Saggistica Politica e attualità Scuorno (vergogna)
 

Scuorno (vergogna) Scuorno (vergogna)

Scuorno (vergogna)

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La presentazione e le recensioni di Scuorno (vergogna), saggio di Francesco Durante edito da Mondadori. E' un'emergenza, la munnezza, ma non è la prima volta: Napoli è abituata alle emergenze. E l'emergenza sociale è come se sollecitasse un'emergenza anche nella scrittura, che tallona affannosa gli eventi e così facendo agita sempre e soltanto la superficie, ogni volta ribadisce ciò che è stato spiegato e rispiegato; e quanto più si allarma e si indigna, tanto più si svuota. Francesco Durante invece parte dalla cronaca più convulsa per innescare un meccanismo che manda in controtempo l'attualità sovvertendo poco alla volta o sgombrando di colpo le idee comuni, le parole d'ordine abusate, le controversie da talk show. Per ricollocare le questioni nella luce più vera Durante attinge alla politica, all'antropologia, alla geografia, alla sociologia, alla cronaca - anche la cronaca, certo, intesa nel suo valore di conoscenza e depurata dalle scorie - e alla storia. Con voce da narratore ci racconta che cosa c'è dietro la catastrofe, finalmente risponde alla domanda che tutti si sono posti: ma come è stato possibile arrivare a tanto? E nel racconto Durante si mette in gioco, mescola alle vicende della città il proprio personale vissuto in un amalgama che è insieme assunzione di responsabilità e dolorosa presa di distanza, estraneità e appartenenza. La vergogna, lo 'scuorno' del titolo, in questa visione meno schematica dei problemi, nell'ottica larga e spiazzante della letteratura, non è più così scontato chi debba provarla. E se scuorno deve essere, sulla fronte di un popolo che molto ha fatto per farsi detestare e altrettanto per farsi amare, che sia uno scuorno autentico, bruciante, ma non disgiunto dalla fierezza e dalla rabbia. "Scuorno" ripercorre gli episodi più emblematici della storia di Napoli e del suo territorio, riuscendo sempre ad allargare il discorso dalla metropoli all'intero meridione. Durante non perde di vista la costante duplicità con cui quasi tutti gli episodi si presentano e, alieno per indole e per cultura dal lasciarli lì a sobbollire in un brodo ambiguo, in un'unica melassa dolceamara, ogni volta estrae, pazientemente, sia le ragioni per vergognarsi sia quelle per chiedere giustizia.



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Scuorno (vergogna) 2008-08-28 05:12:51 galloway
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galloway Opinione inserita da galloway    28 Agosto, 2008
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Senza scuorno

Molte sono le espressioni in lingua napoletana contenenti la parola che dà il titolo a questo libro. La vergogna: "che scuorno", "senza scuorno", "nun tiene scuorno" e via scornando. Del resto la vergogna è un sentimento proprio degli uomini, sotto tutte le latitudini, legata com'è all'intimità del corpo e della mente, del pubblico e del privato, del singolo e della collettività. Ed ogni popolo riduce il senso della vergogna ad un certo suo posizionamento nel sociale, nella storia di appartenenza, nel contesto in cui si trova a vivere. Da questo posizionamento l’individuo procede ai necessari aggiustamenti, giorno per giorno, generazione per generazione. Un sentimento personale che diventa quindi collettivo e che nel personale è destinato a ritornare. In questo continuo trasferirsi, transitare avviene una sorta di transustanzione, che è cambiamento e adattamento, consapevolezza e apparenza, gioco e sfida, memoria e tradimento.



Insomma, mentre la vergogna, altrove, trova nel contesto della società, nelle istituzioni, nelle leggi, la sua giusta collocazione ed il corretto freno, a Napoli, la vergogna diventa “scuorno” pubblico, una sceneggiata, uno spettacolo, folklore e malinconia, gioco e dannazione, genio e sregolatezza. Alla considerazione “nun te miette scuorno?” si risponde con un plateale “me ne fotto”. Mi viene in mente a questo proposito di come reagì, anni fa, un buon napoletano, alla notizia che alcuni scienziati avevano avanzato delle perplessità scientifiche sulla verità del sangue di San Gennaro che si scioglie ogni anno, da secoli. Sulle mura della città apparve la scritta, diventata poi famosa, “San Gennà, futtitenne!”.



E’ a questo punto che il mistero diventa spettacolo, la vergogna diventa sfida. Una sfida a tutto: al mistero, alla scienza, alle leggi, alle istituzioni, alle regole. Tutto perchè la scienza è opinabile, le leggi ingiuste, le istituzioni non credibili, le regole inaccettabili. E allora, la vergogna è l’unico modo, sistema, quasi un “escamotage” per sfuggire alle proprie responsabilità sia singole che individuali. Meglio avere vergogna e fottersene, tanto la colpa è di tutti e di nessuno. Meglio non osservare la legge, si fa prima a buttare la spazzatura tutta insieme perchè non mi danno le buste giuste, i bidoni. Tanto mettono tutto insieme dopo, e tutto finisce senza vergogna e senza differenziata.



Indifferentemente. Tanto non c’è niente da fare. Le cose devono andare così. Che schifo! Nun tengono scuorno... Ecco, quindi, come Napoli è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. E diventa anche letteratura in forma di antropologia, sociologia, cronaca, geografia, ecologia e via dicendo. Niente di nuovo sotto il sole, a dire il vero. Basta scorrere la sterminata letteratura sul “grand tour” esistente su Napoli e sul mito del sud per capire che niente è mutato. Napoli resta un “paradiso popolato da diavoli”.

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