Il Tao della mistica
Saggistica
Editore
Yves Raguin teologo gesuita, formatosi come orientalista a Parigi e Harvard, dopo diverse esperienze in Estremo Oriente dà vita nel 1964, assieme a Jean Lefeuvre, all’Istituto Ricci di Taipei, che rappresenterà per più di trent’anni il centro da cui svilupperà la sua ricerca spirituale e culturale. Tra i più autorevoli e competenti fautori del dialogo interreligioso, è stato autore di numerosi saggi e opuscoli sulla vita spirituale e la contemplazione, ma al suo nome è legato soprattutto il monumentale dizionario Grand Ricci della lingua cinese. Attraverso l’Istituto di Taipei, Raguin ha inoltre organizzato attività pionieristiche nell’ambito della spiritualità cinese, al fine di rendere possibile l’incontro tra Oriente e Occidente.
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L'esperienza della spiritualità
Yves Raguin, teologo gesuita, profondo conoscitore del misticismo cristiano e delle culture e forme di spiritualità orientali, è fra i più importanti fautori del dialogo interreligioso. Visse per decenni in Cina e, cacciato dalla rivoluzione, a Taiwan.
Nel libro "Il Tao della mistica. Le vie della contemplazione tra Oriente e Occidente", aspira ad un processo di integrazione, per una spiritualità universale.
Il testo mostra una cultura immensa ed una conoscenza molto profonda delle varie forme di spiritualità.
Raguin, cristiano, constata che "nei secoli passati, l'Occidente si è mosso maggiormente verso l'esterno piuttosto che verso l'interno"; basti pensare a come, dal Seicento galileano, poi con l'Illuminismo e in modo ancor più estremizzato col Positivismo ottocentesco, la razionalità sia stata fortemente privilegiata dalla nostra cultura, a scapito della dimensione spirituale.
Egli non tende a teorizzare, ma parla con insistenza di conoscenza profonda raggiunta attraverso un percorso esperienziale. Afferma che, "guardando in se stessi, i contemplativi percepiranno (...) una profondità insondabile da cui sgorga la vita come da un pozzo divino". E cita delle tecniche (quasi esercizi) di concentrazione per giungere a tale stadio, quali "fissare la propria attenzione su un oggetto fisico", oppure "contare i respiri all'inizio degli esercizi" : "i pensieri svaniranno quasi automaticamente e proverò una profonda calma". E' essenziale creare un vuoto nel profondo di noi stessi, affinché sgorghino " 'le acque interiori' ".
L'uso di un linguaggio evocativo, metaforico, non è casuale: "ciò che non si può esprimere a parole può (...) essere espresso tramite (...) significati simbolici". Si afferma pure che "l'analogia più vicina alla conoscenza mistica è quella artistica". Viene ricordato inoltre che, a proposito degli archetipi, "Jung (...) ha sostenuto che essi non sono il prodotto del pensiero ma la normale fioritura della nostra natura umana".
L'autore ha una visione della spiritualità molto ancorata alla vita esistenziale: "la fede (...) ci mostra qualcosa di più profondo al cuore di ogni cosa"; con forti legami coll'autenticità ("sono totalmente identificato con me stesso") e con la libertà ("esprimere nella nostra vita la realtà del nostro io più profondo").
"Un'esperienza mistica ha luogo quando avviene una percezione del mistero. (...) E' la diretta esperienza dell'oltre (...), di ciò che l'occhio umano non riesce a cogliere". E' aprirsi alla presenza divina. "Il mistico non sogna realtà che stanno oltre, ma ne fa esperienza".