Saggistica Politica e attualità La paranza dei bambini
 

La paranza dei bambini La paranza dei bambini

La paranza dei bambini

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La paranza dei bambini è la storia di un gruppo di adolescenti decisi a conquistare Napoli. Un gruppo di fuoco – una paranza, appunto. Ragazzini che sfrecciando sugli scooter e sparando all’impazzata con pistole semiautomatiche e AK47 controllano strade e quartieri. Ragazzini che non hanno paura né del carcere né della morte, perché sanno che l’unica possibilità a loro disposizione è giocarsi subito la vita. “I soldi li ha chi se li prende, non chi sta ad aspettare che qualcuno glieli dia.” Paranza è nome che viene dal mare: sono “le barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce”. E come nella pesca a strascico la paranza va a pescare persone da ammazzare. Qui si racconta di ragazzini guizzanti di vita come pesci, di adolescenze “ingannate dalla luce”, e di morti che producono morti.



Recensione della Redazione QLibri

 
La paranza dei bambini 2016-11-18 11:46:49 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    18 Novembre, 2016
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Camorra 2.0

Napoli che e’ bella da impazzire tra i palazzi, i musei, l’arte, le botteghe, il dialetto, l’allegria.
Sfugge al turista quello che striscia dietro, nei quartieri dove non si passeggia, nelle periferie, nell’attimo che non ha incrociato.
Esiste una realta’ di camorra cui non importa della data di nascita, sono giovani dal futuro incerto che scelgono la via piu’ facile, o l’unica che conoscono, per arrivare a Tutto e Subito.
Denaro e potere: ambizione dei piccoli.
Ragazzini che nemmeno avrebbero l’eta’ per salire in sella sfrecciano sui motorini nel centro, senza regole, senza paura. Giurano fedelta’ e omerta’ con un patto di sangue che si mischia sui polsi tagliati, accendono un cero alla Madonna e ottengono la sacrosanta benedizione della paranza. Parlano attraverso le battute a memoria dei film di gangster, imparano a governare armi su Youtube , non temono la morte se avverra’ dignitosamente in battaglia. Estorsioni, spaccio, rapine, omicidi.

“ Io per diventare bambino c’ho messo dieci anni, per spararti in faccia ci metto un secondo.”

Stiano sereni i suoi sostenitori e si rilassino i detrattori, Roberto Saviano non propone saggistica con questo ultimo libro, ma narrativa. Quindi non puo’ aver copiato. Ha scritto con quella sua penna talentuosa un romanzo appassionato e appassionante, fortemente realistico, tragico, spaventoso.
Dal passo inarrestabile scorre il fiume in piena delle vite disgraziate dei suoi protagonisti, col vigore e l'incoscienza e l'ambizione della giovinezza. Galoppa ad un ritmo serrato frustato dallo scudiscio del (comprensibilissimo) dialetto napoletano che caratterizza, ravviva, porta nel rione.
Scuote il lettore tramortito che rapito dalla miscela di trama e forma barcolla disorientato, lontano dalla sicurezza della carta e’ scaraventato a perdifiato nel mondo di mezzo. Una realta’ surreale a meta’ strada tra lettura e vita vissuta, personaggi inventati incastrati in una situazione sociale esistente.

Oggi digitando su Google “ La paranza dei bambini” si ottengono risultati riconducibili al solo Saviano, qui ci sarebbe da rallegrarsi. Se pero’ accanto si aggiunge la parola “Woodcock” o “ De Falco”, gli estremi delle labbra perdono il sostegno gravitazionale, i risultati sono cronaca.
Libero l'autore dal rigore bibliografico imposto in saggistica, lo spunto arriva dalla lettura dei fascicoli di un’inchiesta condotta dai magistrati sopra citati e che nel giugno scorso porto’ a quarantatre condanne di camorra.

Un bellissimo libro orribile, buona lettura.

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La paranza dei bambini 2017-10-19 19:03:36 Chiricaz
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Chiricaz Opinione inserita da Chiricaz    19 Ottobre, 2017
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una paranza che da mare diventa terra

I bambini di paranza non sono bambini. Sono persone per cui la convenienza è l’unica regola, il valore della vita è nulla e l’unica cosa che conta è arricchirsi ed essere un vincente. Non esiste il fallimento, come racconta Saviano in un’intervista da Fazio, i ragazzi vedono gli sforzi dei loro genitori e le loro condizioni poco agiate (ma non misere) e sanno che lo Stato, la legalità non gli permetterà di diventare qualcuno, non vogliono guadagnare mille euro al mese per vie legali, ma guadagnarne 300 sapendo che in futuro si ritroveranno a gestire intere piazze di spaccio e a potersi permettere una vita piena di lussi, per loro e per i loro genitori. Non pensano a cosa succederebbe se fossero i loro genitori a dover pagare la “protezione” (il pizzo) a qualche clan, pensano invece che loro, loro che la “protezione” la fanno pagare agli altri, hanno capito come si sta al mondo più dei loro genitori, di essere più saggi, più adulti, più uomini e più padri di loro, perché erano proprio i paranzini ad aver iniziato a ‘portare il pane’ a casa . In questo romanzo è fondamentale appunto anche la figura dei genitori, essi li sostengono- se non fin da subito si ritroveranno a farlo in futuro soprattutto dopo che gli verranno fatti dei torti, dopo che avranno apprezzato la nuova condizione di vita con tutti gli agi che i loro figli gli permettono.

Il protagonista della storia, Nicolas ‘o Maraja, vuole diventare un capo di paranza, vuole creare una paranza con i suoi amici più fidati. Ma una paranza non la puoi fondare senza fare alcun morto, non la puoi fondare senza delle armi e non la puoi fondare se non ti guadagni le piazze di spaccio. Vengono più volte fatti riferimenti a ‘il principe’ di Macchiavelli, perché Nicolas trova ispirazione proprio da quest’opera. È una storia di violenza, ispirata a fatti reali ed orribili. La giustizia ha una sua dimensione, esistono delle regole d’onore, non scritte, ma che DEVONO essere rispettate: “Nicolas si alzò e iniziò a girargli intorno. Camminava piano. L’Arcangelo non si muoveva, non lo faceva mai quando voleva dare l’impressione di avere occhi anche dietro la testa. Se qualcuno ti è alle spalle e gli occhi iniziano a seguirlo, significa che hai paura. E che tu lo segua o no, se la coltellata deve arrivare, arriva lo stesso. Se non guardi, se non ti giri, invece, non mostri paura e fai del tuo assassino un infame che colpisce alle spalle.”

È un mondo del tutto nascosto che pochi conoscono, ma che c’è e che colpisce il mondo intero e c’è il bisogno di conoscerlo, di informarsi e di SAPERE, ed è per questo da apprezzare, sostenere, ammirare e imitare un personaggio come Roberto Saviano.
il linguaggio usato per i dialoghi è il dialetto napoletano (e a me ha fatto molto sorridere)

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La paranza dei bambini 2017-08-23 10:00:49 AndCor
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AndCor Opinione inserita da AndCor    23 Agosto, 2017
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Il fritto misto di Machiavelli spaccia e uccide

Quartiere Forcella di Napoli. Un gruppo di adolescenti, tutti ancora minorenni con appena 15-16 primavere sulle spalle, coltivano il sogno estremo di diventare boss incontrastati della città partenopea. Peccato che "A Napoli non esistono percorsi di crescita: si nasce già nella realtà, dentro, non la scopri piano piano.", e che questa realtà non contempli studio, lavoro e sacrifici, bensì anteponga pistole semiautomatiche, AK47, omicidi e contromicidi. Il capo del neonato clan è Nicolas, più conosciuto come 'Maraja' per via dell'estrema vicinanza al locale più chic di Posillipo e indefesso ammiratore del Principe machiavelliano, ed è lui che incarna questa ambizione sfrenata in modo morboso, poiché "Le gesta di un guerriero passano di bocca in bocca, fanno notizia e poi fanno leggenda.". Esiste solo il presente, guizzante come i pesci di paranza e dominato dalla prepotenza e dalla prevaricazione, e il terribile risultato finale non può che sfociare nella tagliente dicotomia fra 'fottuti' e 'fottitori', dove ogni coordinata etica e morale verrà meno e dove la scalata al potere sarà brutale e senza possibilità di appello.

Siamo di fronte a un romanzo dalla straordinaria caratterizzazione socio-psico-pedagogica, nella quale il rovesciamento dei valori rappresenta la chiave di demarcazione principale per l’analisi del testo. Di fronte alle famiglie deboli e omertose e alle istituzioni assenti e abbonate al tacito consenso, il percorso educativo della nuova generazione è abbandonato a sé stesso ed è privo di qualsiasi punto di riferimento solido e calibrato. Quasi straborda il disprezzo per coloro che si guadagnano il pane con il sudore della fronte e con la fatica, perché "il fine giustifica i mezzi" riassume perfettamente il loro volere tutto e subito, in barba all'illegalità, al carcere, al rispetto del prossimo e alla morte.

Attraverso un ritmo sostenuto e cadenzato e un uso del dialetto semplicemente perfetto, Saviano ci mostra uno spaccato autentico dalla forza realistica sanguinante: in un mondo dove vige la sola legge del più forte, si muovono esseri feroci e spietati che non guardano e non cercano un riscatto per il proprio futuro. Tuttavia, per un presente che parla, sparla, straparla e pretende, non manca il diabolico contrappasso, poiché, come la paranza del mare indica le barche che vanno a pesca di pesci da ingannare con la luce, la paranza della terraferma è la malavita che attrae le nuove leve promettendo fama e soldi facili, per poi sacrificarle come merce di scambio al minimo bisogno. E la tragica conclusione sembra rivivere la Roma di Bonini e De Cataldo: irredimibile e inespiabile.

"Guardati dentro. Guardati dentro profondamente, ma se non provi vergogna non lo stai facendo davvero. E poi chiediti se sei fottuto o fottitore."

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"La notte di Roma", di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo.
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La paranza dei bambini 2017-05-29 14:57:58 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    29 Mag, 2017
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Il limite è il cielo

Saviano si lancia nella letteratura romanzata senza abbandonare la sua peculiarità di scrittore d'inchiesta, regalandoci una storia di fantasia che non si distacca minimamente da una realtà difficile che l'autore denuncia con il solito coraggio, la consueta lucidità, il grande amore per la sua terra di cui continua ad evidenziare i problemi non per denigrarla (come stupidamente e superficialmente qualcuno continua a dichiarare) ma, al contrario, per contribuire a combattere il male che la affligge. Lo fa con uno stile pregevole, trovando il giusto equilibrio tra una prosa di prim'ordine e un gergo giovanile infarcito di coloriti termini dialettali, senza perdere minimamente eleganza neanche durante le scene più cruente e davanti alle più triviali volgarità. In uno dei quartieri più difficili di Napoli, un gruppo di adolescenti cresciuti nel mito dei grandi boss mafiosi, reali o cinematografici che siano, sognano di diventare potenti, temuti e, ovviamente, ricchi. Siamo a Forcella e loro sono Briato', Tucano, Dentino, Drago', Lollipop, Pesce Moscio, Stavodicendo, Drone e Biscottino. A capitanarli Nicolas Fiorillo, detto Maraja. Piccoli delinquenti che fin dall'infanzia seguono modelli sbagliati, che imparano a sparare guardando video tutorial su internet, che infarciscono i loro discorsi di citazioni prese da film come "Il camorrista" o "Scarface". Ragazzi cresciuti troppo in fretta, in una città in cui bisogna "nascere imparato", in cui la realtà non la conosci piano piano ma ci nasci già dentro, in strade dove uno sguardo è segno di sfida, è invasione, manifestazione di potere; dove genitori ed insegnanti non hanno nessuna autorità, vengono visti come dei falliti costretti a sgobbare per guadagnare in un mese ciò che con lo spaccio, le estorsioni, le rapine si può guadagnare in pochi minuti. La vera scuola è la strada, è lì che si può imparare tutto il necessario per diventare qualcuno. Le forze dell'ordine sembrano totalmente in balìa della criminalità, in netta inferiorità numerica, con un arsenale ridicolo in confronto a quelli dei camorristi e con a stento i soldi per mettere benzina nelle loro pantere. E quando riescono ad arrestare qualcuno vengo fischiati, insultati, strattonati da una massa solidale con i criminali. In questo contesto, Nicolas e la sua banda si barcamenano dedicandosi ad attività per niente lecite che consentono loro di comprare vestiti e scarpe firmate, smartphone di ultima generazione, gioielli, ostriche, caviale e fiumi di champagne. Ma a Maraja e soci tutto ciò non basta, loro vogliono avere il potere, vogliono il rispetto di tutti, vogliono incutere paura in chiunque li incroci sulla propria strada. Allora basta lavorare per questo o quel boss! Bisogna costruirsi una "paranza" indipendente, non appartenere a nessuno, non stare sotto a niente. "Il limite è il cielo". Ma come possono farcela dei ragazzini non ancora maggiorenni? Nicolas mente furba, spietata e dotata di un'intelligenza notevole che purtroppo incanala nella direzione sbagliata, ha le idee molto chiare. La risposta è una sola: con il terrore. "Bambini li chiamavano e bambini erano veramente. E come chi ancora non ha iniziato a vivere, non avevano paura di niente, consideravano i vecchi già morti, già seppelliti, già finiti. L'unica arma che avevano era la ferinità che i cuccioli d'uomo ancora conservano. Animaletti che agiscono d'istinto. Mostrano i denti e ringhiano, tanto basta a far cacare sotto chi gli sta di fronte. Diventare feroci, solo così chi ancora incuteva rispetto li avrebbe presi in considerazione. Bambini si, ma con le palle. Creare scompiglio e regnare su quello: disordine e caos per un regno senza coordinate".

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La paranza dei bambini 2017-04-03 16:21:24 GPC36
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GPC36 Opinione inserita da GPC36    03 Aprile, 2017
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Un pugno allo stomaco

Ha la durezza e la dolorosità di un pugno allo stomaco questo libro di Saviano, poiché ci pone di fronte ad una realtà sociale che si vorrebbe negare, considerandola un incubo, una fantasia da romanziere, ma che le cronache della criminalità campana ci obbligano a riconoscere come vera.
La forma del romanzo, che consente di mettere a fuoco la personalità di tutti i ragazzini che compongono la “paranza”, l’annullamento in loro di ogni valore positivo, la distorsione nei modelli di vita cui fanno riferimento, l’assenza di anticorpi adeguati a contrastarne la devianza sociale, aggiunge tensione e drammaticità. Come in “Gomorra” il libro è basato sulla conoscenza della realtà sociale e trova supporto e conferma in un’azione giudiziaria che, pochi mesi prima della sua pubblicazione, ha portato alla condanna di 43 giovani imputati nella sentenza di primo grado.
Nel vuoto creato nella camorra napoletana, dopo i processi che hanno portato in prigione o posto agli arresti domiciliari i pezzi più importanti dei vari clan, un gruppo di ragazzini che hanno come modelli sociali le carriere dei capi della camorra, come obiettivi l’arricchimento rapido e il controllo di una parte del territorio, cerca la propria affermazione come gruppo di fuoco autonomo, con azioni feroci.
Saviano usa una combinazione tra narrazione e saggistica per metterci di fronte ad una situazione sociale angosciante, ma purtroppo reale, poiché le pagine di cronaca nera napoletana ci parlano di “stese”, le sparatorie a vuoto (quando va bene) che servono ad affermare il potere intimidatorio delle “paranze”, di aggressioni e omicidi giovanili.
Certo questa è solo la parte nera di una città in cui coesistono esasperate ed esasperanti contraddizioni; un parte sgradevole, ma più reale dell’immagine patinata ed oleografica che è stata data in una recente versione televisiva de “I bastardi di Pizzofalcone”, sicuramente più apprezzata dal primo cittadino di Napoli, che ha reagito con incomprensibile pesantezza alla pubblicazione di questo libro.
Nello stile Saviano cerca di ricreare il linguaggio reale dei ragazzini napoletani, un dialetto appesantito da interiezioni che rendono ancor meno piacevole una narrazione crudamente realistica.

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Gomorra; a chi non rifiuta una "discesa agli inferi"
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La paranza dei bambini 2017-03-28 11:31:46 violetta89
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violetta89 Opinione inserita da violetta89    28 Marzo, 2017
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Addà murì mammà

Nicholas è poco più che un bambino che vive in una famiglia come tante, padre insegnante e madre proprietaria di un piccolo negozio, famiglia che fa di tutto per fare vivere ai figli una vita normale e lontano dalla strada. Ma Nicholas vive in una realtà difficile, un quartiere dove la criminalità spunta da ogni angolo, così presto anche lui inizia a sentire il richiamo del potere e dei soldi facili e ci mette un attimo a finire in un brutto giro insieme ai suoi amichetti. Il resto del libro è un'escalation continua portata avanti da questi ragazzini: si parte da atti di bullismo, alle rapine, dal procurarsi un'arma allo spacciare, fino ad arrivare all'omicidio, tutte cose impensabili per le persone normali, figuriamoci per loro che sono poco più che bambini.
Saviano ci propone un romanzo che è a dir poco realistico, potrebbe essere benissimo la biografia di un qualche boss camorrista. La realtà sociale descritta è a dir poco sconfortante, ci mostra quanto in certi ambienti la mentalità camorrista e anche l'accettazione di certi comportamenti malavitosi sia una cosa così normale e radicata, che viene da chiedersi se sia un fenomeno che riusciremo mai a sconfiggere. Questi bambini aspirano a diventare ricchi, a vivere nel lusso più sfrenato, ad essere temuti e rispettati, e se per raggiungere ciò si deve diventare criminali, che problema c'è? Anzi, meglio! I camorristi della zona sono i loro idoli e vengono venerati come dei in terra.
Fortunatamente si tratta di realtà che sono lontane dalla maggior parte delle nostre vite, anche se forse sono più vicine di quanto non si creda e questo fa a dir poco paura. Saviano fa un ritratto di una triste realtà ma, checché se ne dica, secondo me non parla male di Napoli, anzi la sua denuncia è anche un modo per spronare la gente ad aprire gli occhi e a smettere di negare l'evidenza. Isoliamo questa gente, facciamo vedere che la mentalità può cambiare e che il potere non è in mano loro, ma per far questo bisogna cominciare dai bambini, dalle nuove generazioni che devono crescere imparando a condannare la criminalità che si annida intorno a loro invece che a considerarla una cosa normale.
Il romanzo mi è sembrato un po' lento e ripetitivo in certi punti, il fatto che le frasi fossero scritte per metà in napoletano dona realismo al racconto, ma per me che non conosco per niente questo dialetto, ha appesantito un po' la lettura.
In generale è un libro che è per certi versi sconvolgente e allucinante, così come la realtà che descrive ma proprio per questo va letto, e l'amarezza che ti lascia dentro alla fine, è qualcosa che non si scorda facilmente.

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Zero zero zero, libri di denuncia
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La paranza dei bambini 2017-02-17 13:11:41 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    17 Febbraio, 2017
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GENTE DI MARE

La paranza è un vocabolo poco usuale, in uso specialmente nelle città costiere, ha a che fare infatti con la pesca, con le barche, è un termine da gente di mare.
Identifica un tipo particolare di barca che in genere prende il mare in coppia con un’imbarcazione analoga per attuare una precisa strategia di pesca, e quindi il termine identifica sia il mezzo che l’azione del pescare.
La paranza, la pesca con le paranze, si svolge nelle ore notturne, quelle in cui i pesci abbandonano i fondali e le tane, e viene facilitata dall’uso di grosse lampade che attirano il branco, ingannandolo, facendogli balenare un orizzonte e un habitat ideale, guidandolo invece nel centro delle reti per una più facile cattura.
A volte si indica con paranza anche il pescato, ma non la preda principale, e cioè i totani, i cefali, i branzini, e le spigole, o i piccoli tonni destinati a fare bella mostra di sé sui banchi dei mercati ittici, bensì i pesci piccoli e piccolissimi, per dimensioni e fase di crescita, i molluschi, i minuscoli crostacei ancora senza esoscheletro che rimangono impigliati sul fondo della rete, presi in trappola dal trascinio sui fondali.
Più spesso, fanno mercato a parte, rappresentano la parte più magra del bottino della giornata di lavoro, banale e insapore.
Cucinati uno per uno infatti non hanno neanche un gusto particolare; invece preparati in frittura tutti insieme creano una piccola prelibatezza, detta appunto “frittura di paranza”, a riprova una volta di più dell’antico detto “l’unione fa la forza”.
Tutto quanto appena detto è rimesso pari pari nella difficile realtà sociale dei quartieri più poveri e degradati di Napoli da Roberto Saviano, nel suo ultimo libro “La paranza dei bambini”. Un libro amaro, desolato e desolante, ben scritto, e che spiega direttamente, meglio di qualsiasi trattato sociopolitico, la malsana influenza, gli scempi e gli abusi della camorra a carico di certa difficile gioventù napoletana, già dall’infanzia e dall’adolescenza.
Saviano infatti dà alle stampe un romanzo che descrive l’ascesa e il decorso esistenziale, purtroppo a carattere esclusivamente malavitoso, di un gruppo di dieci ragazzini di Napoli, nati e cresciuti nei quartieri della città in cui è più endemica e radicata la camorra e la deviante mentalità mafiosa.
I dieci bambini, ognuno identificato da nomignoli curiosi, insoliti, talora divertenti, come Maraja, Lollipop, Dentino, Briatò, Pesce Moscio, Dragò, ecc., sono come i pesci piccoli sul fondo della rete, presi uno per uno in apparenza non contano granché, in realtà sono buoni, neanche loro sanno quanto di buono c’è in loro, basti pensare appunto che messi tutti insieme possono dar luogo ad una frittura prelibata, un condensato di innocenza, intelligenza, vitalità e civile consistenza.
Intervengono invece gli adulti di malaffare, che senza scrupoli di alcuna sorta, con l’inganno devastano l’innocenza del gruppo, stimolandone gli aspetti peggiori.
Il problema è tutto in una società malsana che li attira abbagliandoli con la luce del facile arricchimento, li intrappola nella rete del malaffare e della delinquenza comune sfruttando le carenze educative, motivazionali ed affettive di questi piccoli pesci.
Piccoli pesci poco più che bambini, preadolescenti fragili ed intensamente teneri, abilmente traviati da squali in veste di pescatori, pescecani che anche dai domiciliari, dalle carceri, dal duro regime del 41 bis riescono a mostrarsi ancora come guide, come esempi da imitare e a cui assomigliare sempre di più per criminale furbizia, sagacia, e sanguinosa crudeltà.
Costoro, i boss, i capi, i mammasantissima criminali, plagiano e militarizzano con le armi i ragazzini, dapprima dotandoli di autentici ferrivecchi a malapena funzionanti, e poi in una incredibile escalation criminali con i mitra e gli strumenti di morte più moderni e micidiali.
Per fornirsi così a scopo intimidatorio, di presenza e di controllo del territorio, di un mezzo impagabile di terrore di massa, la stesa, i raid con sparatorie che costringono malcapitati passanti indifferentemente colpevoli ed innocenti a stendersi per sfuggire ai proiettili vaganti.
In questo modo i boss possono impunemente continuare anche a distanza, anche dal carcere, a comandare sulle zone di influenza, intessendo i loro loschi traffici, sfruttando senza alcuna remora morale i ragazzini della paranza, armandoli, gestendoli, blandendoli, cosicché si costituisce un vero e proprio gruppo di fuoco dei ragazzini, facendo leva sulla loro innata ingenuità, assicurandogli potere, carisma e immunità, quasi fossero davvero boss loro pari. Sfruttando anche una pretesa onorabilità derivante da una ferrea consuetudine di lealtà e fedeltà ai boss, dimostrata dal continuo intercalare: “addà murì mammà”, che mia madre muoia se non dico la verità, se non sono fedele al gruppo di fuoco, sancendo tale vincolo con pittoreschi rituali di iniziazione al sistema criminale, antichi e affascinanti insieme, specie nella mente dei piccoli protagonisti.
I ragazzini aspirano perciò naturalmente e assai ingenuamente, come tutti a quell’età, a divenire anche essi pesci grossi, a impossessarsi in proprio della gestione dei traffici di droga, delle estorsioni, di tutte le attività illecite del quartiere, si sentono grandi, forti, potenti, pronti a scalare le gerarchie criminali.
Come i piccoli pesci sul fondo della rete sono attirati dalla luce delle paranze: luce che nel caso specifico è il richiamo abbagliante del denaro, e di tutto quanto esso può procurargli. Non capiscono, e neanche possono capire, che in realtà sono manovrati subdolamente, che il loro avvenire è compromesso da una luce effimera e transitoria, che li attira come falene, una luce intensa e malefica. Una luce velenosa rappresentata per esempio dalle Air Jordan e le altre scarpe da ginnastica delle migliori e più costose marche disponibili nei Foot Loacker, dai cellulari più lussuosi e tutti i gadget elettronici più cari ed esclusivi di ultima generazione, le play station, gli abiti firmati, le droghe, i motorini, tutto quanto di più effimero, costoso e materialistico l’odierna civiltà dei consumi offre a compensazione di un assoluto deserto di valori e sentimenti di altra valenza culturale, morale e civile.
E appunto come falene questa luce li incenerirà portandoli alla rovina.
Si badi, non esiste alibi sociale, Saviano non fa del facile moralismo, non si tratta, o almeno non si tratta solo di bambini nati e cresciuti in ambienti miseri, poveri, degradati: il degrado, la povertà, la delinquenza, soprattutto l’assenza delle istituzioni è certamente presente nei luoghi popolari di nascita e di crescita.
Tuttavia si tratta, più che di proletariato in senso stretto, dei figli della piccola e piccolissima borghesia, non a caso il giovanissimo capobanda, detto il Maraja, ha per onesti genitori un umile ma dignitoso professore di educazione fisica in una scuola media, mentre la madre si industria con una piccola stireria.
Ciò che attrare i giovanissimi non è la fuga dal bisogno, come poteva essere una volta, ma l’immersione nel lusso più sfrenato, da loro confuso e identificato con la piena felicità, con la completa realizzazione di sé stessi. A niente altro aspirano che ad essere boss del sistema camorristico, ricchi, temuti, rispettati. Anche se per poco, anche se a prezzo di una vita breve, troppo breve, o da trascorrere per la maggior parte al duro regime carcerario previsto per gli associati a organizzazione mafiose.
Per capirci meglio, alla classica domanda di un professore alle scuole medie di cosa i ragazzi vorrebbero fare da “grandi”, se il meccanico, l’idraulico, o continuare a studiare ancora per intraprendere una professione, uno dei ragazzi risponde con disarmante e agghiacciante semplicità insieme: Flavio Briatore.
Non richiama l’esempio del sagace l’imprenditore, ma dell’uomo immerso nel lusso inverosimile più sfrenato e pacchiano; e per questo il piccolo sarà in seguito chiamato Briatò.
Sono bambini, niente altro che bambini di un’infanzia troppo spesso abbandonata a sé stessa, troppo piccoli per capire che altro dovrebbe essere la loro esistenza, altra cosa è il vivere sereni, e quello che è peggio è che sono lasciati a sé stessi, nessuno glielo insegna, nessuno ha tempo, modo e arte per seguirli, le famiglie meno che mai, e del tutto assente sul territorio sono i presidi a essa sostituiva.
Possono capirlo, forse, solo se colpiti direttamente in prima persona, solo se veramente feriti crudelmente a sangue nei loro affetti più cari. Solo allora potrebbero capire che le armi da fuoco non sono balocchi, che la stesa non è un gioco, che l’amore e la morte non sono solo parole. Potrebbero capirlo, certo, allora e a caro prezzo. Un prezzo spropositato, ma almeno questa esperienza di sangue e dolore negli affetti più cari conserverebbe comunque un aspetto salvifico. Se però interviene sciaguratamente un improvviso e imprevedibile capovolgimento di ruoli, se prevalgono a forza ataviche tradizioni di vendetta, di sangue chiama sangue, di leggi del taglione, il destino di questi bambini è segnato, resteranno sempre e soltanto un gruppo di fuoco della malavita organizzata, destinato a soccombere nel sangue, prima o poi, ad un’altra paranza emergente.
E tutto questo è inevitabile, Saviano ne è consapevole e testimone, con dolorosa amarezza.


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La paranza dei bambini 2017-01-31 20:03:01 ant
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ant Opinione inserita da ant    31 Gennaio, 2017
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Nicolas e il suo inferno

Un romanzo in cui Saviano fa emergere un problema gravissimo e raccapricciante, cioè ragazzini che invece di vivere spensieramente la loro fiabesca età e mettere le basi per un futuro importante, al contrario sono dediti al malaffare e a traffici e comportamenti disumani. Il protagonista è Nicolas, detto "o maraja", sedicenne figlio di buona famiglia che vuoi per le frequentazioni , vuoi per il suo carattere particolare, percorre un'ascesa incredibile verso l'affiliazione e poi l'affermazione nell'ambito della malavità . Nicolas si circonda solo dei suoi amici d'infanzia, adolescenti anche loro, e le peripezie e le vicissitudini narrate nel libro sono assurde e inconcepibili x l'età dei protagonisti e la crudeltà insita, ma tant'è.
Concludo estrapolando un passaggio che mi ha colpito, si parla di una crociera nel Golfo di Napoli fatta da questi ragazzi dopo aver estorto soldi con raggiro(p296):
...il capitano aveva pensato che quei ragazzini fossero gli esemplari dei rich kids partenopei che intasavano Instagram di immagini esagerate. Viziati e pieni di soldi che non sapevano come spendere. Cambiò presto idea, quando li vide arrivare in gruppo. E non ebbe più dubbi quando, ormai al largo, a un cenno di quello che palesemente doveva essere il capo, estrassero tutte le pistole e cominciano a sforacchiare l'acqua. Sparavano ai delfini. Le loro fidanzate avevano provato a protestare: "Sono così belliii" , ma si vedeva che in realtà erano fiere dei loro ragazzi, che potevano permettersi di sparare a chi volevano, anche a quelle creature stupende"
Particolare

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La paranza dei bambini 2016-12-29 19:36:21 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    29 Dicembre, 2016
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Romanzo criminale napoletano

Maraja è, ad un tempo, il suo soprannome “di battaglia” e la sua ossessione.
Perchè il Nuovo Marajah è il locale incastonato sul golfo di Napoli dove, tra arredi vagamente esotici, scorrono litri di champagne... e la gente “importante”. Nicholas Fiorillo – questo il suo nome – è convinto che l'incondizionata disponibilità di un priveé in quel luogo, per sé ed i suoi amici, sia il punto di partenza per diventare un vero boss, temuto e riverito.
Nicholas Fiorillo è un bambino che vuole pensare da uomo. Come i suoi compagni, dai soprannomi improbabili ma indelebili: Dentino, Briato', Pesce Moscio, Drone, Tucano, Stavodicendo, Lollipop, Drago'... Bambini che vogliono pensare da uomini. Bambini della paranza.
“La frittura di paranza è tale quando tutto ciò che ti finisce in bocca puoi masticarlo senza identificarlo. La frittura di paranza è lo scarto dei pesci, solo nell'insieme trova il suo sapore. Raggiungere il gusto esatto è la battaglia che si compie sul ferro della padella, sulla spremuta d'oliva, l'olio, sull'anima del grano, la farina, sulla spremuta di mare, i pesci. Si vince quando tutto è in perfetto equilibrio, e quando in bocca la paranza ha un unico sapore.”
La farina è la corazza, l'olio è il battesimo del fuoco, la padella è il rischio, e Napoli è una bocca pronta ad assaporare, o a masticare.
Il perfetto equilibrio, l'unico sapore, è l'obiettivo ultimo di Nicholas Fiorillo, ciò che serve alla paranza dei bambini, pesci piccoli che vogliono crescere, per poter spadroneggiare nel proprio quartiere, poi nella città e nel mondo intero. Maneggiando pistole. Esercitandosi nella “stesa”. Affrontando le baraccopoli dei rom, i formicai cinesi sotto il Vesuvio, persino l'autorità dei casalesi.
Hanno le armi, un covo, la voglia di emergere. Ma più d'ogni altra cosa, a guardarli, hanno l'incoscienza: sono pronti a umiliare chiunque, perché non conoscono davvero la dignità; sono disposti a morire a dieci anni, come può esserlo solo chi non ha ancora capito cosa sia la vita.

Qualcosa de “Il signore delle mosche”, molto di “Romanzo criminale”: il quartiere di Forcella è una nuova Magliana; lo slang romanesco ha preso il ritmo sincopato del dialetto napoletano “imbastardito” (come lo definisce l'autore); la scalata verso il dominio veste altre forme ma resta identica nella sua insensatezza.
L'ultimo romanzo di Roberto Saviano perde qualcosa in originalità rispetto alle opere precedenti. Ma conserva i contenuti tipici dello scrittore napoletano, aggiungendovi un allarme preciso: l'età media della criminalità si sta drasticamente abbassando. E ciò significa che, in un certo ambito geografico, un'intera generazione è interamente persa, senza possibilità di recupero... E chi può dire di quanto quest'ambito si estenderà, anno dopo anno?
Qualcuno di loro ammazzerà. Qualcuno sarà ammazzato, o forse storpiato a vita in risposta ad uno “sgarro”(quello di aver osato ambire al posto di chi ora comanda). Qualcuno altro dirà: “ma tanto si ammazzano tra loro”. E “loro” sono bambini di dieci anni... frittura di paranza, in un modo o nell'altro.

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"Gomorra" dello stesso autore; "Romanzo criminale" di De Cataldo". E, se si è in vena di un paragone "romantico", consigliato a chi vorrà rivedere "C'era una volta in America".
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