Il libro dei cinque anelli
Saggistica
Editore
Miyamoto Musashi (Miyamoto, Giappone, 1584 - 1645) fu il più celebre maestro di spada giapponese, di cui si dice che non perse mai un incontro. Iniziò a combattere a tredici anni e continuò fino ai cinquanta, quando si ritirò per dedicarsi allo studio della letteratura, della pittura e della calligrafia oltre che all'arte della forgiatura delle spade, nella quale divenne un maestro assoluto.
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There can be only one!
Parlando de il Libro dei Cinque Anelli spesso si sentono dire cose come “c’è più verità in una singola riga di Musashi che in un trattato di filosofia", oppure "è un opera assoluta che trascende il tempo ergendosi a strumento di comprensione della vita" o peggio "un libro illuminante, ho imparato molto leggendolo..." Cose di questo tipo. Ma di fatto non è così.
Che ci sia del vero e del chiaro (luminoso o illuminante che dir si voglia è un termine talmente comune ormai che quasi non ha più valore) in questo libro è inopinabile, ma è altrettanto vero che quanto dice Musashi è assolutamente, e se volete anche chiaramente, legato al suo tempo e al suo luogo. E a dirla proprio tutta non trascende un fico secco. ...E meno male! Poichè questa sopravvalutata opera non è altro che un elenco ordinato di postulati su come colpire, ferire e ammazzare meglio il tuo nemico se casualmente sei in possesso di una katana.
Certo ogni tanto si parla anche di approccio psicologico allo scontro, di disposizione mentale, verrebbe dunque istintivo per estensione far combaciare i precetti della via del Hehio alla vita di tutti i giorni: come affronti il nemico in singolar tenzone, così affronti le avversità della vita quotidiana, verrebbe… ma sarebbe un volo di fantasia poichè in realtà ad ogni consiglio, ad ogni tecnica analizzata, si ritorna sempre lì, al combattimento: meglio attaccare subito che aspettare l’avversario, se lui ha una spada lunga tu usane una ancor più lunga, meglio attenersi a sole cinque posizioni di guardia che tentarne altre ecc. ecc.
Ok, ok, chiaro, volendo anche oggi queste regole hanno un qualche utilità, ma affermare che trovino costantemente riscontro nelle migliaia di sfaccettature della poliedrica esistenza dei nostri tempi è mancare di obbiettività. Oggi giorno è senz'altro giusto attenersi a delle linee guida di base, alcuni le chiamano codice di comportamento, altri morale, coerenza, o sanità mentale perfino, ma da qui a dire che le tecniche di Musashi si applicano ad ogni aspetto della nostra vita, che i suoi insegnamenti, finalizzati alla sconfitta violenta, all’uccisione, del nemico siano utilizzabili indiscriminatamente in ogni situazione concreta e pratica della realtà moderna, be suona un po’ eccessivo.
Niente di male, dunque se si considera il libro un buon documento storico della mentalità dell’epoca, una sorta di saggio folkloristico o un pittoresco estratto della società giapponese seicentesca, ma se invece lo si tiene da conto come il vademecum dell’uomo moderno o vi chiamate Chuck Norris e andate per strada a mietere vittime o avete una bella sindrome di Peter Pan! (Talvolta le due alternative coincidono...)
E parlando di Chuck Norris, francamente non sembra neanche che le tecniche qui descritte siano di qualche utilità neppure per il praticante di arti marziali, non si possono neppure definire tecniche infatti: sono più che altro tracce, suggerimenti poco precisi e mal spiegati e quindi perlopiù inutili qualora si debba sopraffare il presunto nemico tra le quattro mura di una palestra.
Dunque, per concludere, Il libro dei Cinque Anelli può essere considerato un testo storicamente interessante e forse in certi passaggi persino accattivante, ma senza dubbio rimane un' opera fine a se stessa, inapplicabile nel dojo per mancanza di specificità e inapplicabile nella vita quotidiana per… be perché se Dio vuole ci siamo evoluti e, nonostante certi ausiliari del traffico ci spingano a regredire al medioevo, non andiamo più in giro a sanare torti e redimere coscienze a colpi di spada, o almeno così si spera...
Nel nono giorno, del primo mese, del quattordicesimo anno del 2000.
A Milano,
Chuck Norris (ah no scusate Paolo Pizzi)