Noi e l'Islam
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Conoscenza e incontro possibili
“O gente, in verità noi v’abbiamo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli vari e tribù a che vi conosceste a vicenda […].” (Corano, 49:13)
Una bella domanda, quella posta fin dal sottotitolo in questo libro che parla d’Islam e dei suoi rapporti, nel corso dei secoli, con la Cristianità e l’Occidente in generale: un incontro possibile?
Rapporti che in passato non si sono limitati soltanto a crociate, guerre a vario titolo e incursioni corsare, ma hanno anche visto, complice quel “continente fluido” chiamato Mediterraneo, scambi diplomatici e commerciali e vivace curiosità culturale da ambo le parti.
Nonostante la sua pubblicazione risalga ormai a più di vent’anni fa, “Noi e l’Islam” di Franco Cardini si rivela, considerando l’argomento trattato, un testo di forte e spinosa attualità. Attraverso un lungo excursus storico a partire da Ismaele figlio di Agar, la schiava egiziana di Sara e Abramo (gli arabi, infatti, affondano le proprie radici nel medesimo biblico patriarca degli ebrei), l’autore ci conduce alla scoperta appunto della storia di questa cultura monoteistica perché, come ben si sottolinea, dalla conoscenza non possono prescindere un serio confronto e un dialogo costruttivo oggi più che mai auspicabili.
E così, con una certa meraviglia, si scopre che già al Medioevo risale la prima traduzione latina del Corano, seppur lacunosa e non troppo affidabile; che per iniziativa domenicana e francescana ebbero inizio gli “Studia Arabica” e che, all’epoca, diversi viaggiatori musulmani si spostavano in Europa. Per non parlare degli ammiccamenti da parte delle potenze europee – e qui ci si stupisce un po’ meno – in direzione di Istanbul ai danni di Stati nemici, sia pure europei e cristiani, allorché la supremazia turca soppiantò definitivamente quella araba in ambito islamico. In definitiva, un incontro (e non solo scontro) tra noi e loro c’è già stato e il luogo dove esso si è realizzato al meglio fu al-Andalus, la Spagna degli emirati arabo-berberi dove musulmani, ebrei e cristiani avevano imparato a convivere senza particolari problemi raggiungendo un livello di civiltà avanzatissimo sotto innumerevoli aspetti (a differenza di quanto avvenne dopo con l’intolleranza della Reconquista cattolica). Ma, se ci pensiamo bene, persino all’interno dei confini dell’impero ottomano, società cosmopolita e multiconfessionale di allora, le cose non andavano diversamente, almeno prima delle aberrazioni che vi si verificarono ormai al suo tramonto, poiché le minoranze religiose avevano diritto alla protezione statale e a vivere secondo i dettami della propria fede.
Anche se non ricorre nella trattazione di Cardini, mi piace citare il versetto coranico che ho riportato sopra: la migliore confutazione, a mio avviso, dei deliri degli odierni estremisti cosiddetti islamici che, spesso, del loro libro sacro hanno letto soltanto sintesi e interpretazioni discutibili pubblicate su internet.
Riporto, infine, la significativa risposta dello stesso Cardini alla sua domanda posta all’inizio in merito alla possibilità di incontro tra il nostro mondo e quello islamico:
“Lontana dalla logica dello scontro frontale e da quella della concordia basata sul reciproco ignorarsi […], quella dell’incontro e del confronto pare suscettibile di dar i risultati migliori; a patto di ricordarsi (e questo sfugge alla maggior parte dei musulmani) che cristianesimo e modernità non coincidono […]. Ai cristiani, ai musulmani e ai laici di buona volontà la storia fornisce il modello di tempi nei quali la convivenza era non solo possibile, ma franca e cordiale: dall’impero mongolo alla Spagna due-quattrocentesca al sultanato moghul di al-Akbar in India. Ma i modelli storici restano lettera morta, se non si afferma la volontà di seguirne i suggerimenti, di far vivere il seme che essi hanno piantato affinché fruttificasse nel futuro. Per il mondo musulmano, resta valido quel che ha scritto qualche anno fa l’egiziano Fouad Zakaria: « L’Islam sarà ciò che ne faranno i musulmani». Ma anche il mondo cristiano, l’Europa, il futuro saranno ciò che noi sapremo farne.”