Breve storia della vita animale
Saggistica
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Quali ingredienti ci vogliono per fare un granchio
Come ha fatto un cucchiaio di molecole organiche - piovute, chissà come o chissà da dove, nel luogo giusto e nel momento giusto - a diventare nei milioni, miliardi d’anni, meduse, lombrichi, ragni o imenotteri dalla complicatissima ed intricata vita sociale? Possibile che tutto questo sia solo frutto dei ripetuti errori di copiatura di un codice genetico, errori che avrebbero potuto portare alla rovina, ma invece hanno schiuso le porte ad inaspettati futuri evolutivi?
Marco Vannini, con un linguaggio volutamente semplice, quasi colloquiale, ci conduce passo passo attraverso la mirabile storia della vita sulla Terra, a partire, appunto, dai primi agglomerati organici, sino alle complesse architetture genetiche degli animali pluricellulari.
Sono numerosi i libri di divulgazione scientifica sulle nuove frontiere della fisica e dell’astronomia. Non sono infrequenti neppure i volumi che trattano di evoluzione. Tuttavia spesso questa è esaminata solo a volo d’uccello; il passaggio dalle forme viventi più primordiali a quelle più evolute, è mostrato nei suoi aspetti esteriori senza che vengano spiegati i delicati meccanismi che stanno alla base di ogni passaggio.
Molto rari, quindi, sono i volumi che, come questo, spiegano il “miracolo” da un attento, scrupoloso punto di vista biologico.
Quest’opera che aiuta a familiarizzare con un argomento abbastanza negletto, risulta, di conseguenza molto interessante ed istruttiva, senza essere pesante o barbosamente didascalica.
Proprio per la validità del libro, perciò, sono portato a sottolineare solo le uniche pecche che ho riscontrato. Della prima l’autore è vittima incolpevole e chiama in causa l’editor (o la mancanza di editor) e i correttori di bozze. Invero nei libri pubblicati in questi anni gli errori ed i refusi tipografici sono quasi estinti. Purtroppo, invece, in questo libro ce ne sono fin troppi. Trattandosi di un’opera in cui l’attenzione del lettore deve essere concentrata su ogni frase, ciò introduce una distrazione, quindi un handicap di cui si farebbe volentieri a meno.
Il secondo aspetto, invece, è più profondo. L’autore, spesso, per descrivere i vari processi evolutivi fa riferimento a questa o quella specifica specie animale o a questo o quel tipico organo che ha subito mutazioni. Nonostante la chiarezza espositiva, talvolta diviene difficile comprendere esattamente cosa sia accaduto realmente, soprattutto perché molte delle specie viventi esaminate non sono conosciute universalmente. Si sente, in definitiva, la mancanza di un buon corredo di immagini didascaliche e comparative che aiutino a comprendere il testo. Come è noto, una immagine val più di mille parole e, nel caso specifico, è assolutamente vero.
Detratti questi due difetti, il libro è decisamente piacevole da leggere, oltre che educativo, al punto che ci si rammarica quando la descrizione si arresta all'esame degli insetti. Sarà pur vero, come dice il Vannini, che, dopo le grandi rivoluzioni operate nelle specie più primordiali, in seguito si è trattato solo di bricolage, cioè di un riadattamento a nuove funzioni degli organi già inventati dai precursori. Tuttavia, siccome noi siamo al culmine di uno di quei rami di attività “fai-da-te”, dispiace che il libro non ci conduca sino agli ultimi gradini della scala. Peraltro l’autore non chiude la speranza a che, in un futuro (prossimo?), ci possa essere un seguito, lungo il cammino tracciato dai cosiddetti animali superiori (ma chi lo va a spiegare ai batteri che non sono loro a dominare il mondo?)
Indicazioni utili
Phylum, classe, ordine, famiglia, genere e specie.
Perché mentre la struttura dell’ordinamento politico medievale (imperatore, vassalli, valvassori, valvassini) è apprezzata e ricordata quella di classificazione gerarchica usata in biologia (Phylum, classe, ordine, famiglia, genere e specie) viene unanimemente considerata astrusa e troppo complicata da memorizzare? Il commento classico che segue a questa domanda confluisce inevitabilmente nella non comprensione della materia, nel non averci mai capito niente tanto che la possibilità di dialogo tra lo zoologo, il botanico ed i propri interlocutori non specialisti ha termine ancora prima di avere inizio.
Tra i vari scopi di Vannini vi è anche (e non solo) questo; riallacciare detto colloquio, far appassionare il lettore ad uno di quegli argomenti tradizionalmente giudicati più noiosi e farraginosi ma che in realtà è un universo da scoprire, una sorpresa inaspettata.
E così partendo dalla nascita della Terra, avvenuta – com’era solito asserire James Usher, Arcivescovo di Armagh (1581-1656) – circa il 22 ottobre 4004 A.C. alle sei del mattino, passando poi a quella che di li a 4 miliardi di anni sarebbe stata chiamata cellula, giungendo ancora agli animali pluricellulari (i metazoi) classe 700 milioni di lustri, dove l’attenzione si focalizza sul semplice e mero dato di fatto che la vita non si ferma, va avanti e con lei specie si sono estinte per lasciare il posto ad altre più attrezzate ai cambiamenti climatici o semplicemente capaci di riprodursi in tempi più rapidi e via dicendo, il saggio si sviluppa e si rende apprezzabile per chiunque, tecnico e non della materia.
In conclusione lo studioso invita a riflettere chi legge sulla circostanza per la quale l’esistenza è la conseguenza di una lunga catena di errori, errori di duplicazione senza i quali oggi non avremmo altro che un enorme clone di un’unica forma di immutabile, perfetto (ma non poi così tanto, come l’evoluzione ci dimostra) ed autosufficiente batterio.
Gli organismi si sono riprodotti generandone per sbaglio altri imperfetti, fallati, che interagendo hanno creato le spugne, le meduse, le stelle marine e molto altro ancora. Lo stesso essere umano non è altro che un cumulo di questi che sommati gli uni agli altri sono stati in qualche modo sfruttati a favore del medesimo.
Nato a Firenze nel 1943, Marco Vannini, è docente di Zoologia presso l’Università della città natia dagli anni ’70 e per ben 12 anni ha ricoperto il ruolo di direttore del Museo Zoologico “la Specola”. I suoi studi si sono incentrati tanto sugli Invertebrati quanto sui ragni, i paguri, i granchi, i Molluschi; viceversa i suoi laboratori “sul campo” sono costituiti da un paio di strisce di costa rocciosa e sabbiosa in Somalia (dal 1970 al 1986) e dal fango di un mangrovieto del Kenya (dal 1988 ad oggi).
Un piccolo saggio in cui tutti riescono a soddisfare la loro curiosità nonché ad approfondire argomenti spesso sottovaluti o snobbati.