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Istruzioni per diventare fascisti Istruzioni per diventare fascisti

Istruzioni per diventare fascisti

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«Essere democratici è una fatica immane. Significa fare i conti con la complessità, fornire al maggior numero di persone possibile gli strumenti per decodificare e interpretare il presente, garantire spazi e modalità di partecipazione a chiunque voglia servirsene per migliorare lo stare insieme. Inoltre non a tutti interessa essere democratici. A dire il vero, se guardiamo all'Italia di oggi, sembra che non interessi più a nessuno, tanto meno alla politica. Allora perché continuiamo a perdere tempo con la democrazia quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura? Il fascismo non è un sistema collaudato che garantisce una migliore gestione dello Stato, meno costosa, più veloce ed efficiente?» Dando prova di un'incredibile capacità dialettica, Michela Murgia usa sapientemente la provocazione, il paradosso e l'ironia per invitarci ad alzare la guardia contro i pesanti relitti del passato che inquinano il presente. E ci mette davanti a uno specchio, costringendoci a guardare negli occhi la parte più nera che alberga in ciascuno di noi.



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Istruzioni per diventare fascisti 2019-01-01 20:39:00 siti
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siti Opinione inserita da siti    01 Gennaio, 2019
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Potenziale fascista

Il piccolo e arguto libello parte dall’assunto che la democrazia sia un sistema estremamente vulnerabile per una serie di ragioni a essa connaturate e che le sono, giocoforza implicite. Limiti sono infatti l’instabilità dei suoi rappresentanti, una rappresentatività troppo estesa che genera esasperante immobilismo, l’antieconomicità del suo impianto, il dar voce al dissenso, il fondarsi sulla diversità, sulle differenze, l’essere autolesionista -può infatti nei suoi principi essere usata contro sé stessa - e per finire il basarsi sulla non violenza.

Cosa può, per antitesi, essere proposto, in un altro modo di governare?
Tutto ciò che, purtroppo, si è già insinuato nella mente di ognuno di noi (se si dovesse avere qualche dubbio sul proprio sentire, un test, in appendice, guida all’autovalutazione della vicinanza più o meno percepita alla più valida alternativa di governo che, OGGI, si possa proporre alle storture democratiche).
Un capo, una conveniente banalizzazione della realtà, un sistema comunicativo in cui tutti hanno voce e di conseguenza nessuno viene ascoltato, una serie di nemici cui proiettare tutte le fragilità e le paure di un popolo, un senso trasversale di protezione, a vantaggio di tutti, una sana violenza verbale, un populismo quanto mai necessario, una deleteria identificazione del potere col popolo, una Storia nazionale da riscrivere.

Qualcosa ricorda il passato? Non abbiate paura, non temete: vi è venuto in mente il fascismo? Riflettete. A parte che nessuno, lo chiama più così. E poi , siamo tutti potenziali fascisti, semplicemente perché il suo grado di contaminazione è potente come non mai, amplificato in questi tempi contemporanei da ciò che rende tutti invisibili nel momento in cui ci palesiamo: il web, l’alleato maggiore di chi ha l’intento di contaminare, banalizzando, la complessità che il vetusto sistema democratico ha cercato di decodificare.

In guardia!

Brava Michela!

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Istruzioni per diventare fascisti 2019-01-01 15:48:17 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    01 Gennaio, 2019
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Una riflessione di grande attualità

Michela Murgia torna in libreria con un testo di forse modeste dimensioni ma non certo di contenuto altrettanto infinitesimale.
La chiave di lettura di questo elaborato è certamente l’ironia e l’irriverenza ma anche la provocazione. Una provocazione sottile ma esplicita che ha tanti fondi di verità e che quindi, per questo, alla fine è espressione di un qualcosa che nella nostra società è radicato. Ma partiamo con ordine. Il primo tassello all’analisi che viene proposto è quello di mutare la prospettiva: veniamo cioè obbligati a spogliarci dei panni dell’uomo democratico per indossare quelli del fascista. Si noti bene che con “fascisti” si intendono tutti coloro che oggi come oggi tendono a voler ergere muri, a limitare la solidarietà, a mettere gli uni contro gli altri per controllare entrambe i gruppi, coloro che limitano le libertà civili, coloro che negano il diritto di migrazione “con l’arma della legge e l’alibi della responsabilità”. Detta definizione certamente farà affermare al conoscitore “ah, io no di sicuro! Io fascista non sono!”. Ma aspettate. Aspettata a trarre conclusione perché da qui la Murgia ci ricorda che il problema non è tanto stabilire chi è fascista e chi è democratico quanto, al contrario, delineare e stabilire chi non è in parte coinvolto nella legittimazione del fascismo come metodo, fino a determinare quanto fascismo di fatto c’è in chi si crede e professa antifascista. Difatti:

«Il rischio è dire: se tutto è fascismo, niente lo è. Non è così. Non tutto è fascismo, ma il fascismo ha la fantastica capacità, se non vigiliamo costantemente, di contaminare tutto» p. 94

Perché la verità è che siamo tutti bravi a difendere i più deboli, questo almeno fino a che non ci è toccato il nostro orticello, il nostro spazio difensivo. Perché a quel punto, zacchete, ecco che il nostro punto di vista e il nostro metro di giudizio muta cambiando prospettiva, fazione di appartenenza. È come se ci sentissimo minacciati, invasi, toccati da un qualcosa che in realtà è sempre esistito e di cui noi per primi siamo stati i protagonisti, ma che in questa epoca ci viene presentato quale nemico, occupante, aggressore di diritti e libertà che per noi sono stratificate, ormai quasi scontate. E la Murgia per farci riflettere su questo aspetto ci denuda. Ci mette a confronto con lo stereotipo moderno, con le frasette costruite dai potenti, dai meccanismi di manipolazione mentale. Sin dalle prime battute è spiazzante per l’aggressività e la rudezza dei suoi discorsi. Per riuscire nel suo intento non poteva oggettivamente far altro che mettere nero su bianco l’inefficienza e la fragilità della democrazia, la quale è carente e insoddisfacente sotto tutti i punti di vista, a differenza di un sistema dittatoriale che è migliore, meno costoso, più veloce ed efficiente.

«Questo testo vuole essere uno strumento di comprensione utile soprattutto alla classe più colta sfinita dalla democrazia, perché alla massa popolare non è mai stato necessario spiegare che il fascismo è meglio. Con la segreta saggezza dei semplici, i popoli lo sanno già e infatti periodicamente, stanchi dell’incapacità del sistema democratico di risolvere i loro problemi, al fascismo tornano volentieri in modo quasi spontaneo»

Il “quasi” si rende necessario perché talvolta il fascismo necessita di un piccolo aiutino da casa per riuscire ad insediarsi e a dipanarsi. Se ancora il sistema democratico presente nello Stato è giovane, ha una settantina d’anni e nasce da una guerra, da una rivoluzione civile, sarà ancora più semplice fare leva per l’insediamento del modello opposto e questo perché la memoria iniziale, i testimoni oculari che con i loro occhi avevano assistito alle sue conseguenze, saranno morti e sepolti tanto che manipolare la memoria quella stessa sarà semplicissimo. Come riaffermare un qualcosa di visto, vissuto e sentito se chi per primo lo ha visto, vissuto e sentito non c’è più e quindi non è più in grado di opporsi a chi vuole fare passare per giusto e corretto proprio quel modello del passato? Facendo leva su una memoria corrotta e logorata e strumentalizzando e manipolando gli stessi strumenti democratici rendere fascista un paese intero è facilissimo e non richiede di fare praticamente nulla.

«Perché mai uno dovrebbe rovesciare le istituzioni se per ottenerne il controllo gli basta cambiare di segno a una parola e metterla sulla bocca di tutti? Le parole generano comportamenti e chi controlla le parole controlla i comportamenti. È da lì, dai nomi che diamo alle cose e da come le raccontiamo, che il fascismo può affrontare la sfida di tornare contemporaneo. Se riusciamo a convincere un democratico al giorno a usare una parola che gli abbiamo dato noi, quella sfida possiamo vincerla. E vinceremo.» p. 8

Da cosa cominciare? Innanzi tutto, dal principio. Il primo punto da mettere da parte è la parola leader intesa in senso democratico e sostituirla con quella tedesca di “Fuhrer”, rappresentante temporaneo che raccoglie il consenso delle masse e che muta veste al mutare del vento che tira. L’idea di avere un capo da seguire convince sotto molteplici aspetti, sicuramente perché ha il vantaggio di agire in modo dinamico, lesto, limitando gli spazi di confronto, di partecipazione e offrendo un falso modello di presidenzialismo al posto di un parlamentismo. Secondo tassello per la riuscita del castello di carta è la semplificazione del troppo complicato. Se la democrazia si fonda sul dissenso perché ciascun soggetto ha diritto di esprimere il proprio parere contrario, occorre creare un consenso comune caratterizzato dalla distruzione della classe culturale facendo passare quale un qualcosa di male esserlo, appellando l’intellettuale quale un inutile radical-chic e affermando la concezione che appartenere a questa categoria non serve a niente. A cosa serve un medico se wikipedia mi fa la diagnosi con un semplice click tanto che senza alzarmi dal divano, spostarmi dallo schermo e pagare un euro so già di essere al contempo malato tumorale, arteriosclerotico, soggetto a ictus e reduce da un infarto? A cosa mi serve andare da un avvocato se già so che in galera non andrò mai perché google dice che ormai non ci vanno più nemmeno i cd criminali veri? Terzo tassello è quello dei social media che rappresentano il pulpito migliore in cui il capo può rivolgersi ai cittadini senza dover passare per intermediatori o filtri di nessun genere. I giornalisti divengono pertanto i nemici perché autori di domande tendenziose e tu capo potrai avvalerti delle tue risposte condivise e ricondivise, diffuse e diffuse, perché «non è vero che sui nuovi media siamo tutti alla pari: se non sei nessuno, sei alla pari degli altri nessuno, ma se li usi partendo da una posizione di potere, quel potere agirà anche lì. Tutti gli strumenti, se usati in modo fascista, diventano utili al fascimo».
È quindi inutile perdere tempo a far capire quello che sta succedendo, è sufficiente al contrario riferire solo le cose strettamente necessarie che consentono a chi ascolta di affidarsi a chi le professa.
Quarto tassello è crearsi dei nemici, puntare il dito su una vittima sacrificare e attribuire a lei tutta la colpa. Di cosa di specifico non importa, l’essenziale è che sia colpevole di tutto indiscriminatamente. La costruzione del nemico sarà poi rafforzata dall’idea che lo stesso reato faccia più schifo se a commetterlo è un immigrato piuttosto che un italiano, in virtù del sacro principio per il quale il cattivo di turno non è meglio di noi in nulla, bensì, peggio di noi in tutto. Risultato di questo meccanismo è l’arma del complottismo perché «il nemico indimostrabile è molto più odiabile di quello che puoi incontrare al bar ogni mattina».
E siccome siamo circondati da nemici interni e esterni, dobbiamo proteggerci. Tutelare la nostra famiglia, i nostri interessi economici è molto più semplice con il modello fascista che con il democratico. Quinto tassello, questo, a cui si somma il sesto, la violenza. Fisica o intimidatoria che sia, non importa. Con il fascismo puoi farti giustizia da solo, non devi aspettare i tempi di quella ordinaria vigente o affidarti al dogma legislativo. Che poi il destinatario della violenza sia un gay o un giallo, un turchino o un bambino, che cambia? Agisco perché devo proteggermi, tanto se non lo faccio da solo… Legittima difesa? È un REATO che è giusto rafforzare per il popolo. Peccato che chi un minimo ha studiato questa roba di legge o che semplicemente si è preso la briga di leggere due appunti, presa e buttata lì, sappia che la legittima difesa non è un crimine quanto una causa di giustificazione ex art. 52 c.p. Ah già, ma essere cervelloni non serve a niente, non si è in.
Settimo tassello è il convincere il popolo di avere voce, una voce fittizia, populista, di fatto manovrata ma che si basa nell’alimentare presunte qualità popolari a discapito di tutto il resto. Smembrare la parola, ancora, del suo significato, snaturarla, appiattirla, renderla congeniale all’uso del momento e non al suo più recondito essere è fondamentale per la buona riuscita e formazione del fascista. Ottavo tassello è il non dimenticare mai le radici dell’Italia che proprio dal crollo di una dittatura crea e basa tutto il suo impianto democratico e garantista e che per questo è terreno fertile per il ritorno della medesima.
Come potete notare la Murgia stravolge completamente il punto di vista e spiattella in faccia a chi legge una perfetta fotografia di quel che la società italiana è diventata. Un pamphelet originale, il suo che inganna per le appena 94 pagine che lo costituiscono poiché ricco di riflessioni e interrogazioni. Verrà per questo spontaneo ritenere l’opera di facile lettura e rapidità di conclusione, in realtà non è così. Per poterla davvero assaporare, capire, contrastare, quello che volete, è necessaria una lettura lenta, ponderata, anche interrotta e ripresa in distinti momenti. Perché si potrà essere d’accordo, si potrà essere in disaccordo, ma la forza dirompente di “Istruzioni per diventare fascisti” e battagliera della Murgia, è innegabile. Il lettore è obbligato a confrontarsi con il suo io di fronte ad ogni frase e luogo comune che viene riportato.
A conclusione, un test, un test che raccoglie tutti questi luoghi comuni, frasi fatte, questi ragionamenti politici e diffusi, e che pone il lettore al cospetto di una grande, radicata e diffusa ignoranza.
A cornice uno stile narrativo semplice e mai banale, uno stile che non è mai scontato e che anzi riesce a ben rivestire i panni della riflessione che si prefigge di indurre.

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