Non è tempo per noi quarantenni
Saggistica
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Il signor A
Andrea Scanzi in questo testo riesce, come nello spettacolo "Gaber se fosse Gaber" che ha presentato nei maggiori teatri d'Italia, ha toccare tutte le corde del cuore.Basta che accenni al grande Mazinga o all'immarcescibile Goldrake ed ecco che la nostra memoria vola a quando eravamo ragazzini incantati davanti ad uno schermo che cominciava ad essere a colori,inebetiti dai pugni rotanti e dalle mosse acrobatiche dell'Uomo Tigre , in seguito completamente rincoglioniti dai primi giochi del Commodore 64 che ci mettevano una vita a caricarsi, mentre stringevamo i calzoni larghi con una cinghia rigorosamente El Charro,indossando le Superga e bevendo a canna l'ennesima Seven Up fra un livvello del game e l'altro.
E che dire della musica tamarra del primo Jovanotti, di quella incazzata del Blasco,di quella pruriginosa della "virgin" Madonna,di quella finto ribelle di Ligabue e dei Litfiba?
Esilarante è il racconto di Paolino Canè che batte Mats Wilander in una mitica Coppa Davis. Chi lo ricordava più quel pazzo scatenato capace di tutto e di niente con il suo turbo rosvescio? Al contrario, di Alberto Tomba che scendeva giù dai monti come un dio greco, lasciando basiti tutti i discendenti di Thor, che non capivano come un bolognese potesse sciare in quel modo,lo rammentiamo tutti. Diavolo come sciava : la Bomba! Ti fa piangere Scanzi quando racconta la fine di Gil Villeneuve, quel corpo sbattuto qua e la come un fantoccio sulla pista di Zolder. E Ayrton?, prigioniero della sua Williams e il povero Sic, andato via così presto ? Chi li potrà mai dimenticare? Leggere questo libro è un po come assistere ad un mankind personale. Leggi della caduta del Muro di Berlino, del ragazzo di Tienanmen che ferma i carri, della morte di Falcone e Borsellino, degli aerei nelle Torri e ti tornano in mente dolori e speranze perdute.Rielaborare i tuoi quarant'anni alla fine ti fa capire che se è vero, come sostiene Gaber, che la sua di generazione ha perso non rinunciando a lottare, la nostra di generazione si è limitata a controllare la partita, accontentandosi di un pareggio che, si sa, non serve a niente.