La brevità della vita
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La vita è breve : spendila bene !
Lucio Anneo Seneca non era certo uno stinco di santo. Nelle sua lunga e complessa vita di uomo politico, legato al potere che conta ( prima sotto l’impero di Caligola, poi pretore sotto l’impero di Claudio ed infine abilissimo factotum dell’imperatore Nerone), si mosse astutamente tra intrighi di palazzo, accuse di adulterio, momenti di piaggeria e incoerenza nei confronti di Claudio e di accondiscendenza colpevole ai misfatti di Nerone. Accumulò grandissime ricchezze e possedimenti ovunque, suscitando critiche soprattutto da parte di chi gli rimproverava una certa incoerenza rispetto ai discorsi severi ed agli insegnamenti austeri che propinava attraverso i Dialoghi. Fedele (si direbbe oggi) al motto popolare “Fate quello che dico ma non quello che faccio”, Seneca ci lascia comunque nella sua opera principale giunta a noi ( i Dialoghi, appunto) perle di saggezza, dalla provvidenza che fortifica anche nelle sventure, alla invulnerabilità del saggio, dalla più folle delle passioni, l’ira, alla felicità che risiede solo nella virtù, dalla tranquillità dell’animo e dai rimedi contro i vizi alle condizioni non infelici dell’esule, la cui patria è il mondo e via dicendo. Il Dialogo “De brevitate virae” è forse uno dei più illuminanti sul pensiero dell’Autore. Scritto nel 50 d.C., all’età di 54 anni, si compone di 20 capitoli . L’Autore scrive da vero filosofo, citando anche gli Autori da cui attinge forza e speranza : Socrate e la sua abilità dialettica, Carneade e la certezza del dubbio, Epicuro e la ricerca della serenità, gli Stoici ed il dominio della natura umana, i Cinici e la ricerca del trascendentale. L’assunto fondamentale è : la vita, apparentemente breve, non lo è affatto, basta viverla bene, spendendola senza disperderla in faccende inutili e non gratificanti. Coltivare la virtù è essenziale, quanto rifuggire da vizi di qualsiasi tipo. Dobbiamo ricercare la vera felicità, che consiste nel distaccarsi dalle beghe giornaliere e dagli affanni della vita quotidiana, quasi estraniandosene, per concentrare la mente su ciò che è essenziale : la natura di dio (Seneca lo scrive minuscolo, non intuendo ovviamente alcun riferimento al Dio dei cristiani), il suo aspetto, la sua volontà, il fine ultimo della nostra anima dopo il distacco dal corpo, e cita ancora, quasi per sottolineare il suo interesse naturalistico scevro da ogni forma fideistica di religiosità (Lucrezio non era ancora nato !), il mistero della forza di gravità, la composizione dell’aria che tiene sospeso ciò che è leggero e sospinge il fuoco verso l’alto, le meraviglie dei movimenti stellari… Filosofo ed acuto osservatore, Seneca ci invita a distaccarci dagli affanni della vita miserevole di ogni giorno, suggerendoci anche di dedicare il tempo solo a noi stessi (il messaggio cristiano non è ancora arrivato), rinunciando anche a studi sterili e inutili che non servono a niente. Anche se oggi un’idea contemplativa della vita, distaccata da passioni e conflitti, ci sembra sublime utopia, resta il suggerimento di usare bene il tempo che la natura ci assegna, ricordandoci di essere mortali e di non rinviare i saggi propositi ad un ipotetico futuro.
Indicazioni utili
"Vita, si uti scias, longa est"
Illuminante e al tempo stesso spiazzante.
Tema centrale di quest'opera, a mio parere una delle più affascinanti del filosofo latino, è il tempo, che all'uomo sembra non bastare mai. Ma il problema è: è poco il tempo concessoci o siamo noi incapaci di gestirlo? Seneca, col suo stile coinvolgente, metterà in evidenza con una veridicità spaventosa quanto tempo l'uomo perde in frivolezze e in sforzi e occupazioni inutili e che non lo soddisfano realmente. Cosicchè l'uomo vive in attesa di un futuro non meglio precisato nella speranza di poter soddisfare un giorno i suoi desideri: "Temete tutto come mortali, ma desiderate tutto come immortali."
"Nessuno ti renderà gli anni, nessuno ti restituirà a te stesso; andrà il tempo della vita per la via intrapresa e non tornerà indietro né arresterà il suo corso; non farà rumore, non darà segno della sua velocità: scorrerà in silenzio, non si allungherà per editto di Re o favore di popolo; correrà come è partito dal primo giorno, non farà mai fermate, mai soste. Che avverrà? tu sei affaccendato, la vita si affretta: e intanto sarà lì la morte, per la quale, tu voglia o no, devi aver tempo."
Ciò che Seneca vuole far capire all'uomo è che è vero che il nostro tempo è limitato, ma "Vita, si uti scias, longa est" (Se sai utilizzarla, la vita è lunga): l'invito è quindi quello di dedicarsi alle occupazioni che nobilitano l'animo e lo spirito dell'uomo, in modo che, quando la morte giungerà inesorabile, l'uomo potrà dire di aver vissuto, non di essere solo esistito, e sarà in grado di affrontare saggiamente anche la sua fine, perchè "Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire.". Non è troppo tardi cominciare a vivere solo quando è tempo di finire?