L'ora di lezione. Angosce e responsabilità degli insegnanti
Saggistica
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L'ora di lezione di Massimo Recalcati
Nel tempo della dissoluzione della potenza della tradizione, dove la figura del padre è evaporata e quella dell'insegnante ha perso la sua autorità, la scuola deve continuare ad essere lo strumento per realizzare la propria ricerca e deve trasmettere l'amore per il sapere. L'insegnante ha l'arduo compito di rendere la propria materia di studio un oggetto di desiderio per l'allievo, perché senza il desiderio il sapere non si propaga; non deve trasmettere solo nozioni, un sapere morto, ma deve dare ai propri alunni una via di apertura al mondo. Compito del docente è quella di produrre il vuoto, per rendere possibile la messa in atto del processo creativo. Come sanno bene gli artisti, ogni tela porta su di sé il "peso di ieri", una stratificazione di filosofie d'arte, correnti di pensiero, stili precedenti che si depositano sulla tela stessa, ricoprendola. L'artista, quindi, si confronta con un muro che ha la forma di un eccesso di presenza, più che di assenza. Questo accade anche agli studenti, davanti ad alcune prove e il solo modo di superarle è quello di dimenticare ciò che hanno già letto e studiato, per provare a dire qualcosa di proprio.
Sapere è aprirsi a nuovi mondi, diversi da quelli già conosciuti ed è l'amore - l'eros- con il quale l'insegnante investe il sapere, a rendere quel sapere un oggetto capace di accendere il desiderio dei propri alunni. Il sapere si propaga per contagio e le parole del docente non devono essere suoni, ma corpo, carne, vita e desiderio. La scuola apre mondi, ha il potere di accendere il desiderio e di muovere le anime. L'ora di lezione può cambiare la vita, è incontrare l'altrove, l'inatteso, la meraviglia. Quando il sapere è carne e desiderio, diventa vivo, germina in noi, esige di parlare ancora e ancora. Insegnare è lasciare un'impronta, un segno, è insegnare a qualcuno a divenire un soggetto. I veri insegnanti non sono quelli che ci hanno riempito di nozioni, ma quelli che hanno fatto nascere domande in noi, senza offrire risposte precostituite. Il maestro, mentre ci insegna impara, perché ridà vita a tutto quello che lo ha formato e il suo dono più grande per noi è quello di accompagnarci e fermarsi, per lasciarci andare, per farci spiccare il volo.
Questo ci insegna questo manuale di Massimo Recalcati, che ho già letto in altri libri e amo. Quindi lo consiglio a chiunque, ma soprattutto agli insegnanti, per riuscire ad essere come il docente de "L'attimo fuggente".
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Incontro fortunato.
Un saggio breve che spiega cosa significhi insegnare al giorno d’oggi in una società orfana di padri e di punti di riferimento, e che indica come dovrebbe essere un bravo insegnante: colui che stimola la voglia e la curiosità di riempire i buchi, le mancanze, senza mai fornire risposte pronte e finite ma lanciando spunti di riflessione. Qui sta l’erotica dell’insegnamento: accendere negli studenti l’amore per il sapere. Sembra un libretto di semplice lettura, ma in realtà è denso di concetti e di spunti per altre letture. Come ogni saggio, spesso si fa riferimento ad altri autori (da Lacan a Pennac, passando per Platone) e in alcuni passaggi molto tecnici mi sono un po’ persa. L’inizio è stato interessantissimo per me (ho scoperto i tre tipi di scuola -Edipo, Narciso e Telemaco-, ho amato il gesto di Socrate e la definizione di studente come “ vite storta” che non deve essere per forza raddrizzata…), ma poi l’ho trovato anche ripetitivo. La parte più emozionante è arrivata alla fine. Dopo tutta la spiegazione tecnica e a volte di difficile comprensione, è sembrato che l’autore volesse fare un esempio di tutto ciò che aveva esposto fino a quel momento, con una nota autobiografica. E così è entrata in scena lei, Giulia, l’insegnante che gli ha letteralmente cambiato la vita perché gli ha fatto amare lo studio, facendogli accettare la “stortura della sua vite”, l’eccezionalità che c’è in lui (come in ognuno di noi). Lei è stata il faro che ogni studente vorrebbe avere nella nebbia della propria adolescenza.
Non so dire quanto questo libro mi sia piaciuto, di sicuro mi ha fatto molto riflettere. Mi ha dato la conferma di una convinzione che ho da tempo: tutto ciò che siamo e tutto ciò che pensiamo è anche frutto di incontri fortunati che la vita ci ha riservato. Le persone più importanti sono quelle che anche senza essere per forza in cattedra, ti insegnano qualcosa che ti cambia per sempre.
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La mia insaziabile fame
Nella lettura di questo saggio ho intravisto una possibile spiegazione alla fame, e al vuoto cosmico che spesso mi attanaglia e mi fa torcere le viscere, sin dai primi ricordi. Una fame insaziabile di conoscenza.
Ricordo una bambina, piccola, magra ed inappetente. Puntigliosa, capricciosa, curiosa come una scimmia.
Perché, dove, perché, quando, perché, come... Senza sosta, senza sonno...
Il cibo, buono, nutriente preparato “con o senza amore” era l'unica risposta che mi veniva offerta con il monito di mangiare, mangiare, mangiare...
Bocconi che gira e rigira, non scendevano. Si ingigantivano. Enormi ed acquose palle filacciose di materia organica che soffocavano la parola. Perfetti tappi per la bocca. Solo silenzio e vomito acido.
Mandibole doloranti. Mastica e rimastica silenzio e vomito sono cresciuta in fretta. Impaziente di trovare risposte al perché della vita, della morte, del dolore, della bellezza e della bruttezza. Il perché della stupidità e dell'arroganza. Il perché delle cose piccole e delle grandi...
Mai mi stancavo di leggere. Leggevo di tutto anche quel che non capivo. Mentre gli altri bambini giocavano nel tempo della ricreazione, io leggevo.
Negli anni ho masticato molto cibo e accumulato delle buone riserve di adipe, ma la voragine di quella insaziabile fame di sapere non si è mai colmata e continua a condurmi alla ricerca spasmodica dell'oggetto del desiderio “il libro” “le parole” come fossero corpi da consumare, amare, maneggiare, masticare, inghiottire o vomitare.
Ada Di Pietrantonio