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I primi passi di una organizzazione criminale strutturata attraverso gerarchie, riti di iniziazione, regole condivise e rispettate dai propri appartenenti, risalgono al Sedicesimo secolo, esattamente in Campania, nella zona del Napoletano. Da quattrocento anni, l’Italia vive una situazione di conflitto permanente. Una “guerra” che vede lo Stato di Diritto opposto a una serie di consorterie capaci, nel corso del tempo, di controllare intere porzioni di territorio. Organizzazioni ramificate profondamente nella cultura locale. Spesso percepite dalla popolazione esattamente come uno Stato parallelo. In grado di offrire lavoro, sostenere il vissuto quotidiano. Una sorta di altra Italia edificata su propri codici morali, su proprie leggi. Presenza reale e tangibile a fronte di un governo troppo spesso avvertito distante, non in grado di predisporre risposte certe ai bisogni della cittadinanza. Si calcola, infatti, che l’insieme dei gruppi di criminalità organizzata denominati in vario modo riescano ad avere proventi attraverso attività illecite pari al 20% dell’intero Pil nazionale. Si valuta che ogni anno oltre trecento omicidi siano direttamente riconducibili a strategie interne a questi gruppi. Si stima inoltre che oltre trentamila persone facciano parte in modo attivo di organizzazioni criminali, siano per così dire affiliati a tempo permanente. A loro si aggiungono centinaia di migliaia di cittadini che più o meno direttamente hanno a che fare con queste organizzazioni: operando alle dirette dipendenze di imprese edificate attraverso illeciti proventi, oppure dovendo a queste organizzazioni l’ottenimento del mero posto di lavoro, o ancora, esercitando a loro stessa insaputa all’interno di società utilizzate per riciclare guadagni provenienti da attività criminose.



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Dizionario enciclopedico delle mafie in Italia 2013-05-30 20:37:42 Lorenzo Roberto Quaglia
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Lorenzo Roberto Quaglia Opinione inserita da Lorenzo Roberto Quaglia    30 Mag, 2013
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Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia

Tra le innumerevoli novità editoriali presentate e tutti gli interessanti incontri che si sono svolti durante la XXVI edizione del salone del Libro di Torino, ci piace ricordare la presentazione, venerdì 17 maggio in Sala Gialla, del Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia.

A presentare l’opera: il curatore Claudio Camarca, i magistrati Gian Carlo Caselli e Raffaele Cantone, Don Luigi Ciotti e il Responsabile editoriale della Casa editrice, Alessandro Zardetto.

Il Dizionario delle Mafie in Italia è un’opera importante, composta da 959 pagine, contiene 4.600 lemmi, 74 gli autori coinvolti nella stesura tra magistrati, giornalisti e saggisti. Le informazioni contenute sono aggiornate al 25 aprile 2013.

Diceva Paolo Borsellino: “parlate della mafia, parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” Questo è lo scopo principe del Dizionario, come ha testimoniato il giudice Caselli: parlare della mafia, soprattutto alle giovani generazioni che rischiano di avere, sull’argomento, un’immagine distorta, sostenuta da certa stampa e certa pseudo cultura che propone l’immagine del mafioso come appetibile, accattivante, da imitare perché in fondo essere mafioso vuol dire avere potere, gestire potere, ricchezza, denaro.

Eravamo tutti commossi, noi seicento presenti in Sala Gialla, dopo che Don Ciotti ha parlato della sua esperienza in terra di mafia, raccontando di come sono soprattutto i giovani i più bisognosi di conoscere, di comprendere la storia recente del nostro Paese per capire i tempi attuali che sono pericolosamente sospesi in una cultura mafiosa che, anziché regredire, a causa della crisi economica sta aumentando il proprio spazio e il proprio raggio d’azione.

L’opera ha una valenza scientifica di prim’ordine; sfogliandone le pagine troviamo argomenti come: Addaura, (fallito attentato dell’ ), Calipari Nicola, mandamento, pizzino. Sono descritti i nomi dei carnefici e quelli delle vittime di mafia, i luoghi, i fatti storici e le verità giudiziarie vicine e lontane nel tempo come la strage di Portella della Ginestra.

La mafia non si combatte solo con le forze dell’ordine e con l’azione repressiva ma, come ci ha ricordato Don Ciotti, da un lato con la conoscenza, la diffusione della cultura, lottando contro l’abbandono scolastico e dall’altro con politiche che creano nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani, soprattutto per il Sud del Paese.

Quest’opera quindi è fondamentale per far conoscere la realtà mafiosa alle nuove generazioni e dovrebbe ricevere il massimo della divulgazione nelle scuole, nei centri aggregativi, negli oratori, in tutti quei luoghi dove vengono proposti modelli e stili di vita ai giovani di oggi.

In questo senso, la politica di prezzo praticata dall’Editore (Castelvecchi editore -http://rx.castelvecchieditore.com ) che pone in vendita l’opera ad un prezzo sicuramente accessibile a molti, va elogiata.

In fine: tutti i relatori, nel presentare l’opera, hanno ricordato il compianto Roberto Morrione che fu tra i primi ideatori dell’opera e anche noi ci uniamo al ricordo e alla memoria di questo grande del giornalismo italiano, scomparso nel 2011.

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