Scritti corsari
Saggistica
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Scritti corsari
Si narra di un periodo (1972-1975) nel quale si avevano sotto gli occhi, l’omologazione e il genocidio culturale e quella che l'intellettuale friulano chiama la "mutazione antropologica" eppure è lui il primo a scriverne dettagliatamente. Basta analizzare per sommi capi la società odierna per capire che il poeta delle “Ceneri di Gramsci” non è stato solo un sociologo involontario del proprio tempo, ma anche un profeta , che ha saputo prevedere gli sviluppi dell’Italia che aveva sotto gli occhi. A mio avviso attualmente viviamo in una civiltà dove regna l’omologazione dalle varianti minimali. Tutti comprano gli stessi dieci tipi di automobili, tanto pubblicizzate alla televisione, però allo stesso tempo ognuno sceglie il modello personalizzato in base agli accessori. Pasolini accusa anche la Dc della distruzione paesaggistica ed urbanistica dell’Italia e di intrallazzare con industriali e banchieri. E per quanto riguarda la strategia della tensione il poeta scrive:”Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe(e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del paese). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 Dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi dei 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti……Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali………Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti(attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i fatti disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero………”. Inoltre Pasolini invita a riflettere sull’annullamento di tutte le periferie, sull’impoverimento d’espressività linguistica, dovuto sia ad una lingua tecnicizzata ormai che alla morte dei dialetti. Interessante anche ciò che il poeta scrive a proposito del rapporto tra chiesa e potere. Secondo Pasolini nel mondo contadino esisteva una stretta relazione tra economia, famiglia e chiesa. Con l’avvento della società industriale i valori del Vangelo sono però stati sostituiti a suo avviso da nuovi valori come l’edonismo sfrenato, il laicismo, una falsa tolleranza. Nell’articolo delle lucciole scrive di due fasi della storia recente: la prima fase, che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, in cui i valori principali sono l’ordine, la moralità, la chiesa, la patria; la seconda fase, che va dalla scomparsa delle lucciole agli anni'70, in cui questi valori non contano più e sono stati sostituiti da valori laici e consumistici. Particolarmente originale l’analisi del linguaggio dei comportamenti giovanili che fa Pasolini. Per lui infatti i codici fisici e mimici causano comportamenti e Pasolini analizza proprio il linguaggio dei comportamenti per risalire ai codici culturali imposti dal potere. Infine è di fondamentale importanza la contrapposizione di due termini, ovvero sviluppo e progresso. Per Pasolini sviluppo significa produzione di beni superflui ed aumento illimitato della produzione industriale, invece al termine progresso dà il significato di benessere della collettività, ideato e voluto da persone che non ragionano in base al proprio egoismo. Questa raccolta, sistematica e sostanzialmente completa, rende giustizia al Pasolini saggista, uomo di cultura, politico; un Pasolini, tuttavia, sempre più "fuori dal coro", insensibile ed indisponibile ai compromessi pretesi dagli equilibri del potere. Anche da quelli interni alla sinistra (PCI) del tempo. Intellettuale scomodo, si sarebbe tentati di dire. Io, pur non condividendo tutto il suo pensiero, preferisco definirlo intellettuale. Tout court. Perchè l'intellettuale, se media, se mette la sordina alla propria coscienza, cessa di essere tale. In modo definitivo, irreparabile. Oltre 5 anni di ottime ed intense collaborazioni, di articoli, di saggi, quasi sempre ispirati in risposta a lettere dei lettori del settimanale. I temi, è ovvio, sono tantissimi; tutti quelli che sono assurti all'onore della cronaca e/o del dibattito in quegli anni di forti tensioni e di pericolosa crescita della c.d. "guerra fredda". Perchè rileggerlo, oggi? Perchè, come già cennato, molti quesiti sono ancora irrisolti; e perchè, comunque, rappresenta una delle più lucide e genuine testimonianze di uno sforzo intellettuale non fine a se stesso. Esempio di metodo e di rigore; ancora oggi.
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Omologazione e (non) libertà
In Italia, nei trascorsi decenni, si è verificata una serie di cambiamenti che hanno coinvolto anche (soprattutto) stili di vita, valori...
Ciò, in parte, è derivato da mutamenti 'strutturali', quali il boom industriale con annessa urbanizzazione, quindi abbandono delle aree agricole e crisi del mondo contadino, e dalla diffusione dei 'media', in particolare della televisione, che ha proposto/imposto consumismo, edonismo, mito del successo...
Dei nefasti effetti dovuti a tali cambiamenti, si è ampiamente occupato Pasolini.
"Scritti corsari" raccoglie testi (articoli di giornale) comparsi nel periodo 1973-75, cioè negli ultimi anni di vita dell'autore, il quale denunciava, appunto, quanto dolorosamente constatava: la fine della secolare civiltà contadina (ricordiamo qui il poetico articolo sulla scomparsa delle lucciole dalle nostre campagne) e la progressiva omologazione secondo modelli e ' valori' legati al prorompente consumismo veicolato soprattutto dal mezzo televisivo, portatore di condizionamenti a scapito dell'autenticità, quindi della vera libertà.
Per motivi di spazio, mi soffermo solamente sul " 'Discorso' dei capelli", in quanto particolarmente significativo e quasi emblematico del più ampio 'discorso' sul mutamento della mentalità di quegli anni e sul degrado di cui esso fu portatore.
Pasolini racconta come ha visto i primi (educati) ragazzi coi capelli lunghi (i 'capelloni') in un albergo di Praga.
Con l'acutezza del semiologo, si domanda "qual era il senso del loro messaggio silenzioso ed esclusivamente fisico". "Dicevano questo: "La civiltà consumistica ci ha nauseati.(...) La nostra generazione doveva essere una generazione di integrati? (...) Noi opponiamo la follia a un destino di 'executives' " . Pasolini li valutò positivamente, perché portatori di autentico anticonformismo.
Poi venne il '68: i capelloni furono numerosi e non più silenziosi, lanciavano slogan contro il sistema...; ci fu un verbalismo chiassoso, che poteva esprimere indistintamente mentalità diverse, sottoculture perfino politicamente contrapposte.
Allora lo scrittore iniziò a guardare con sospetto il fenomeno che in un primo momento l'aveva colpito favorevolmente.
Siamo arrivati nel '72. L'autore si trovava a Isfahan, nel cuore della Persia: "Ed ecco che una sera, camminando nella strada principale, vidi, tra quei ragazzi antichi bellissimi e pieni dell'antica dignità umana, due esseri mostruosi: (...) i loro capelli erano tagliati all'europea, lunghi di dietro, corti sulla fronte, resi stopposi dal tiraggio, appiccicati artificialmente intorno al viso con due laidi ciuffetti sopra le orecchie.
Che cosa dicevano questi loro capelli? Dicevano: 'Noi non apparteniamo al numero di questi morti di fame, di questi poveracci sottosviluppati (...). Noi siamo impiegati di banca, studenti, figli di gente arricchita (...); ed ecco qui i nostri capelli lunghi che testimoniano la nostra modernità internazionale di privilegiati!' ". Quei capelli erano omologati alle mode della televisione e della pubblicità: erano il segno di un nuovo conformismo (magari travestito da anticonformismo, che è poi un 'conformismo al contrario').
L'autore conclude amaramente con una frase di significato autorevole e profondo: "La loro libertà di portare i capelli come vogliono non è più difendibile, perché non è più libertà".
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la massima espressione di letteratura civile
Nei pezzi di Pasolini c’è tutta l’attualità di oggi: dalla tematica sul finanziamento pubblico ai partiti, al tema dell’omosessualità, alla riforma del sistema carcerario…sono argomenti che, oggi come allora, riempiono pagine intere di saggi, giornali. Ma l’acume e l’abilità di Pasolini sono soltanto parte degli ingredienti che fanno di questo libro un’esperienza imperdibile. Come mi è già accaduto con Camilla Cederna, ad esempio, resto totalmente affascinata e rapita dall’impegno morale e dal senso di responsabilità civile e personale, che trapelano ad ogni riga, dell’autore. L’assunzione di responsabilità di quanto si scrive, delle idee che si portano avanti, sono la discriminante per fare di un professionista un Buon professionista. Portare avanti le proprie convinzioni senza condizionamenti, come un “battitore libero”, ha fatto la differenza con Pasolini, che lo ha reso un’eccellenza, e che lui stesso ha pagato con il prezzo più caro.