Elogio della follia
Saggistica
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 5
La Follia come unica Verità della vita
Provare a fare una recensione sull’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam equivale a fare una recensione sul perché della vita. Anzi, proprio sulla vita stessa. Questo testo, infatti, potrebbe essere la classica dimostrazione di quanto diceva Italo Calvino e cioè che un classico ha sempre qualcosa da dire.
Sebbene il testo nasca con intenti ironici, almeno ad una prima lettura, non è certo ironica l’idea secondo la quale tutta la vita sarebbe contraddistinta dalla Follia. E forse è proprio alla Follia che si deve qualcosa di così complicato come la Società umana e tutte le regole, spesso assurde, che la contraddistinguono. Non esclusa la Religione. O per meglio dire Le Religioni, come la Storia insegna. Un interessantissimo esempio di come quello che a noi sembra del tutto normale lo abbiamo in un piccolo libro, quasi ignorato: Papalagi, testo del 1920, il cui autore è Tuiavii, un capo indigeno delle isole Samoa. Senza dimenticare il più famoso esempio di Follia citato nel Don Chisciotte. Ma anche in questo caso una riflessione è d’obbligo: il grande Don Chisciotte, visto da tutti gli altri personaggi del romanzo come un folle, non era forse l’unico, tra loro, ad essere veramente felice? L’unico a trovare in tutte le sue (tante e spesso inutili) sofferenze, un lato nobile e consolatorio? Forse lo era perché aveva capito, prima e meglio degli altri, che, come diceva Seneca, la cosa più importante della vita non è renderla più lunga, ma più ricca.
Partendo da questi presupposti, quale filo sottilissimo potrà mai legare tutte queste realtà così lontane nel tempo e nello spazio? Ebbene quel filo è proprio la Follia. Una Follia che, si badi bene, Erasmo fa interpretare ad una donna. E forse non a casa. Infatti, secoli dopo, fu Clarissa Pinkola Estes che dimostrò al mondo, nel suo capolavoro Donne che corrono con i lupi, che le Donne (il maiuscolo è voluto) sono un mondo a parte. Un mondo magico e perciò per secoli ritenuto spesso folle.
Ma torniamo al nostro Erasmo ed alla sua Follia, circondata da adepti altrettanto deliziosi come Lei. Tra questi Filautia, ovvero l’amor proprio, definita la sorella gemella della Follia. Senza contare Kolakia, l’adulazione, Edonè, il piacere, Loto, l’oblio, Nigreton Ipnon, il letargo, fino ad arrivare a Misoponi, la pigrizia. Giusto per citare quelli a noi più noti. Ma a questo punto è la Follia stessa che preferisce chiarire immediatamente un punto: esistono due tipi di pazzia. La prima è quella violenta, figlia delle Erinni e con la quale non ha nulla a che vedere. L’altra, invece, è appunto la protagonista del libro ed è quella pazzia che affligge, in misura differente, varie categorie di persone e che dà origine alle tante anomalie della vita, spesso piacevoli, come l’Amore, o altre, più incomprensibili, come la Politica e gli affari di Stato. La dimostrazione? Nel primo caso, quello dell’Amore, non occorre portare esempi pratici: ce ne sono fin troppo, e troppo palesi, davanti agli occhi di tutti. Per la Politica, invece, basterà seguire il discorso illuminante, della protagonista.
Solo un folle, infatti, inizierebbe ad adulare il popolo per avere la sua approvazione. Solo un folle potrebbe desiderare di abbracciare tutte le incombenze politiche. E dal momento che è dalla Politica che nascono le città e le Nazioni, ed è in nome della Politica che si creano imperi e si fanno guerre, allora è dalla Follia che nasce viene regolata tutta la Storia del genere umano. Ma le guerre, come sappiamo, nascono anche a causa della Religione. Ed è in questo punto che Erasmo dimostra il coraggio delle idee che solo un grande uomo di cultura, e di pace, può avere: la Religione, per lo meno quella codificata da teologi e clero, è anch’essa frutto di Follia. Le parole pronunciate dalla protagonista contro la Chiesa sono un’accusa alla vendita delle indulgenze, all’adorazione delle reliquie e alle tante scelleratezze che un clero ormai corrotto e lontano dalla Verità di Gesù Cristo aveva inventato per ricevere soldi. O addirittura estorcerli con la paura delle fiamme eterne. Ma sono anche un’accusa ai dogmi ed alle fantasiose elucubrazioni pseudofilosofiche dell’epoca, elaborate da quei teologi che, volontariamente, hanno reso oscuro il messaggio originario del Cristo: la carità verso il prossimo. Non solo, ma anche la Fede, quella vera e sincera, potrebbe dimostrare varie affinità con la Follia, soprattutto se spinta ad un pauperismo inutile e ad un’autoflagellazione senza senso. In un’Europa dilaniata dalle guerre religiose, l’affermazione ha del rivoluzionario. Ancora di più se si considera che a farla è un uomo di Chiesa come, di fatto, era Erasmo.
Ma la Follia non guarda solo ai grandi peccati della società e della Chiesa. Il suo occhio risulta anche materno e benevolo. Infatti la Follia ha fatto anche dei grandi doni agli uomini: l’incoscienza e la risata.
Tipiche degli stolti, dei bambini e dei buffoni, permettono di dire la Verità senza dover incorrere nelle punizioni che i potenti infliggono a chi osa pronunciarla. L’antico adagio Castigat ridendo mores, ha ancora la sua valenza. Inoltre l’incoscienza permette di non avere contezza del Male presente nel mondo, come anche la Bibbia conferma. In Ecclesiaste, passo citato nel libro, si legge “Chi acquista sapere acquista dolore, e chi sa molto, vive in grande afflizione”. Un concetto ribadito poco più avanti con un’altra citazione dallo stesso libro: “Nel cuore dei sapienti dimora tristezza, in quello degli stolti letizia”. Da qui la possibilità, per chi non vuole cercare la sapienza, di avere, per lo meno, il grande, inestimabile, dono della serenità su questa Terra. Forti di questa speranza, continueranno a credere di avere la felicità a portata di mano. E quale miglior balsamo per l’anima, se non l’Illusione?
Indicazioni utili
STULTITIAE LAUS/MORIAS ENKOMION
La Follia, resa da Erasmo come una dea, parla intessendo il suo elogio e rivolgendosi come in un’arringa alla folla che invita a constatare l’evidenza delle sue tesi, prima su tutte che essa, la Follia appunto, è componente costitutiva dell’uomo e dell’esistenza. Il saggio, datato 1511 e dedicato all’amico Tommaso Moro, è però un encomio in forma satirica che prendendo la follia come pretesto goliardico cela la sua vera identità di saggio dotto arricchito di fini allusioni classiche e di una sicura conoscenza della realtà del suo tempo che è qui oggetto di denuncia. Erasmo parla infatti dei governi mal gestiti del suo tempo e della corruzione della Chiesa, lui monaco schivo all’offerta del titolo di cardinale, lui fine umanista che anticipò riflessioni filosofiche dell’epoca contemporanea, lui certo intenditore e studioso della Patristica che non si schierò nemmeno col movimento riformatorio dello stesso Lutero. È un attacco sistematico a tutto il suo tempo con insito un intento pedagogico rivolto ad un ipotetico uomo politico, un re che sappia essere esempio di condotta morale e non mero detentore di un potere. Tutto lo scritto è infine teso a confermare un’estrema fiducia nella ragione umana affinché si realizzi un mondo migliore.
E dunque poiché parlare in modo razionale della follia non è possibile, non è conoscibile, perché ciò che lo è necessita di strutture concettuali che possano ingabbiare e spiegare, allora è meglio farla parlare. Follia è libertà dagli affanni, Follia è modesta, sincera, trasparente, ha una genealogia da far invidia, è presente in tutte le età della vita, è tra gli dei e sulla Terra, è nell’ amore e nell’amicizia. La vita stessa è dono della Follia, la società è Follia e la si può ritrovare tra grammatici, poeti, oratori, letterati, giuristi, filosofi, teologi (“i più matti di tutti”), monaci e religiosi, principi, sovrani, cardinali, papi, vescovi tedeschi, presso i classici e nelle Sacre Scritture. Anche la religione è una forma di follia, nondimeno l’aspirazione alla vita eterna. Ma alla fine cos’è la follia? È istinto, passione necessaria che integra la condizione umana la quale non può né essere compresa né vissuta senza la componente emotiva in una vita che non contempla la perfetta felicità.
Da leggere perché le tesi del filosofo godono di un’efficacia e di una brillantezza che le rende ancora oggi estremamente attuali.
Indicazioni utili
Che mondo sarebbe senza follia?
Erasmo da Rotterdam mi ha praticamente stregata con la sua opera sulla Follia.
A distanza di più di 500 anni dal momento in cui è stato scritto questo testo, lo stesso è riuscito a parlarmi e a farmi riflettere.
Non mi ero mai posta questo quesito: che mondo sarebbe senza follia?
La risposta è che il mondo non potrebbe esistere. Tutta la vita diventerebbe completamente insopportabile.
E' la follia che guida i gesti più eroici, i sentimenti più puri. E' la follia che guida i bambini e supporta gli anziani. In poche parole è sempre la follia a creare equilibrio nel mondo.
Una vita di razionalità sarebbe assurda, ed è proprio questo il paradosso che emerge leggendo l'opera di Erasmo da Rotterdam.
La Follia viene proposta come una dea e l'autore ne canta le lodi. Il lettore scopre così quanto sia fondamentale per gli uomini la follia, fondamentale oltre ogni razionale considerazione.
Lo consiglio a tutti.
Indicazioni utili
E che alla follia sia data parola...
Scritto nel 1509 e pubblicato per la prima volta nel 1511, “Elogio della Follia” è un saggio di grande valore ancora oggi considerato quale uno degli scritti più influenti della civiltà occidentale e uno fra i catalizzatori della Riforma protestante.
Dedicato all’amico Tommaso Moro – tanto che nella dedica a questo Erasmo sottolinea il carattere satireggiante di quell’opera nata in un periodo di malattia ed ozio forzato – il fine ultimo del componimento non era la diffusione tanto che infatti una prima versione fu pubblicata, piena di errori e mancante di una parte, in Francia dagli amici ai quali lo stesso autore aveva fatto leggere l’inizio affinché – come da questo asserito – “ maggiore allegria ne venisse dal ridere in compagnia”.
Parla in prima persona la Follia, di sé stessa e con grande ironia. Immaginando di pronunciare un discorso dinanzi ad un’assemblea ella inizia il suo monologo in difesa della sua posizione per sfociare infine in una vera e propria auto-glorificazione. La lode personale è giustificata dalla sua stessa natura; questa è per eccellenza “fuori dal comune” e dunque perché non sfruttare il paradosso a suo favore: se per i dotti è inconcepibile auto glorificarsi, per la follia è la cosa più naturale poiché per definizione assurda e dunque pertinente nell’auto-lodarsi. E partendo dal presupposto che nessuno si conosce meglio di sé stesso la lode deve essere tessuta dallo stesso protagonista e non da altri che risulterebbero incapaci di adempiere adeguatamente all’incarico. Innegabile è la sua potenza, a differenza di altri, è sufficiente che si manifesti per ottenere piena e completa attenzione.
Allevata dall’Ignoranza e dall’Ubriachezza è figlia di Plutos, Dio della ricchezza, e della Giovinezza. Molteplici sono le sue ancelle (tra le quali identifica Vanità, Adulazione, Oblio, Voluttà) nonché i suoi più fedeli compagni. D’altra parte, come resistere al fascino di una cotale personalità?
Portatrice di spensieratezza e allegria, la nostra protagonista, inverte quei dogmi che generalmente siamo soliti guardare con sospetto perché sono proprio questi – a suo avviso – a donare felicità all’essere umano. Il passaggio sull’amore è un qualcosa di sublime, penetra in chi legge con forza dirompente (a distanza di anni è ancora vivo nella mia memoria).
L’ultima parte del testo si incentra sugli abusi della dottrina cattolica romana toccando i religiosi ma non anche quel Dio idolatrato e visto quale unico essere perfetto.
E’ un linguaggio diretto quello adottato in questo saggio, un stile unico nel suo genere, tanto per ironicità che per forma. Un libricino che si divora in poche ore ma intriso di grande significato e forza contentiva. Uno di quei testi che tutti dovrebbero leggere e che è una perdita sincera non assaporare.
Indicazioni utili
Una Follia positiva
"Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam è uno scritto divertente, originale e brillante . Definita, già a partire dall'iniziale dedica all'amico Tommaso Moro, come un gioco, più che una satira, l'elogio della follia è l'encomio che la personificazione di questa grandiosa forza, propria della natura umana, ma più in generale insita-come Lei stessa dirà- in tutte le cose , rivolgerà a stessa, immaginando di dover pronunciare un discorso di fronte ad un'assemblea, un pubblico, prendendo il via da una personale difesa della sua posizione; difesa che assume sempre più i caratteri di una vera e propria auto glorificazione. E' interessante come fin da principio venga rimarcata la sua straordinaria potenza e l'indomabile e naturale contrapposizione alla tradizione, soprattutto per ciò che concerneva la presentazione dei discorsi antichi. La follia, solamente col manifestarsi agli occhi della comunità, ottiene l'effetto, ovvero cattura la totale attenzione dei presenti, che un grande retore avrebbe conseguito dopo un lunghissimo discorso. Il monologo prosegue sulla scia della lode personale, giustificata dai paradossi in virtù della sua stessa natura di "fuori dal comune" per eccellenza: ai sapienti, ai grandi retori già citati, sembra assurdo tessere le proprie lodi, tuttavia la Follia è assurda per definizione, per cui necessariamente si loderà. O ancora: nessuno può giudicare qualcosa folle se non la Follia stessa, dal momento che ella si conosce e non uno può conoscerla meglio di quanto si conosca essa stessa; analogamente ognuno si conosce maggiormente di quanto altri possano mai fare, dunque la vera assurdità consiste proprio nell'affidare le proprie lodi a qualcun altro, che sarà portato ad allontanarsi dal vero a tal punto da essere capace "di far sembrare un topo un elefante".
"Che nessuno si aspetti però ora che io segua l'abitudine di questi oratori volgari e spieghi me stessa con una definizione, tanto meno che poi mi divida. Infatti tutte e due le cose portano male, o circoscrivere con un limite colei la cui divinità spazia in una sfera così ampia o tagliare colei nel cui culto si accordano a tal punto tutti i generi di cose"- continua il discorso ponendo già in evidenza la sua incontrastata essenza che le impedisce di circoscriversi a un ambito o limitarsi a una definizione, come invece erano soliti fare i sapienti, per amor di chiarezza, al fine di impostare in maniera appropriata e definita il discorso. Procede poi presentando la schiera delle sue ancelle: Ebbrezza, figlia di bacco, Incultura, figlia di Pan, Vanità, Adulazione, Oblio, Sfaticataggine, Voluttà, Demenza e Debosciatezza.
Uno dei passi, a mio avviso, più interessanti è l'interpretazione data all'amore; Venere, di fatti, è intesa in tutta la sua infinita potenza solo perchè essa stessa è una delle principali espressioni della Follia; l'amore è di per sè non razionale e svantaggioso, a dire la verità, se si considerano, ad esempio, i dolori attraverso cui la donna deve passare pur di mettere al mondo i figli, oppure le limitazioni che gli uomini devono accettare una volta assunta la responsabilità del matrimonio o ancora l'onere riguardante l'educazione e il sostentamento dei figli; forse nulla vi è di più folle dell'amore, eppure nessuno può farne a meno, eppure la vita stessa si genera da quest'atto folle, supremo e indispensabile. "La vita più dolce consiste nel non pensare"-ci dice Sofocle. Cedere alla follia è, in generale, cedere al piacere stesso, che anima la vita, e la vera follia è disprezzarlo, disprezzare, in definitiva, la follia stessa.
Con questo scritto i valori tradizionali vengono invertiti in favore di una piacevole ritrattazione degli stessi seconda una chiave giocosa che adotta la stessa logica utilizzata al fine di delinearne quelli positivi e quelli negativi; La Follia qui diventa la protagonista indiscussa della positività.