se ne rende ben conto ma diplomaticamente è più interessata a smascherare l'odiata Rachele che a puntare il dito su altre persone corresponsabili analizzandone più a fondo il comportamento, dedicando loro lo stesso spazio riservato alla nemica Rachela. In più c'è da dire che in genere nel mobbing l'aggressione da parte di un collega pari grado è un problema, ma è un problema minore rispetto all'accerchiamento, al fatto che per motivi vari, in genere di interesse, gli altri colleghi fanno fronte comune con il mobber facendo perdere alla vittima la percezione esatta della realtà delle cose. In questo caso Rachele stava sullo stomaco a molta gente. Perciò, quello che rimprovero a questa gente è il non avere provato a fare fronte comune non per una comune antipatia ma per il bene degli utenti. Alcuni esempi riportati sono davvero gravissimi. Certo, Anna ha dovuto subire l'attacco della sgradevole, velenosa collega ma non è una pinco pallina qualunque incapace di difendersi. E' una psicologa e brava. Quindi mi aspetterei da lei un contrattacco all'americana in cui riesce in qualche modo nell'ardua impresa, quasi impossibile, di mettere il mobber di fronte a uno specchio mettendolo in crisi. Invece questo non accade. Forse sono cose che succedono solo nelle favole e nei film americani. Ma non riesco a vedere come una vittoria di Anna l'avere cambiato ambiente di lavoro. E gli utenti in balia di Rachele? Non so ... Anche la dichiarazione di Anna che il perverso narcisismo non ha una buona prognosi anche se trattato ...
Io sono cresciuto leggendo Adler, perciò quello che mi aspetto da un testo di psicologia è un po' di speranza per tutti e di comprensione delle cose. Il fatto che dopo anni di lavoro comune Anna scriva un libro sull'odiata Rachele smascherandone tutte le nefandezze lo vedo come un'altra sconfitta di Anna: nei confronti della collega ha assunto il ruolo di vittima rinunciando a quello riparativo di terapeuta. E' vero non è mai stata la sua terapeuta ma possibile che su certe dinamiche si possa giocare solo in difesa? Anche una psicologa? Il veleno di Rachele pervade l'analisi di Anna del caso clinico. Rachele è definita "il serpente a sonagli".
La cosa è perfettamente comprensibile ma il distacco esibito nell'assoluto controllo delle sue reazioni da parte di Anna viene smentito dalla mancanza di serenità che traspare dalla sua analisi del tutto priva di clemenza verso il nemico. Non sarebbe stato meglio fare una bella spiazzata alla collega, in una di quelle situazioni odiose in cui l'assistente sociale ha messo in pericolo gli utenti, andare dal responsabile di area, dirgliene quattro e poi una volta buttato fuori il rospo cercare di depurarsi dall'odio, dal nervosismo, dalla frustrazione, dirsi "Ok, le ho provate tutte" e cercare di vedere le cose con gli occhi di Anna? Occhi sereni e non offuscati dal veleno? A me sembra che il libro sia stato scritto sotto effetto (troppo sotto effetto) del veleno di Rachele nonostante il tono professionale e distaccato. Spero che Anna si riprenda presto, e che se le dovessi ricapitare una situazione simile (spero di no), questa volta giochi d'attacco. Chi scrive non è psicologo ma conosce sul campo certe dinamiche.

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Consigliato a chi ha letto...
A chi lavora in un ufficio e vuole capire meglio alcune dinamiche patologiche.
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