Le mani della madre
Saggistica
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Amore incondizionato ed archetipo del desiderio
Massimo Recalcati e' uno psicanalista lacaniano di spessore, ottimo divulgatore e con l' indubbia capacità di rappresentare e sviscerare temi ed approfondimenti di grande interesse umano e psicologico eludendo qualsiasi banalizzazione.
Dopo avere trattato a lungo tematiche inerenti il mondo del padre ed il declino della figura del padre-padrone retaggio di una società patriarcale fatta di esclusiva legge, disciplina ed oppressione con l' inevitabile necessità di un suo ripensamento nella contemporaneità, in questo testo affronta ed analizza la peculiare e delicatissima figura della madre, somma genitrice ed archetipo della " vita ", in una alternanza e dissociazione madre-donna, termini a lungo contrapposti e divergenti nel pensiero della cultura dominante.
Nella società patriarcale vigeva l' associazione madre-donna, che riduceva l' essere donna all' essere madre, una madre del sacrificio e dell' abnegazione, con una versione socialmente accettata, positiva, salutare, femminile, mentre la donna disgiunta dalla funzione materna si identificava con gli aspetti più maligni: cattiveria, peccaminosita', lussuria, inaffidabilità, crudeltà, stregoneria.
Oggi che la sessualità ed il diventare madre non è più un destino naturale ma una scelta di libertà, il fil rouge diviene il tema dell' eredità, della umanizzazione della vita e della umanità in cui si trasmette il desiderio, il tema della filiazione simbolica.
La madre che opprime la donna ( società patriarcale ) e la donna che opprime la madre ( societa' ipermoderna in cui i figli spesso sono visti come un ostacolo alla propria affermazione sociale)) sono di fatto due visioni egualmente patologiche.
Lacan ci insegna che il desiderio di donna e di madre deve potersi fondere ed alternare in quell' amore che è l' unico possibile e che definirebbe ... " per l' uno per uno, per il nome proprio "...
Ecco allora una visione della madre trasformata e trasfigurata nel tempo, che acquisisce significati e simbologie polimorfiche ma che conserva la centralita' nel donare il sentimento e l 'amore per la vita nella propria accezione piu' pura, a differenza della Legge rappresentata propriamente dal padre.
Un punto focale e primario del testo in analisi sta nell' evidenziare che il termine " madre " non corrisponde necessariamente al termine di madre reale, biologica, ma è il nome della prima figura dell' altro che si occupa di una vita umana che riconosce come sua creatura, trascendendo, come per il " padre ", sesso, sangue, stirpe e biologia. Semplicemente per madre si intende il nome dell' altro che tende le sue mani ad una vita che, appena venuta al mondo, ne invoca il senso.
Il testo si avvale dell' utilizzo di molteplici strumenti, la letteratura, il cinema, testi sacri e mitologici, sedute psicanalitiche, pura teoria psicologica, semplici cenni autobiografici, per introdurre, tradurre, decodificare ed illustrare sentimenti e tematiche astruse e complesse, insomma nel rimettere ordine ad un caos apparente inducendo una riflessione composita e strutturata su comportamenti, nevrosi, fobie, apatie e sulla loro poliedrica origine.
La madre, somma genitrice ( ma solo biologicamente ), dopo il concepimento deve potere conservare i tratti della propria femminilità, è in preda a rifiuto, angoscia, può mostrare tratti di madre-coccodrillo, che ha rinunciato ad essere donna per concentrarsi sull' essere madre, lontana da qualsiasi idealizzazione, fagocitante la propria prole, in una simbiosi mortifera e conflittualità che sequestra il desiderio del figlio, perché egli esaurisce il proprio orizzonte sul mondo.
Vi è un' altra faccia della divorazione, la madre-narciso ( Medea ), egocentrica, autoreferenziale, che vive il figlio come un ingombro, un ostacolo, un danno alla propria realizzazione, sempre in fuga ed insoddisfatta, che porta su di se', come figlia, le stimmate del rifiuto, dell' abbandono, del non riconoscimento e dell' allontanamento, il cui desiderio non può essere soggettivato.
Non dimentichiamo l' importante capitolo che riguarda il complicato rapporto madre-figlia, un legame che non avrà mai fine e che non si esaurirà, un lutto non completamente elaborato e che si nutre di una passione ambivalente: una separazione reclamata ma l' impossibilità di vivere senza la presenza della madre.
Ella rimane l' epicentro della vita del neonato, il suo mondo, conservando la capacità di rinunciare fisiologicamente al proprio godimento in nome di un amore piu' grande, la sua eredità è l' eredità della memoria e del desiderio della vita ( con tutte le ombre connesse ).
La sua presenza, di fatto, se non accompagnata da reale profondità ed afinalistico impegno e disinganno, da attesa ( dell' alterita' e della trascendenza-immanenza di un figlio che nutre ma che è straniero all' interno del suo corpo, un' attesa popolata da pensieri e fantasmi, una sorta di veglia per qualcosa che ancora non c' è e che si protrarrà anche dopo la nascita ), accudimento, pazienza, ospitalità ( nei confronti di una vita che non possiede ma ospita ) in una dimensione atemporale, in un nuovo mondo che verrà e non sarà più' quello di prima ( un mondo duale come nell' innamoramento ) più semplicemente " amore ", può rivelarsi per il figlio dannosa e peggiore di qualsivoglia assenza ( la presenza senza parola e desiderio rispetto ad una assenza che sa donare poche parole giuste ).
La madre in se' deve sapere elaborare la perdita del figlio, per condurlo progressivamente, attraverso la pazienza e l' accudimento, il semplice dono del proprio tempo, all' inserimento nel mondo, al progressivo distacco da se', prevalendo la legge del desiderio ( l' amore come dono ) al semplice egoismo ( vorrebbe tenere il figlio sempre con se' ), senza bisogno dell' intervento della legge del padre.
Dovrebbe sempre e comunque originare e donare amore ( anche nel significato di semplice capacita' di rinuncia e distacco ), trasmettere il sentimento della vita, attraverso il proprio desiderio, e non solo limitarsi a segni e significati di materiale accudimento, abbandonando prevaricazioni, ricatti, spirito competitivo, onniscienza, ambivalenze, perche' il suo volto è scolpito ed illumina il volto dei propri figli sul mondo.
Una serie di tematiche dalla vasta interpretazione e sconfinata rappresentazione, a tratti ostiche, se non riflettute a sufficienza e con la giusta profondita'. Consiglio un' attenta lettura, a madri spesso egocentriche, ipercritiche e non a sufficienza autocritiche, a padri inesistenti, distratti o in altro affaccendati, a figli dubbiosi, smarriti, che si interrogano su realta' affettive complesse.
Ognuno e' genitore e figlio, ma in primis " essere umano", credo che il termine " amore " incondizionato ( e libero ), con tutte le valenze che esso comporta ed al di là di qualsiasi uso ed abuso del termine, riassuma ed esplichi il senso di una vita ( donata dalla madre ) ed il significato di ciascun destino a venire.
In questo senso ( secondo Recalcati ma mi pare ovvio concordare pienamente ) l' amore materno si pone nella contemporaneità, un amore qualitativo, non quantitativo, una cura che non sia anonima, che ami il particolare più particolare del soggetto, in un amore dell' uno per uno, per il nome proprio ( Lacan ), che conservi il senso della maternità e quel significato simbolico a scapito dell' incuria assoluta del discorso del capitalista.
Per finire, oltre ogni possibile ingiusta e forzata negatività, bisognerebbe provare ad essere giusti con la madre, somma genitrice, ..." riconoscendole la funzione essenziale ed insostituibile nell' adozione simbolica della vita "...( ed è quello che l' autore ha cercato così bene di esprimere )... " rintracciando nel suo dono del respiro la possibilità che la vita abbia un inizio e che possa ogni volta ricominciare "...
Indicazioni utili
Le mani della madre di Massimo Recalcati
Questo libro è un viaggio nella maternità, quindi in un’esperienza sconosciuta e inconoscibile per l’uomo, inteso come maschio. Questo incipit per ricordare a tutti gli esseri umani di sesso maschile (fra i quali includo anche Recalcati, anche se esimio psicanalista) che solo una donna, anzi solo una “Madre”, può provare dentro di sé tutto quell’insieme di sensazioni (prima e dopo la nascita del proprio figlio) impossibili da spiegare a parole. Per questo mi è sembrato che Recalcati abbia affrontato in punta di piedi questo delicato argomento nel suo saggio che, comunque, è una lettura interessante, scorrevole e ricca di esempi e di spunti nei diversi ambiti dell’arte, del cinema, della poesia, della letteratura e della psicanalisi.
”Madre è il nome dell’Altro che tende le sue nude mani alla vita che viene al mondo, alla vita che, venendo al mondo, invoca il senso”, ci dice, all’inizio del libro.
La maternità è un’attesa, ma l’attesa di una Madre è attesa di qualcosa di unico e irripetibile e non importa se quello che attende è il terzo o quarto figlio, poiché ogni figlio è unico e «destinato a modificare il volto del mondo». Inoltre l’amore materno, se è amore per il figlio reale, non è mai amore per una rappresentazione ideale, ma piuttosto amore per la sua irregolarità, per la sua stortura, per le sue particolarità e imperfezioni.
Una delle lezioni dell’essere Madre è quella di “andare verso”, aprirsi all’Altro, dicendogli: “Eccomi!”. Eccomi significa: “Sono qui per te, ti ho voluto, tu sei mio figlio” (la maternità nasce, infatti, già con il desiderio del figlio). Dove c’è presenza e contenimento la vita si umanizza. La genitorialità è innanzitutto presenza e parola e i genitori devono far sentire i propri figli non abbandonati, non soli. E’ una responsabilità illimitata senza proprietà, è per sempre e non chiede niente in cambio, è quell’Amore incondizionato di cui ognuno di noi ha bisogno per crescere e diventare “umano” e vitale. Secondo Lacan, la definizione più alta dell’Amore è: dare all’Altro ciò che non si ha, ciò che manca a noi stessi ed è questo l’Amore auspicabile.
Altrettanto importante per la genitorialità, però, è saper dire: ”Vai!” , quando necessario. La sfida della genitorialità è riuscire a tenere insieme l’”Eccomi” e il “Vai”, perché solo chi sa perdere chi ha generato può essere una madre autentica. Saper abbandonare un figlio, lasciare che lui possa fare esperienza della nostra assenza è importante quanto garantirgli la nostra amorevole presenza, perché rende possibile la sua alterità, la sua separazione da noi, visto che una Madre genera la vita, ma non la possiede.
Uno dei compiti fondamentali dei genitori è quello di lasciare andare i figli senza avere progetti su di loro che diventano destini, spesso con esiti infelici. Quella dei genitori è una responsabilità illimitata senza proprietà. Per cercare di svolgere il nostro “compito impossibile” la cosa migliore che possiamo fare è essere al servizio dei talenti e delle inclinazioni dei nostri figli, dando loro fiducia e facendo loro una promessa, che è l’eredità che possono raccogliere, che dice che se seguiranno i loro desideri, avranno soddisfazione nella vita, ed è una promessa che dobbiamo testimoniare con i nostri atti.
Un’altra cosa importante è che la madre non sia solo Madre, ma anche Donna, con i propri desideri e le proprie aspirazioni, perché solo esistendo come Donna può continuare a fornire ai figli l’ossigeno necessario per la vita. E’ fondamentale che la Donna non si auto-annulli nel ruolo di genitrice e in questo la può aiutare il Padre, nel senso di una terza persona, che intervenga a spezzare il legame esclusivo tra la Madre e il proprio figlio, affinché entrambi imparino e riescano a fare a meno l’uno dell’altra.
La maternità, però, oltre a grandi soddisfazioni porta con sé anche fantasmi d'onnipotenza, perché il bambino offre spontaneamente «quello che nessun soggetto maschile è in grado di offrire alla propria compagna», ossia «la sua stessa esistenza, senza riserva», per questo è molto importante che la Madre, ad un certo punto, capisca di doversi staccare dalla creatura che ha generato, donandogli la cosa più importante e necessaria per la riuscita della sua vita: la Libertà!
E sempre emerge, prepotente, anche il fantasma della Madre della madre: recidere simbolicamente questo legame è la condizione per un accesso positivo alla maternità (molto importante, infatti, nella vita di ogni donna, il rapporto che ha avuto con la propria Madre).
Recalcati condanna, nel suo saggio, in egual misura la Madre che sopprime la Donna (come accadeva nella versione patriarcale della maternità), sia la Donna che nega la Madre (atteggiamento che notiamo spesso negli ultimi anni), entrambe declinazioni patologiche dell’essere femmina.
A conti fatti possiamo affermare che il compito della Madre è un “tantino” impegnativo ed esserlo in modo giusto ed equilibrato è un’impresa difficile, al limite dell’impossibile.
Ma tutti i nostri sforzi sono ripagati nel momento in cui nostro figlio, a qualsiasi età, ci guarda con i suoi occhi grandi e luminosi, dicendo: ”Ti voglio bene, Mamma. Sei la Madre migliore che un figlio possa desiderare”. In quel momento andiamo in brodo di giuggiole e siamo disposte a “zerbinarci” per lui… Per quale altro uomo saremmo disposte a fare una cosa del genere?!?