Ogni bambino ha un grande talento
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Ogni bambino ha un grande talento
“Esiste una sola scuola: quella del talento” diceva lo scrittore russo Vladimir Nabokov, ed è quella delle passioni che tutti i bambini hanno dentro. Il segreto per renderli felici è lasciarli liberi di coltivarle, senza forzature o aspettative eccessive.
Spesso i genitori proiettano sui figli le proprie aspirazioni, perché almeno lui possa eccellere là dove loro hanno fallito. Ma ogni bambino ha il proprio talento: è un individuo con un bagaglio di sogni e aspettative personali, diverse da quelle di ogni altro. Il nostro compito è quello di capire quali sono le sue vere inclinazioni e valorizzarle.
Il talento è un punto di forza, un ambito in cui un piccolo se la cava bene, ma non sempre è un’eccellenza. Può diventarlo con la pratica, ma di base la sua non è genialità, è solo una propensione naturale (lo rivela la parola talento, che deriva dal greco tàlanton: “bilancia”). Quello che noi possiamo fare è insegnargli l’impegno, la tenacia e la voglia di riuscire, di non mollare al primo ostacolo.
Thomas Edison, l’inventore della lampadina, diceva che il genio è fatto per l’1% di ispirazione e per il 99% di traspirazione, quindi per sviluppare il proprio talento l’impegno è fondamentale.
Dobbiamo lasciare a nostro figlio la libertà di dirci e di farci capire quali sono le attività che lui ama, senza costringerlo a fare ciò che vorremmo noi.
Di fronte alle forzature e alle imposizioni di un genitore un figlio si ribella, scappa o finisce per odiare quello che fa. Dobbiamo anche cercare di non ossessionarlo a collezionare traguardi: più è piccolo, più va protetto, senza pretenderne la perfezione (che non è una dote di questo mondo).
Nei bambini la soglia di tolleranza alla frustrazione è più bassa rispetto a quella degli adulti e gli sbagli per lui non sono mai piccoli: ogni errore rischia di trasformarsi in un fallimento.
E quando si impegna con tutte le sue forze dobbiamo dirgli “Hai lavorato bene” e non “Bravo”, in modo che impari a valorizzare l’impegno e non a legare l’errore alla sua persona, ma all’attività che ha svolto. Nostro figlio, come ognuno di noi, vuole essere visto e amato per ciò che è, non per quello che dovrebbe essere.
I geni erano perlopiù scolari frustrati, disadattati, anticonformisti e sono riusciti proprio perché non si sono accontentati di seguire la massa: sono stati se stessi e hanno soddisfatto le proprie esigenze. Al contrario, gli “high performers”, si rivelano molto spesso delle schiappe, fallendo sul piano professionale. Spesso non sanno improvvisare, né immedesimarsi, non sono empatici e restano solo imitatori pedissequi. Meglio, quindi, un figlio non perfettamente integrato, ma libero di seguire il proprio io, la propria identità e le proprie aspirazioni reali, uniche e diverse da quelle altrui. Anche la scuola dovrebbe fare un passo avanti, cercando di non uniformare i nostri figli, come se fossero pecore di un gregge; ma aiutando ognuno di loro ad esprimere la propria interiorità, lasciandoli liberi di dire e di fare.
Libro carino, scorrevole e utile per riflettere.
Alcune frasi o espressioni che mi hanno colpita:
“Dovremmo dire a ciascuno di loro: Sai chi sei? Sei un miracolo. Sei unico. In tutti gli anni che sono passati non è mai esistito un bambino come te. Hai la capacità di fare ciò che vuoi”,
“Sono proprio loro, i bastian contrari ciò di cui ogni comunità ha bisogno se non vuole correre il rischio di restare prigioniera delle strutture mentali consolidatesi attraverso l’abitudine”;
“Un’oncia di esperienza vale quanto una tonnellata di teoria, affermava Benjamin Franklin”;
“Cosa potrebbero diventare se non fossero più imprigionati nelle gabbie delle nostre valutazioni ed etichette, vittime della nostra concezione di talento, un’idea superata che risale al secolo scorso e che è immotivata e ingiustificata, un’idea a causa della quale le scuole funzionano come setacci. E’ ora che noi genitori apriamo gli occhi e ci domandiamo per quanto tempo ancora intendiamo sopportare che i nostri figli crescano in un mondo in cui vengono trattati come macchine, in cui vengono programmati come vogliono gli adulti. Questo libro è solo l’inizio. Sarete voi, con le vostre azioni, a decidere come continuare”.
E, per finire, una bellissima frase di John Lennon che compare all’inizio del libro: “Quando avevo cinque anni, mia madre mi ripeteva sempre che la felicità era la cosa più importante della vita. Quando ho iniziato ad andare a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho scritto che volevo “essere felice”. Mi hanno detto che non avevo capito il compito e io ho risposto che loro non avevano capito la vita”.