Il gran sogno di Dio
Saggistica
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Per evitare la catastrofe
Non si può proprio dire che Padre Alex Zanotelli sia un curiale, né che nei palazzi, e quindi lontano dalla realtà di tutti i giorni, pontifichi con aria solenne; no, lui è uno di quei sacerdoti che vivono in mezzo alla gente, a quella più povera, a quella talmente in basso da non essere colta, spesso intenzionalmente, dallo sguardo di chi governa e che in quanto tale ad essa dovrebbe provvedere, poiché é chi ha meno che deve essere aiutato e non chi ha di più. Ciò non toglie che, nonostante la sua quotidiana missione, Alex Zanotelli, osservando le molteplici storture, ne scriva, suggerendo anche rimedi. E così sono parecchie le sue pubblicazioni, ultima in ordine di tempo Il Gran Sogno di Dio, uscito per i tipi di Dissensi, una piccola, ma battagliera casa editrice, del tutto controcorrente e volta alla ricerca di un mondo più equo e migliore.
Il problema che si pone l’autore non è cosa da poco, è una incombente tragedia che assilla il sonno di non pochi, ma a cui i governi cercano di rimediare con dei palliativi, senza andare alla radice, eliminando una volta per tutte le reali cause. Oggi vige l’impero del consumismo, che per esistere ha necessità di creare nuovi bisogni, attingendo a piene mani alle risorse del pianeta, risorse che sono in via di esaurimento. Il famoso effetto serra farà sì che la temperatura del globo a fine secolo sarà più alta di 4° rispetto all’attuale. Quattro gradi sembrano pochi, ma gli effetti saranno devastanti, con scioglimento di parte dei ghiacci dei poli e innalzamento delle acque dei mari, che sommergeranno vasti territori; inoltre crescerà il processo di desertificazione, così che ci saranno enormi spostamenti migratori, in confronto dei quali le centinaia di disperati che approdano giornalmente sulle nostre coste sono un’inezia.
Ha ragione Alex Zanotelli quando riporta una frase di Paul Collins, tratta dal suo libro Judgement Day, Struggle for Life on Earth, che sintetizzando è un’accusa alle generazioni che si sono succedute dalla fine della seconda guerra mondiale e che saranno odiate dai nostri posteri, odiate perché se Dio ha impiegato quattro miliardi e seicento milioni di anni per consegnare all’uomo un pianeta abitabile, quest’uomo, che dovrebbe essere sapiens, in pochi decenni lo sta distruggendo, e - aggiungo io - in preda a una stupidità non riscontrabile in nessun animale. Siamo seduti allegramente su un ramo che si sta spezzando e non facciamo nulla per scendere. Certo, in un’umanità in cui pochi hanno quasi tutto, questa è una delle conseguenze: chi detiene il denaro - e il denaro è potere - ci illude che solo consumando possiamo raggiungere la felicità, quando è vero tutto il contrario. Il dramma, però, è dato dal fatto che di questa natura che abbiamo ricevuto in dono noi stessi siamo parte, ma non riusciamo più a convivere con essa nel rispetto di tutte le altre componenti, abbattiamo foreste (e poi ci lamentiamo se l’anidride carbonica aumenta), peschiamo nei mari con metodi da cavallette e ben presto non ci sarà più pesce, scaviamo, sventriamo, cementifichiamo in una insulsa corsa verso il nulla. Il dono che Dio ci ha fatto è unico e non possiamo permetterci di distruggerlo, né possiamo sperare in un suo aiuto, perché solo noi dobbiamo essere artefici del cambiamento. Quel che occorre non è solo una rivoluzione economica, finanziaria e politica, ma anche una rivoluzione spirituale, che addirittura io ritengo prioritaria.
Per quanto il libro sia permeato dalla religiosità di Alex Zanotelli – e del resto non potrebbe essere diversamente – questo straordinario missionario comboniano non rimane mai su un livello teologico, ma scende fra gli uomini con esempi pratici, dando all’opera un senso di concretezza senza il quale potrebbe sembrare solo il frutto di un chimerico ideale. Ciò che si propone, attraverso anche l’analisi di quanto avvenuto nell’umanità in epoche precedenti, è invece attuabile, purché ci si liberi dall’abitudine, si ritorni a essere uomini non in perenne lotta per il successo e per un maggior guadagno, ma solidali in un cammino dall’alba al tramonto, consapevoli che l’amore, la giustizia, l’equità, il piacere di comunicare sono quanto di meglio ci possa essere per almeno avvicinare, se non raggiungere la felicità, e che possedere tanto, un tanto quasi sempre superfluo, non è motivo d’orgoglio, ma di vergogna.
Leggetelo, sono poche pagine, scritte in un modo semplice e diretto che quasi sbalordisce, ma di una rara efficacia, sono le parole di un uomo che sa quel che dice e che di esse vuole rendere partecipi gli altri uomini, con il piacere appunto di comunicare, di cercare la giustizia e l’equità, di dimostrare il suo amore per i suoi simili, vale a dire la traduzione in pratica del rimedio all’autodistruzione.