Emozioni distruttive
Saggistica
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Io penso positivo perché son vivo, perché son vivo
Cosa sono le “emozioni distruttive”? A cosa servono? Sono necessariamente un male? A quali conseguenze portano? In che modo si possono superare? Quanto dipendono da fattori ambientali e culturali? In che modo gli individui si differenziano nel provare e riconoscere le emozioni? Ci può essere un’educazione alla felicità?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi a cui ha cercato di rispondere un gruppo formato da una dozzina di scienziati occidentali e di monaci tibetani, che si sono incontrati a Dharamsala, dove risiede il Dalai Lama, per cinque giorni di dibattito nel marzo del 2000.
Un filone tutto sommato abbastanza nuovo nel campo delle neuroscienze e delle terapie per i disturbi della personalità è quello che prende avvio dalla scoperta della “plasticità” del cervello umano. Risale solo al 1998 la dimostrazione che negli esseri umani nascono nuovi neuroni per tutto il corso dell’esistenza. Non solo: i nostri pensieri, le nostre emozioni sono in grado di modificare il cervello e dunque possono condizionare i pensieri e le emozioni successive. Allenarsi a pensare bene ci abitua a pensare meglio in futuro. Non lo dicono (solo) filosofi morali e religiosi, ma adesso (anche) medici e scienziati, e non in base a teorie o assiomi, ma a seguito di ricerche, esami di laboratorio e sofisticati esperimenti.
Anche sulla base di queste ricerche si sono affermate modalità di trattamento terapeutico che affiancano, e in alcuni casi sostituiscono, il trattamento farmacologico con una serie di tecniche che sfruttano proprio la capacità del nostro cervello di rinnovarsi costantemente.
Daniel Goleman, lo psicologo americano celebre per i suoi studi sull’”Intelligenza emotiva” ha riassunto dettagliatamente ogni giornata di discussione tra scienziati, filosofi e monaci tibetani in questo libro pubblicato per la prima volta nel 2003, e un altro libro molto simile è stato pubblicato nello stesso periodo da un altro partecipante piuttosto noto: Paul Ekman, forse il più grande esperto mondiale del riconoscimento delle emozioni sul viso delle persone (è stato anche consulente delle forze dell’ordine e dei servizi segreti americani).
Un altro scienziato di grande fama e valore che ha partecipato al convegno è Richard Davidson, pioniere della neuroscienza affettiva e uno dei principali studiosi della plasticità del cervello, che osserva con macchinari sofisticati ed esperimenti interessanti. Tra i presenti ai lavori di Dharamsala dell’anno 2000 segnalo anche Matthieu Ricard, monaco buddista, scienziato, figlio del filosofo francese Jean François Revel (insieme a lui scrisse il pamphlet “Il monaco e il filosofo”, dialogo su scienza e spiritualità) e Mark Greenberg psicologo specializzato in programmi di apprendimento sociale ed emotivo per bambini.
La cultura buddista, fondata sul concetto di meditazione e di compassione, è un ambito particolarmente fertile per studiare gli effetti che un adeguato allenamento emotivo è in grado di produrre sulle funzioni cerebrali e in definitiva sulla nostra salute.
La psicologia in Occidente nacque invece come osservazione e cura di stati patologici e per decenni si è concentrata sugli stati mentali insani, trascurando gli stati mentali che producono felicità e benessere. La ricerca del bene, o della felicità, in Occidente è stata lasciata ai filosofi morali e ai teologi. Solo in epoca relativamente recente, anche grazie ad aperture e dialoghi di questo tipo con la cultura orientale, è diventato terreno frequentato da medici e scienziati.
Dato l’argomento molto specifico, è meglio che mi fermi qui. Il mio scopo era quello di segnalare un libro di grande valore scientifico, ma fruibile anche da parte di chi, come me, non ha competenze in materia. A distanza di anni l’ho letto due volte e in entrambi i casi ho riempito molte pagine di annotazioni e appunti.