Manuale dell'imperfetto viaggiatore
Saggistica
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“Sì, viaggiare”
Seppure superato sotto diversi aspetti, questo “Manuale dell'imperfetto viaggiatore”, scritto dalla penna arguta del noto giornalista Beppe Severgnini, offre ancora una lettura discreta.
Il libro risale ormai a quasi venti anni fa e, pertanto, tutto ciò che è subentrato successivamente, per ovvi motivi, tra queste pagine non trova posto: in primis, la moneta unica all'interno dell'Unione Europea al posto delle singole valute nazionali e i cellulari di ultima generazione che hanno soppiantato i vecchi telefonini, il cui uso già tra la fine degli anni Novanta e il Duemila ci contraddistingueva a livello internazionale (in peggio, naturalmente). Così, con una attenzione rivolta più ai viaggiatori che al viaggio in sé, la scrittura dell'autore si presenta molto scorrevole, intrisa di fine e garbata ironia, forse troppo incline però a tracciare classificazioni nelle quali si stenta a riconoscersi o non ci si ritrova per niente.
“Il viaggio è una questione secondaria: a me interessano i viaggiatori. Non sono né un antropologo, né un accompagnatore turistico. Sono soltanto un osservatore che, nel corso degli anni, si è convinto di questo: viaggiando, abbassiamo le difese e ci mostriamo per quello che siamo. Il viaggio diventa una lente d'ingrandimento. Ciò che si scopre puntando quella lente su noi italiani non è del tutto rassicurante. Affascinante, sempre.”
Già, sono infatti gli italiani i viaggiatori studiati da Severgnini che, lui stesso buon viaggiatore, non sembra tralasciare l'esame di alcun luogo battuto in genere da chi si trascina dietro una valigia: aeroporti, hotel, pensioni, ristoranti, campeggi, crociere, musei; per non parlare delle situazioni d'obbligo (vigilia del viaggio, con il penoso rito della preparazione dei bagagli, e ritorno a casa) o, addirittura, di suoni e odori del viaggio (“Il viaggio olfattivo, tra tutti, è il più appagante e coraggioso: occorre riconoscere gli odori del mondo, che non sempre sono profumi.”). Da turisti siamo a poco a poco diventati viaggiatori, sia pure imperfetti; e con questa nostra italica imperfezione ce ne andiamo in giro per il mondo, e non sempre a far sfoggio delle nostre migliori virtù; su questo, sono d'accordo con la tesi dell'autore: ricorderò sempre quella volta in cui nel ristorante di un albergo di una città nel nord della Giordania, allora non traboccante di turisti, un italiano facente parte di un gruppetto di connazionali, approdati lassù per chissà quale oscura via e di certo convinti che nessuno li capisse, sbraitò a gran voce durante la colazione che non vi fosse “un c****” (sic!) da mangiare (non c'erano gli spaghetti né il caffè all'italiana, ma posso testimoniare che non si moriva di fame, anzi il buffet offriva una scelta piuttosto ampia!); naturalmente, l'amor patrio non mi colse e continuai a mimetizzarmi tra gli arabi del posto che davano inizio alla giornata a suon di hummus e pane libanese.
Non so... Forse, dopo aver apprezzato Severgnini in altri contesti, mi aspettavo qualcosa di più da questo saggio, ecco perché non riesco ad assegnargli più di tre stelle, anche perché, come detto, alcune cose risultano un po' datate. Resta, comunque, una lettura che induce a riflettere e regala qualche sorriso.