Saggistica Scienze umane Contro il sacrificio
 

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Saggistica

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La passione per il sacrificio è solo umana. Gli uomini non si sono limitati a sacrificare sull'altare animali offerti ai loro dèi, ma hanno sacrificato su quell'altare anche la loro vita. È il caso dell'uomo ipermorale che sacrifica il suo desiderio, o del martire del terrorismo che si immola per una Causa. Un fantasma fondamentale ha attraversato l'Occidente: vivere nel sacrificio per ottenere un rimborso illimitato (da Dio, dalla propria famiglia, dall'Altro). In psicoanalisi questa è la Legge paradossale del Super-io: il sacrificio non è una semplice rinuncia al soddisfacimento ma una forma masochistica del soddisfacimento. È un fantasma che proviene da una interpretazione solo colpevolizzante del cristianesimo. La psicoanalisi, insieme alla parola più profonda di Gesù, si impegna invece a liberare la vita dal peso del sacrificio. Il che comporta un diverso pensiero della Legge: l'uomo non è schiavo della Legge perché la Legge - come sostiene la lezione cristiana - è fatta per l'uomo e non l'uomo per la Legge.



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Contro il sacrificio 2021-11-10 12:13:05 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    10 Novembre, 2021
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Solo l'amore giustifica il sacrificio

Questo saggio di Recalcati vuole fare chiarezza sul sacrificio distinguendo tra l’idea cristiana di accettazione della croce come base della salvezza e l’idea di DOVERE dare la vita per una causa che è alla base di ogni fondamentalismo religioso da quello islamico all’ideologia Hitleriana.

L’idea sana del sacrificio è quella di chi si getta nel fiume in piena per salvare chi ama. E’ l’amore che implica la piena identificazione con l’oggetto amato. il sacrificio (simbolico) serve all’inclusione nel contesto umano e non c’è nessun fantasma sacrificale, nessun amore mortifero per il gesto del sacrificio in sé.

Il sacrificio di parte del godimento pulsionale in questo caso è il prezzo da pagare per accedere alla dimensione umana della vita, cosa che manca in certe patologie psichiatriche. Il folle e il perverso rifiutano di rinunciare a questa parte del godimento e perciò rifiutano la dimensione umana dell’esistenza a favore di un godimento totale e non vincolato a leggi. Non distinguono cioè tra castrazione e dimensione simbolica del sacrificio.

Il cammello è l’animale simbolo di chi accetta di essere schiavo adorante di chi lo sfrutta, per paura della libertà.

Nel momento in cui Dio vieta ad Adamo di mangiare un frutto nasce l’angoscia del limite e la necessità di sacrificare l’innocenza a favore della libertà. Il cammello rinuncerebbe alla libertà per tornare all’innocenza.

L’uomo cammello è soggetto alla segreta tirannide di se stesso che fa del sacrificio una meta per paura della libertà. Ma il peccato più grande è il venire meno al proprio talento per paura. Nel fanatismo religioso non c’è il ritrovare Dio nell’uomo, ma il cancellare l’uomo nel nome di Dio. Il sacrificio ha un valore commerciale, e vorrebbe fare sentire in debito Dio e pagare l’accesso all’aldilà. Inoltre si crea dipendenza dall’altro a cui si sacrifica il proprio desiderio rinunciando alla libertà. Il sacrificio invece andrebbe vissuto come dono, non con calcolo. In questi soggetti “più calcolatori” l’io si raddoppia e si sdoppia in un super io esterno alla coscienza che ingloba la legge e in un io che viene costantemente maltrattato dal super io. La legge della parola del Padre, serve a ridurre la potenza malefica del superio. Il soggetto melanconico vive nell’autoaccusa perpetua.

Il sacrificio rafforza la spinta del super io. All’opposto il sacrificio di Cristo è il sacrificio del sacrificio. Lui è venuto a completare la legge andando oltre la legge in direzione antisacrificale. La parabola più antisacrificale è quella del padrone che retribuisce allo stesso modo tutti i lavoratori indipendentemente dall’orario di lavoro.

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