Zero comments Zero comments

Zero comments

Saggistica

Editore

Casa editrice

La presentazione e le recensioni di Zero comments, saggio di Geert Lovink. In questi che sono gli anni della "critica della rete", secondo Geert Lovink, si sta sempre più mettendo in discussione il modello economico del Web 2.0. "Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta guadagnando milioni? Che prezzo siamo disposti a pagare per la gratuità? Perché si usa l'"immaginazione collettiva" per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica? È ora di rompere il consenso libertario. È tempo di tornare a essere utopisti e cominciare a edificare una sfera pubblica al di fuori degli interessi a breve termine delle corporation e della volontà di regolamentare dei governi. È ora di investire nell'educazione, ricostruire la fiducia e svincolarsi dalla retorica securitaria post 11 settembre."



Recensione Utenti

Opinioni inserite: 1

Voto medio 
 
4.4
Stile 
 
4.0  (1)
Contenuti 
 
4.0  (1)
Approfondimento 
 
4.0  (1)
Piacevolezza 
 
5.0  (1)
Voti (il piu' alto e' il migliore)
Stile*  
Scorrevolezza della lettura
Contenuti*  
Interesse suscitato
Approfondimento*  
Grado di approfondimento dei temi trattati
Piacevolezza*  
Grado di soddisfazione al termine della lettura
Commenti*
Prima di scrivere una recensione ricorda che su QLibri:
- le opinioni devono essere argomentate ed esaustive;
- il testo non deve contenere abbreviazioni in stile sms o errori grammaticali;
- qualora siano presenti anticipazioni importanti sul finale, la recensione deve iniziare riportando l'avviso che il testo contiene spoiler;
- non inserire oltre 2 nuove recensioni al giorno.
Indicazioni utili
 sì
 no
 
Zero comments 2008-06-01 04:40:47 galloway
Voto medio 
 
4.4
Stile 
 
4.0
Contenuti 
 
4.0
Approfondimento 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
galloway Opinione inserita da galloway    01 Giugno, 2008
Top 100 Opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Tutti i commenti

Bloggare è una forma di vanità: si possono adoperare termini eleganti, parlare di “cambio di paradigma” o “tecnologia dirompente”, ma la verità è che i blog sono sbrodolature adolescenziali senza senso. Adottare lo stile di vita del blogger è l’equivalente letterario di attaccare nastri colorati al manubrio della bicicletta. Nel mondo dei blog “0 comments” è un dato inequivocabile: significa che una certa cosa non interessa assolutamente a nessuno. La terribile verità dei blog è che le persone che scrivono sono molte di più di quelle che leggono. (Stodge.org, The Personal Memoirs of Randi Mooney, postato il 5 maggio 2005, (14) commenti)



Nel 2005 la rete si era ripresa dal crollo delle Dot-com e, in linea con l’economia globale, si stava reincarnando nel Web 2.0. Mentre gli abitanti del cyberspazio oltrepassavano il miliardo, blog, wiki e social network come Friendster, Orkut e Flickr venivano presentati come la nuova frontiera del lavoro volontario. “Comunità virtuali” era diventata un’espressione inflazionata, «associata a idee screditate sul cyberspazio come sistema indipendente e alle idee fallimentari delle Dot-com sulla costruzione di comunità all’ombra di brand di massa, come i forum sul sito della Coca-Cola»; si parlava piuttosto di sciami, mobs e folle: i media erano diventati sociali.



Dalla produzione collaborativa di contenuti per Wikipedia al social bookmarking di Digg, c’era senza dubbio un nuovo slancio. Se i blog erano “molto 2004″, la Bbc definì il 2005 “anno del cittadino digitale”.



Lo tsunami del giorno di Santo Stefano del 2004 mostrò in modo molto crudo il potenziale di questi strumenti, mentre pochi mesi dopo le bombe del 7 luglio a Londra e gli uragani negli Stati Uniti obbligarono a riconoscere il fatto che nella produzione di notizie i cittadini avevano un ruolo molto più grande di quanto non fosse mai accaduto prima. La Bbc ricevette per e-mail 6500 immagini e video che mostravano gli incendi al deposito di petrolio di Buncefield, qualche migliaio in più di quelle ricevute dopo le bombe di Londra. Il report della Bbc concludeva che i media cominciavano a sembrare più partecipativi e inclusivi.



Il passo successivo fu la scelta di “You” come Persona dell’anno di “Time”, che riflette l’aumento fenomenale del numero di utenti dei siti di social networking come MySpace (leggi: News Corporation di Rupert Murdoch) e YouTube (leggi: Google). Il 2007 sarà l’anno della “critica della rete”?



Sempre più persone stanno cominciando a mettere in discussione il modello economico del Web 2.0. Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta facendo i milioni? Che prezzo siamo disposti a pagare per la gratuità? Perché non usiamo la nostra “immaginazione collettiva” per escogitare modelli sostenibili per una cyberinfrastruttura pubblica? È ora di rompere il consenso liberista. Da sociale a socialista, il passo è breve. È tempo di tornare a essere utopisti e cominciare a edificare una sfera pubblica al di fuori degli interessi a breve termine delle corporation e della volontà di regolamentazione dei governi. È ora di investire nell’educazione, ricostruire la fiducia e svincolarsi dalla retorica securitaria post-undici settembre.



Invece delle classiche due fasi della cultura di Internet, preferisco distinguerne tre. La prima è il periodo scientifico, pre-commerciale e solo testuale che ha preceduto il World Wide Web. La seconda, il periodo euforico di speculazioni nel quale Internet si è aperta al pubblico generico, culminato nella mania delle Dot-com della fine degli anni novanta. La terza, il periodo successivo al crollo delle Dot-com e all’undici settembre, che con il Web 2.0 sta volgendo al termine. I blog, o weblog, sono un fenomeno intermedio interessante, che ha avuto inizio attorno agli anni 1996-1997, durante la seconda fase di euforia, ma sono rimasti fuori dagli schermi radar perché non avevano al loro interno una componente di commercio elettronico. Il cambiamento più rilevante che si è verificato negli anni passati è stata la “massificazione” e successiva internazionalizzazione di Internet, che nel 2005 ha oltrepassato il significativo limite del miliardo di utenti.



Per la cultura dominante anglo-americana la “globalizzazione” di Internet è stata più evidente a causa della sua ignoranza, voluta e organizzata, e della sua scarsa conoscenza delle lingue straniere. Non tutti colgono il significato del fatto che i contenuti in inglese siano scesi ben al di sotto del limite del 30 per cento. Inoltre, la crescita ha portato a un’ulteriore “nazionalizzazione” del cyberspazio, soprattutto attraverso l’uso delle lingue nazionali, in contrasto con la presunta assenza di frontiere della rete – che forse non è mai esistita: le aziende occidentali di information technology sono più che felici di aiutare i regimi autoritari con i firewall nazionali. Come si suol dire, il mondo è grande. Oggi la maggior parte del traffico Internet è in spagnolo, mandarino e giapponese. Questa fotografia si complica ancora di più se si prende in considerazione il potenziale della convergenza di due miliardi di utenti di telefoni cellulari, della blogomania in Iran, del fatto che la Corea del Sud possiela una delle più dense infrastrutture broadband e della crescita della Cina. Chi mai direbbe che Polonia, Francia e Italia sono fra le nazioni europee con più blog?

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Tutti i libri sui blog e sui bloggers
Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
 

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il mio assassino
Valutazione Utenti
 
4.5 (1)
La vita a volte capita
Valutazione Utenti
 
4.3 (3)
Il dio dei boschi
Valutazione Utenti
 
4.1 (3)
La prova della mia innocenza
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Il sistema Vivacchia
Valutazione Utenti
 
4.5 (1)
Il passato è un morto senza cadavere
Valutazione Utenti
 
4.3 (2)
La mano dell'orologiaio
Valutazione Utenti
 
4.3 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

Buchi bianchi
Come stanno le cose
Il botanista
Invito alla meraviglia
Helgoland
Spillover
E l'uomo incontrò il cane
Ascesa e caduta dei dinosauri
Quanti
La nascita imperfetta delle cose
Essere una macchina
Il libro degli esseri a malapena immaginabili
Silicio
Mio caro Neandertal
La legge fisica
Le mie risposte alle grandi domande