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Storia dell'Italia mafiosa Storia dell'Italia mafiosa

Storia dell'Italia mafiosa

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"Storia dell'Italia mafiosa" rappresenta un'importante innovazione nello studio e nell'analisi dei fenomeni mafiosi in Italia. Viene ricostruita in maniera unitaria la storia della mafia, della 'ndrangheta e della camorra, dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell'Italia post unitaria, al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. Si è dinanzi ad un grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni. Il volume rappresenta inoltre il contributo più significativo al superamento delle interpretazioni dominanti delle mafie come frutto esclusivo del Mezzogiorno, della sua arretratezza economica e sociale, di una cultura omertosa e complice. Isaia Sales dimostra come quel racconto, pressoché immutato da due secoli, continui a costituire un formidabile ostacolo alla comprensione delle mafie e a rappresentare, nella migliore delle ipotesi, un colossale abbaglio. Pagine appassionanti svelano perché le mafie, nonostante gli auspici di tanti, non siano state sconfitte dalla "modernità", anzi si siano trovate pienamente a loro agio dentro di essa, senza alcun imbarazzo. E sono ancora qui nell'Italia post moderna di oggi, nel mondo di Google e dell'I-pad. E non solo nel Mezzogiorno.



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Storia dell'Italia mafiosa 2018-08-13 18:28:15 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    13 Agosto, 2018
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Le relazioni letali

“Storia dell’Italia mafiosa” è un libro che parte da un interrogativo dirompente: si può davvero raccontare la storia politica italiana senza riferirsi alla storia delle mafie? Certo, sinora è stato così (anche per uno come Benedetto Croce). Il problema è se sia corretto.
Siamo abituati a volumi storici o cronachistici che, inquadrando il fenomeno mafioso dall’Unità d’Italia ad oggi, lo raccontano in disparte da ogni altro contesto: sanguinarie guerre di camorra, il feroce periodo corleonese, vicende di ‘ndrangheta più o meno recenti (la strage di Duisburg, l’omicidio Fortugno, etc.). Quando va bene. Altrimenti a raccontare la mafia sono serie tv e sceneggiati che propongono una storia spettacolarizzata di personaggi e contesti, spesso irrealistici, e che comunque non si pongono il problema di indagare sul nucleo del fenomeno mafioso (anche perché non è il loro obiettivo).
Ciò che ci rende assuefatti, tra l’altro, ad identificare la violenza quale unico peculiare connotato delle mafie.

Il sociologo napoletano Isaia Sales racconta qualcosa di molto diverso: “La storia delle mafie meridionali non è storia di semplici organizzazioni criminali, bensì storia dei rapporti che l’insieme della società (locale e nazionale) ha stabilito, nel tempo, con questi fenomeni criminali e viceversa, è storia di rapporti con il mondo esterno alla stessa criminalità. Senza queste relazioni, senza questi rapporti le mafie non sarebbero tali, non sarebbero durate tanto a lungo, non peserebbero come un macigno sul passato, sul presente e sul futuro dell’intera nazione.”
Uno scontro in campo aperto tra due forze schierate, quella dello Stato e quella delle mafie, si concluderebbe in pochissimo tempo e senza alcuna speranza per i mafiosi. Ma essi non hanno alcuna intenzione di attaccare frontalmente lo Stato, e quando ciò è successo (con Totò Riina), hanno ottenuto una clamorosa disfatta e un ridimensionamento dell’intera criminalità siciliana, costretta a ripiegare dietro le quinte (con Matteo Messina Denaro) per non estinguersi.
Sales sa che la violenza è stata una caratteristica di molti fenomeni storici passati e recenti che si contrapponevano allo Stato: brigantaggio o terrorismo, ad esempio. Ma questi fenomeni sono stati debellati. Le mafie nazionali no: sopravvivono da due secoli (un’età che contendono soltanto alla Triade e alla Yakuza, mafie asiatiche).
E’ vero che l’uso della violenza e la capacità d’intimidazione sono una caratteristica fondante delle mafie. Non sono, però, la chiave del loro successo: lo sono, invece, le relazioni. Ciò che ha portato la ‘ndrangheta, in particolare, a non essere più soltanto un problema del Sud Italia, ma un potere condizionante anche al Nord, e fuori paese: imprenditori interessati a risparmiare sui costi d’impresa, politici disponibili a raccattare voti, funzionari pubblici pronti ad essere corrotti… e tutti disposti, nella migliore delle ipotesi, a chiudere uno o entrambi gli occhi, quando non a collaborare o a colludere.

Gli storici non accettano “il ruolo politico delle mafie, perché per essi la politica è solo portatrice di valori. Non accettano che la violenza privata sia stata un mezzo di regolazione di contrasti sociali e politici. Non accettano che degli assassini abbiano potuto condizionare la vita della nazione stando dietro le quinte e non sulla scena della storia”.
Se si vuole capire realmente da dove arrivi la mafia – e in cosa risieda oggi il suo reale potere – conviene accantonare ogni altro libro per un momento, e leggere la “Storia dell’Italia mafiosa” di Isaia Sales.

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in generale di mafie, e cerca una comprensione non distorta del fenomeno.
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