Otto anni al potere. Una tragedia americana
Saggistica
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
La strada verso l’uguaglianza è ancora lunga.
Questo è il mio terzo libro di Coates, dopo infatti i fumetti di Pantera Nera, da lui sceneggiati (e che stanno per uscire in una seconda serie proprio in questi giorni) e il capolavoro “Tra me e il mondo” questa volta ho deciso di rileggerlo ma alle prese con quella che lui chiama “una tragedia americana”.
Dal titolo sembrerebbe quasi che questi 8 anni di presidenza Obama per lui siano stati tragici, ed infatti nel corso del libro ci spiega che è stato così, ma non per colpa dell’ex presidente (al quale nel corso del
romanzo non risparmierà qualche staffilata) ma perché questi 8 anni del primo presidente nero hanno poi legittimato quello che lui chiama “il primo presidente bianco” (Trump).
Il libro si divide in otto capitoli, uno per ogni anno di presidenza Obama, nella quale oltre ad una breve descrizione dell’ambiente e dei cambiamenti in corso all’epoca, lo scrittore fa diversi excursus dalla nascita della schiavitù in America fino a Martin Luther King.
Molte storie sono pesantemente tragiche, come ad esempio quando racconta come uno schiavo si poteva guadagnare la libertà, o a quali subdole regole erano costretti i “neger” (gli schiavi), regole che logicamente valevano solo per loro e non per la popolazione bianca.
Infatti poi con l’andare avanti del romanzo la narrazione si fa molto più politica, Coates intervista diversi attivisti di Chicago (la città di Obama), e ci spiega perché a parità di ceto e salario i neri sono comunque più “poveri” dei bianchi. Ci racconta come venivano ghettizzati, prima in maniera violenta, poi in maniera diplomatica.
Il libro finisce poi con l’ultimo capitolo, “il primo presidente bianco” e ci racconta nei dettagli l’elezione di Donald Trump e come questa sia avvenuta su base prettamente razziale. Assurdo è che anche la Clinton, pur essendo democratica, aveva il suo zoccolo duro negli elettori bianchi.
Insomma Coates, grande studioso in materia, ci spiega ancora una volta perché in America il razzismo non è stato superato ma anzi è ancora presente e forte. Lo fa, come dice nelle ultime pagine, per “tentare di avere un mondo più umano”.