Basta. Il potere delle donne contro la politica del testosterone
Saggistica
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Una volta per sempre
Questo non è un saggio, o un pamphlet vetero-femminista; neanche un “grido di dolore” sulla condizione delle donne in Italia, e dovunque, in verità.
Nemmeno un’inchiesta giornalistica, neppure un libro con un taglio da cronista o d’elzevirista d’assalto.
A mio parere, è un libro che dice molto altro, ha tanto da dire, e lo dice bene.
Scritto da una signora scrittrice, poiché definirla giornalista, mezzobusto televisivo o simile mi sembra molto riduttivo; Lilli Gruber, infatti, di là dalla sua bravura di reporter e corrispondente, è una persona che rende veramente bene nero su bianco.
Si esprime con stile fresco, giovanile, diretto, senza tanti fronzoli o orpelli inutili, punta diritto al sodo di quanto desidera mostrare.
Quello di cui ci parla è un semplice report, un grafico elementare ma con tanto di numeri reali, una disamina onesta, accurata, precisa nei minimi aspetti di quanto accaduto lo scorso anno, il 2019, sul fronte uomo-donna.
Niente di barboso o accademico, affatto. Una riflessione quieta, una piacevole chiacchierata.
A partire da un suo personale evento professionale, che ha dato il via a tutto, è stato motivo d’ideazione del libro, e leit motiv di tutta la trama a seguire.
Il fatto originario è stato un appuntamento ripetutamente richiesto, perorato con insistenza, ricercato e ambito ossessivamente da Matteo Salvini, con lei e con il suo programma televisivo che conduce.
Sennonché Salvini, con la superficialità, l’arroganza, la sbruffonaggine e la faciloneria nazional popolare che lo contraddistingue, all'immediata vigilia si lamenta invece in pubblico, falsamente e ipocritamente, di essere “costretto” all'ospitata da una giornalista poco gradita al suo elettorato.
In verità, il programma della Gruber è una trasmissione fortunata e molto ambita da chi cerca visibilità.
A Salvini comunque mal gliene incoglie, letteralmente scivola su una buccia di banana: la Gruber non è donna che accoglie seraficamente le bizze di chicchessia, è nota per dire pane al pane, e soprattutto le cose non le manda a dire.
Lilli Gruber pubblicamente spiega a Salvini che, se non gradisce intervenire, non è per nulla obbligato a presentarsi, rimarcando oltremodo che è stata la segreteria politica dell’allora vicepremier a richiedere l’incontro con insistenza.
Salvini, vistosi colto in flagrante, si affretta a spiegare, come suo solito, che è tutto un equivoco montato ad arte dai suoi nemici, è tutta una sciocchezza, un pettegolezzo tra comari, e che lui certamente farà facilmente pace con la bella giornalista…munito di regolamentare mazzo di fiori.
In seguito, aggiungerà una scatola di cioccolatini. Non si salverà nemmeno con questi.
“Basta” inizia da questo episodio, banale e indicativo insieme.
Lilli Gruber lo proporrà poi sviluppando articolatamene tutto il tema: è ora di finirla con la politica del testosterone. Vale a dire con il predominio dei maschi solo perché tali.
Basta con il luogo comune, ma comune perché montato ad arte e creato appositamente dal genere maschile, che giustifica sempre il maschio perché è tale, che può cavarsela e tirarsi dagli impicci utilizzando gli eterni, biechi, reconditi e ammuffiti luoghi comuni.
Il maschio è cacciatore, la donna è preda, e anche lieta e lusingata di esserlo, che bastano due moine, fiori e cioccolatini per aver ragione di qualsiasi donna, e farle accettare qualsiasi offesa, mancanza di rispetto e ignominie varie.
Dopotutto, è quello che vogliono, un maschio che pensi anche per loro, una casa da accudire, figli da crescere, da che mondo è mondo
Le cose sono sempre andate così, è giusto che continuino a girare in questo modo; invece Lilli Gruber dice basta, basta a quest’andazzo pazzesco, dalle retribuzioni inferiori ai carichi di lavoro domestico, dalla libertà di girare da sole e vestirsi come gli aggrada senza rischiare molestie, ai carichi sociali e alle discriminazioni di ogni sorta.
Basta con l’assioma che in fondo i maschi vanno perdonati, non è colpa loro, lo hanno inciso nel loro DNA, nei loro ormoni, i motivi della becera maleducazione, della violenza di genere, del sessismo insito nel loro essere, che va perciò sempre e comunque tollerato e accettato come ineluttabile dal pianeta donna.
Un pianeta difettoso, basti pensare che non è mai completamente efficiente, sempre e comunque, basti pensare ai giorni del mese in cui è fuori uso, ci sarà pure un motivo per questa diminuzione, di efficienza e stabilità emozionale, no? E la Natura che l’ha voluto.
E via così, tutto su questo tenore.
Allora Lilli Gruber parla, con pacatezza ed efficacia.
Parla di Carola Rackete, per esempio, che per aver disobbedito all'ideatore della vergogna dei “porti chiusi”, è vittima di aggressioni scioviniste sul web.
Così come altre donne; con loro non si discute, sono donne, sono inferiori, servono a una sola cosa, e da qui insulti, violenze, stupri, omicidi.
Tutto questo la Gruber lo sintetizza più volte in una battuta. “…paura, eh?”
Sì, gli uomini hanno paura.
Perciò fanno quadrato. Pretendono a forza l’invisibilità delle donne, escluse dai ruoli decisionali.
Gli uomini minacciati nei loro ingiusti privilegi, vogliono Salvini al potere, o chi per lui, vogliono il machismo al potere.
Vogliono al potere Trump, Putin, Xi Jinping, Bolsonaro, Erdogan, Johnson.
Quelli che chiaro e tondo lo dicono: le donne devono stare indietro, non devono prendere potere, vanno semplicemente prese, e usate.
In tutti i sensi, letteralmente.
Solo che…questi maschi al potere governano male, malissimo.
Abbiamo in tutto il mondo, un’emergenza migratoria assai amaramente gestita, una crisi economica infinita, un pianeta in fiamme, letteralmente, come in Australia e in Amazzonia.
Un clima di arroganza e di odio, di violenze e femminicidio.
Invece le donne fanno assai meglio, basta guardare ai fatti.
Finanche in un campo per definizione tutto al maschile, com'è il calcio, le donne lo fanno meglio.
Calcio pulito, elegante, spettacolare, che richiama pubblico, e senza tutto il corollario di polemiche, scorrettezze, finzioni, sceneggiate, fallacci e violenze in campo e fuori che sono la norma nel calcio maschile.
Non un’utopia, basta chiedere a Milena Bartolini, e alle ragazze della nazionale di calcio americana che hanno vinto il Mondiale, sbeffeggiando bellamente il maschilista Trump che le aveva stupidamente mortificate ed ha dovuto fare vergognosamente marcia indietro.
E ancora, Lilli Gruber cita donne come Greta Thunberg, politiche come Ursula von der Leyen e Christine Lagarde, elenca fatti, numeri, dati, storie e personaggi.
Non solo: lo dice chiaramente. Non si toglie potere agli uomini perché si è donne.
Si ottiene il potere, per capacità.
Per questo, invita le donne a competere, a mettersi in gioco, a farsi valere, a studiare e a prepararsi. Per farsi trovare pronte, e lavorare per il bene comune.
Il bene comune comprende però, si badi, anche gli uomini.
La qualità umana, e la Gruber lo rileva chiaramente, prescinde dal genere.
Detto da una donna come lei, c’è da crederci.