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Tranelli d'Italia

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Luca Goldoni da decenni osserva e racconta gli italiani, popolo strano che cambia più facilmente i suoi pensieri che non il suo modo di essere. "Tranelli d'Italia", parodia dell'inno di Mameli, è una provocazione, una analisi schietta e pungente degli anni che stiamo vivendo. L'occhio di un giornalista del nostro tempo descrive una società che non riconosce più, una nazione soave ormai scossa da venti approssimativi e confusionari. Attraverso una sorta di diario personale, Goldoni realizza un quadro amaro di un paese eternamente sospeso tra grandi slanci e rovinose cadute. "Tranelli d'Italia" è un atto di accusa verso la nostra società ma anche una dichiarazione d'amore nei confronti del genio italico.



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Tranelli d'Italia 2017-12-08 05:58:11 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    08 Dicembre, 2017
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E nessuno sa più sbrogliare la matassa

Conversazione con la mia bibliotecaria.
«Te lo ricordi? Che fine avrà fatto?»
«Sarà ancora vivo?»
Stiamo parlando di Luca Goldoni, l’autore di Cioè (chi se lo ricorda?), un libro che negli anni settanta aveva colpito nel segno, criticando il linguaggio degli italiani e la sua decadenza.
Una breve ricerca su internet ci conferma che il giornalista è vivo e vegeto.
«Ti procuro l’ultima sua opera, è abbastanza recente!». Per l’appunto si tratta di Tranelli d’Italia, titolo parodia dell’inno nazionale.

In questo saggio, Luca Goldoni scatena ancora il suo spirito satirico contro le tautologie e i nonsense dell’espressione (“Pertanto non si possono escludere rilevanti scosse future, anche se si può ipotizzare che l’attuale fenomeno sia in via d’estinzione”) parla del suo “Sentirsi emiliano”, inevitabilmente ripercorre con nostalgia alcune tappe della sua carriera (“Tornavo dai servizi di guerra con il complesso del reduce che stenta a reinserirsi”) verificandone l’evoluzione (“E così è cominciata la mia ultima avventura: l’inviato speciale dentro me stesso”), constata gli intervenuti mutamenti nella comunicazione e nella società:
“Sesso in pubblico
Mi ero riproposto un commento in stile catilinaria basato su tre elementi:
1) Definitivo tramonto degli ultimi sprazzi di pudore…
2) Espansione del suddetto fenomeno in seguito alla metamorfosi del cellulare…
3) Accorato rimpianto degli adolescenti della mia generazione costretti ad amoreggiare tra Prevert e Peynet…”

Dell’Italia, denuncia alcune cattive abitudini: la negligenza nei confronti del patrimonio artistico (“Pazzesco. Come possedere ettari di frumento e non mieterlo… Disponiamo di un formidabile apparato di polizia che ammanetta i criminali in tempi record, ma poi li lasciamo uscire dal carcere per decorrenza dei termini”), la superficialità (“Perché… l’indignazione popolare ha travolto la politica ladra e sleale e tratta il calcio con tanta indulgenza?”), e altro ancora.

La prospettiva della critica risente del trascorrere degli anni (“Non esistevano le odierne sbornie del sabato sera, una cura dell’alcol per sciogliere timidezze e inibizioni, per rivitalizzare - ci si illude - un’attrazione sessuale appannata nei maschi dall’overdose di femmine prêt à porter e dalle solitarie frequentazioni dei siti erotici di internet”) e degli acciacchi (“Angioplatsica… l’intervento sul mio cuore”).

Giudizio finale: ironico e parodistico, senescente e a tratti nostalgico.

Bruno Elpis

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