Saggistica Politica e attualità Veleno. Una storia vera
 

Veleno. Una storia vera Veleno. Una storia vera

Veleno. Una storia vera

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Alla fine degli anni Novanta, in due paesi della Bassa Modenese separati da una manciata di chilometri di campi, cascine e banchi di nebbia, sedici bambini vengono tolti alle loro famiglie e trasferiti in località protette. I genitori sono sospettati di appartenere a una setta di pedofili satanisti che compie rituali notturni nei cimiteri sotto la guida di un prete molto conosciuto nella zona. Sono gli stessi bambini che narrano a psicologi e assistenti sociali veri e propri racconti dell'orrore. La rete dei mostri che descrivono pare sterminata, e coinvolge padri, madri, fratelli, zii, conoscenti. Solo che non ci sono testimoni adulti. Nessuno ha mai visto né sentito nulla. Possibile che in quell'angolo di Emilia viga un'omertà tanto profonda da risultare inscalfibile? Quando la realtà dei fatti emergerà sotto una luce nuova, spaventosa almeno quanto la precedente, per molti sarà ormai troppo tardi. Ma qualcuno, forse, avrà una nuova occasione. Nota: niente di quello che è scritto in questo libro è stato in alcun modo romanzato dall'autore.



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Veleno. Una storia vera 2022-03-08 11:42:08 GiuliaAsta89
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    08 Marzo, 2022
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Una storia di imperizia e di tenebra

La storia raccontata da Pablo Trincia si può definire con una sola parola: dolorosa. E' dura leggerla, forse ben peggiore ascoltarla dalla sua voce nell'omonimo podcast.

La vicenda dei Diavoli della Bassa Modenese non può che farci riflettere sul potere della suggestione, ragion per cui fa anche tanta paura. Possibile che le insinuazioni di un gruppo di "professionisti" inesperti ed incompetenti possa minare l'amore di un figlio/a per i suoi genitori? Può un bambino essere indotto a inventare di sana pianta omicidi, violenze e rituali satanici? La risposta è purtroppo affermativa, ragion per cui non possiamo che augurarci che cose del genere non accadano mai più.

Se proprio dovessi fare le pulci allo straordinario lavoro di ricerca e di ricostruzione svolto da Pablo Trincia, avrei gradito tantissimo un approfondimento su coloro che poi sono stati effettivamente condannati all'esito delle indagini.

Vi lascio con una riflessione di Trincia che, pur non essendo genitore, mi ha profondamente colpita:
"Quella storia era come un buco nero. Più ci guardavo dentro e meno i suoi meccanismi sembravano rispondere alle norme di comportamento sociali e umane e ai rapporti di causa ed effetto che fino a quel momento avevo dato per scontati. Sembrava un universo parallelo, in cui tutto era deformato. Mi atterriva, anche se allo stesso tempo ne subivo il fascino perverso. Non riuscivo più a staccarmene. Mi stava ossessionando. Non leggevo nient’altro. Non parlavo di nient’altro. Non mi interessava nient’altro. A cena con gli amici, al lavoro, in qualsiasi posto mi trovassi, la conversazione finiva inevitabilmente su quello, con i miei interlocutori che mi guardavano straniti e atterriti. Ma più entravo dentro questa storia, più ne avvertivo il pericolo. Non aveva nulla a che vedere con nessun altro caso che avessi trattato fino a quel momento. Era fatta di una materia melmosa, appiccicosa e nera, e mi restava addosso anche per ore o giorni dopo aver chiuso fascicoli e appunti.
Mi sono sentito a disagio, profondamente confuso. Costretto, per la prima volta nella mia vita, a fare i conti con ansie e paure capaci di penetrare ben oltre quella corazza che negli anni mi ero lasciato crescere addosso per evitare di essere contaminato dalla sofferenza degli altri. I bambini le cui tragedie familiari erano diventate il mio pane quotidiano avevano all’incirca l’età dei miei figli. Cosa avevano visto o vissuto in casa? Poteva essere, come sostenevano i loro genitori, che qualcuno li avesse condizionati? E se fosse stato vero, se fosse stato possibile, può una persona qualunque essere in grado di spezzare in così poco tempo l’amore profondo che lega una madre ai figli? Ho avuto paura. Paura delle piccole cose, dei piccoli gesti quotidiani. Paura che i miei figli mi vedessero girare nudo per casa dopo la doccia e che poi magari raccontassero o disegnassero all’asilo qualcosa che qualcuno avrebbe potuto fraintendere. Paura che anche un semplice gesto come lavarli potesse un giorno ritorcersi contro di me, se qualcuno avesse chiesto loro: «Ti hanno mai toccato i tuoi genitori?» Ma non poteva essere così semplice. C’era per forza qualcos’altro tra quelle famiglie di Massa e Mirandola che io non potevo sapere. Qualcosa al loro interno doveva per forza essere accaduto. Quanto c’era di vero, in quelle centinaia di pagine che giorno e notte studiavo senza riuscire a diradare la nebbia che sembrava avvolgere ogni riga? Tutto? Non poteva essere. Niente? Non aveva senso. Solo una parte? E allora quale? Dove si nascondeva il confine tra reale e immaginario? Chi lo aveva stabilito? E come? Non c’era modo di capirlo.".

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Veleno. Una storia vera 2020-04-06 18:50:01 AndCor
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AndCor Opinione inserita da AndCor    06 Aprile, 2020
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Alla fine, chi sono i veri diavoli?

Gli anni Novanta rappresentano un periodo storico alquanto complicato a livello mondiale per il boom di Internet che fa da lasciapassare alle piaghe della pedofilia e della pedopornografia online.
Oltre al traffico di esseri umani - fra cui anche minori - nella zona di conflitto fra Kosovo e Jugoslavia, i casi più eclatanti vedono il Belgio sconvolto da due terribili casi di pedofilia che coinvolgono oltre trecento bambini fra il 1996 e il 1998, gli USA con i programmi televisivi - sebbene talvolta sensazionalistici - dedicati sempre di più ad asili e sette sataniche, e l'Italia con il caso dei Diavoli della Bassa Modenese, mentre la legge si sta adeguando con norme specifiche e il PM Pietro Forno compatta tutte le principali procure.
E' il 1997, e ci troviamo nel 'mosaico composto da decine di migliaia di tesserine irregolari verde smeraldo e giallo ocra' che separano Mirandola da Massa Finalese: le accuse di pedofilia e satanismo che il 'bambino zero' Dario indirizza alla famiglia naturale aprono cinque filoni di indagine che coinvolgono complessivamente sedici bambini e i rispettivi parenti e maestri di scuola.
Un 'carosello di memorie fantasiose, piene di maschere, di uccelli squartati, di torte fatte con escrementi, di giochi erotici filmati e di persone volanti', corredato da violenze, pugnali e uccisioni di almeno una dozzina di bambini a settimana, che verrebbe compiuto durante la notte nei cimiteri della zona da parte di una setta capeggiata da un prete molto conosciuto: nessuno, a parte i bambini, ha visto né sentito nulla, ma tanto basta a costruire un circolo vizioso di condanne, assoluzioni, perizie e controperizie che sembrava essersi chiuso con la dimostrazione di un palese conflitto di interessi, ma che ancora oggi continua a turbare il sonno dei vivi e dei morti.

Uno stile laconico dai toni forti e distinti caratterizza lo zibaldone di testimonianze, documenti, sentenze e verbali raccolto negli anni da Pablo Trincia, che tuttavia pecca di parzialità esattamente come il modus operandi antiscientifico della difesa: manca l'approfondimento circa le accuse di abuso domestico che sono state confermate per alcuni degli imputati, ed è prepotente la necessità di trovare a tutti i costi un capro espiatorio in una psicologa, che, per quanto la Cassazione definisca 'oggettivamente inesperta' e con un approccio 'assolutamente censurabile' insieme alle colleghe, fa parte del complesso quadro di servizi sociali, centri antiabuso, polizia e PM che si è macchiato di manipolazioni, classismo e superficialità. A partire da una ginecologa che, oltre ogni ragionevole dubbio, ancora oggi opera privatamente a Milano nonostante in quel processo avesse dichiarato che 'l'imene può riformarsi'.

L'unica certezza è che 'i concetti di reale e immaginario si erano irreversibilmente fusi in un unico, grande calderone di incubi, ansie e manie di persecuzione', mentre incredulità, interrogazioni parlamentari, childgrooming, Criteria-Based Content Analysis, cherry-picking, effetto Placebo, effetto disinformazione, istinto di autoconservazione e potenti benzodiazepine raccontano di tutta l'inadeguatezza dello Stato in una drammatica caccia alle streghe che 'era come un buco nero. Più ci guardavo dentro e meno i suoi meccanismi sembravano rispondere alle norme di comportamento sociali e umane e ai rapporti di causa ed effetto che fino a quel momento avevo dato per scontati'.

'Dove si nascondeva il confine tra reale e immaginario? Chi lo aveva stabilito? E come? Non c'era modo di capirlo'.

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Veleno. Una storia vera 2019-07-07 15:02:17 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    07 Luglio, 2019
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Verità o menzogna?

Siamo in provincia di Modena in due paesini che distano tra loro una ventina di chilometri, Massa Finalese e Mirandola, in quella fascia temporale che oscilla tra il 1997 e il 1998, quando la vicenda giudiziaria che coinvolge sedici bambini e i rispettivi genitori, amici e conoscenti di questi ultimi e talvolta perfino i loro stessi figli adulti, ha inizio. Una psicologa appena laureata, Valeria Donati e una serie di medici, assistenti sociali e case-famiglia, raccolgono le dichiarazioni di piccoli uomini e donne di età ricompresa tra i 7 e i 12 anni, dichiarazioni e susseguenti esami clinici, dai quali emerge con tutta evidenza ed oltre ogni ragionevole dubbio, che i suddetti sono stati oggetto di violenze. Ecco così che nell’estate del 1997, ad appena tre mesi dalle rivelazioni del piccolo Dario (il primo ma non ultimo delle presunte vittime), la rete dei pedofili (del diametro di una trentina di chilometri perché radicati tra Massa, Bondeno e Mirandola) viene identificata, le richieste di rinvio a giudizio partono e hanno luogo ben cinque processi che vedranno coinvolti uomini e donne con accuse di ogni genere (dalla pedofilia ai riti satanici) e a cui seguiranno suicidi, morti naturali a causa del dispiacere e condanne da scontare con anni e anni di carcere perché non c’è dubbio della reità delle prove addotte dall’accusa. Eppure, nella ricostruzione dei fatti, qualcosa non torna. Pablo Trincia se ne rende sempre più conto man mano che va avanti nella ricerca e man mano che inizia a leggere le carte, le sentenze e ogni atto meticolosamente raccolto in quei due decenni che si sono susseguiti tanto che non può sottrarsi all’investigazione, non può non interrogarsi su tutti quei buchi e quelle incongruenze disseminate tra un’inchiesta e l’altra. Perché tante sono le vite che sono state spezzate, talune tra loro collegate da un’amicizia, talaltre completamente sconosciute e tra loro assolutamente indipendenti e autonome. Cosa si nasconde dietro le dichiarazioni? I bambini sono stati sinceri? Oppure dietro le loro rivelazioni si celano forzature, induzioni da parte di quegli adulti che li hanno spinti nella ricostruzione su una determinata strada o che li hanno persuasi a credere in un qualcosa di fatto mai accaduto? E soprattutto, con e per quale interesse ciò sarebbe avvenuto?
Con dovizia e precisione certosina Pablo Trincia si cimenta nella ricostruzione di un’inchiesta che ha dello straordinario tanto è intricata e stratificata, una vicenda giudiziaria che non manca di conquistare il lettore e di tenerlo incollato alle sue pagine dall’inizio alla fine del componimento. Il risultato è quello di uno scritto capace di far riflettere su molteplici aspetti e che spinge a voler capire, a voler far chiarezza, a voler risolvere un mistero che ha condizionato l’esistenza di fanciulli cresciuti nel dubbio e senza i veri genitori e di adulti che hanno scontato pene ingiuste e che si sono visti portar via tutto quello che avevano. Dal lavoro, alla famiglia, alla dignità.
Un elaborato adatto a tutti, chiaro nell’esposizione, esaustivo nei contenuti e volenteroso di far luce su quell’ennesima ombra della nostra storia.

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